Chiudete le valigie, si torna a Toronto

Mi sono comprato un braccialetto oggi, io che non indosso mai nulla di tutto ciò, catenine, bracciali, cianfrusaglie varie. L’ho preso a Borgo Pio, mentre me ne andavo per l’ultima volta, mentre mi lasciavo un sacco di cose alle spalle. È rosso, ma quando si bagna assume un colore diverso, diventa granata e dietro a questa tonalità si nasconde un mondo, ma un mondo di sentimenti.

Tempo fa avevo deciso di prenderlo all’ultimo giro di ruota e ha un valore ben preciso: mi ricorderà questi mesi, la fatica di questa parentesi, lo sforzo fatto così come i pensieri che mi hanno accompagnato settimana dopo settimana. Mi ricorderà molto ma sarà un promemoria, perché si porta dietro una promessa, quasi un grido di battaglia. E così, quando vedrete spuntare dal polsino della mia camicia, sul bancone dello studio, questo bracciale di pelle rossa, sappiate che rappresenta tutta questa serie di cose.

Pur essendo la viglia di un’altra partenza è stata una giornata lavorativa, come tutte le altre, con un sconto di un paio di ore. È stata la volta dei saluti e non ho voluto escludere nessuno da questo tour. Come il mio pizzicarolo di Via della Lungara che mi ha nutrito a panini per mesi, ho voluto ripercorrere quella strada per andare da lui perché in quel percorso compiuto quotidianamente ho seminato migliaia di pensieri, supposizioni, convinzioni e speranze. L’ho salutato, è stato felice, ho preso una ciabatta con il salame Milano. Mi mancherà, lui e tutto il resto, il rito di questa azione quotidiana.

Ho salutato i miei amici cameraman che ci hanno accompagnato in questa maratona del Sinodo, ho salutato Eleonora e infine la famiglia del CNS che mi ha ospitato ed adottato per questi tre mesi abbondanti. Sono stati infinitamente gentili e disponibili e aver potuto “spiare” il loro lavoro e vivere a così stretto contatto con professionisti di tale rango e stato impagabile. Prima di lasciare l’edificio sono andato a salutare Flavio, il portiere. Mi ha detto che ci vogliono le palle per fare quello che faccio io. Non si aspettava questa mia partenza ed il mio breve racconto gli ha chiarito una serie di cose che lo hanno spinto a ripetere nuovamente il concetto: “Hai le palle e ti meriti il meglio, ci vediamo presto”.

Ci vogliono le palle, è vero, sicuro. Forse più di ogni altra cosa in queste circostanze, ma poi bisogna saperci abbinare la testa e il cuore. Ogni volta che penso a questo mi viene in mente la frase di Gabriele il pomeriggio della mia laurea magistrale, la mia frase preferita in questi 28 anni.

Quel cuore che servirà da domani nuovamente, ma quello, secondo la sua frase, è la mia forza e viaggia con me perché fortunatamente non me lo ha dato nessun posto. Forse è davvero così questo cuore, perché ha intimamente il colore del mio nuovo braccialetto quando si bagna.

E quel colore, per leggenda e tradizione è condannato a lottare. Non conosce alternativa. Può perdersi, vincere, sbagliare e fallire ma per forza di cose, per l’essenza della sua natura, della mia natura, è destinato a battagliare.

Da domani, nuovamente. Come sempre, forse un po’ di più.

È il momento di ripartire. Chiudete le valigie, si torna a Toronto. 

Ho ancora la forza che serve a camminare,

picchiare ancora contro e non lasciarmi stare

ho ancora quella forza che ti serve

quando dici: “Si comincia!”

 

Ho ancora la forza di guardarmi attorno

mischiando le parole con due o tre vizi al giorno,

di farmi trovar lì da chi mi vuole

sempre nella mia camicia.

 

Abito sempre qui da me,

fra chi c’è sempre stato e chi non sai se c’è

al mondo sono andato,

dal mondo son tornato sempre vivo.