“Un uomo solo al comando”

Ho la certezza più totale che a un punto dall’altoparlante si sia sentito forte e chiaro il seguente messaggio: “C’è un uomo solo al comando, il suo maglione è grigio, la sua camicia è blu, le sue occhiaie stanno assumendo dimensioni spropositate e preoccupanti, è Matteo Ciofi, signori!”

Sì, l’uomo al comando non era il celebre Fausto Coppi ma il sottoscritto in una tappa abbastanza imprevista di questo mio tour esistenziale.

Ma facciamo un passo indietro e torniamo alla scorsa settimana.

 

Venerdì capisco ufficialmente di essere stato messo in mezzo per un evento l’indomani al quale la televisione sarà presente. Accetto di buon grado, quando scopro che l’impegno non riguarda tutti, ma solo tre malcapitati tra cui io, comincio a vivere tutto molto male. Anzi malissimo.

In realtà non mi pesa tanto il fatto di lavorare di sabato, quanto sapere che sono stato tirato in mezzo e soprattutto che la notte prima dell’evento sarà verosimilmente terribile.

Stranamente non sbaglio la previsione e mi ritrovo alle 20 la casa invasa da teenager franco-canadesi accorsi per celebrare il 19esimo compleanno dell’inarrestabile Mathieu. Quello che già so, però, è che dall’urna di Nyon è stato sorteggiato quanto di peggio per me e infatti sono consapevole che la madre non ci sarà perché impegnata ad accudire proprio quella sera le figlie di alcuni amici di famiglia, so che dovrò lavorare tutto il sabato perdendomi anche l’Inter in diretta e soprattutto che la notte sarà complicata.

Mi metto al letto verso le 23, mi addormento alle 4, quando i ragazzini trovano pace dopo essersi idealmente sorbiti tutte le maledizioni che la mia bocca è stata in grado di partorire in un crescendo rossiniano da censura e da vietare anche ai minori di 56 anni.

Alle 8 mi alzo, dopo 4 ore di sonno tutt’altro che rigeneranti. Alle 11 passano a prendermi e alle 12 sono in postazione. Evito il racconto della lunga giornata lavorativa inaugurata da un panino al salame da 11 e lode e conclusa da un lasagna di alto livello. Alle 21 rimetto piede in casa e scopro che nella nostra luminosa e bianca living-room è in corso una serata.

Marie, la padrona di casa, mi accoglie dicendomi che stanno facendo un wine-tasting e i vini vengono proprio dal Belpaese. Mi bevo un bicchiere di Montepulciano, ne rifiuto un altro paio e poi vengo coinvolto mio malgrado poiché la mia cittadinanza mi inchioda e si incastra fin troppo bene con la serata.

“Parlaci di vino! Dai!” Al terzo invito congiunto della padrona di casa e dei suoi dieci ospiti franco-canadesi, so che non posso più esimermi pur avendo apertamente dichiarato di non essere un intenditore di vini italiani e nemmeno un fine bevitore.

Alla fine, quando comprendo di non avere scampo, vedo sul muro proiettate delle diapositive, mi piazzano quella gigante dell’Italia divisa in regioni e capisco che devo parlare. Non so che dire onestamente, ma da saltimbanco navigato, parto con il discorso che si snoda fra quelle nozioni base e frammentarie che so sul vino e sulla mia conoscenza approfondita della mia terra fra riferimenti gastronomici e qualche aggiunta storica. Ne esce un monologo che sembra piacere agli invitati, i quali sorridono e sembrano farlo non per pietà e nemmeno per educazione.

Sdrammatizzo e prendo coraggio, alla fine divento l’uomo partita inatteso della serata, mentre immagino davanti a me David e Alfredo che mi guardano nella mia performance con quest’ultimo che rivolgendosi al Gatto dice: “Ma il Ciofi è un uomo d’avanspettacolo, Gallo…”

Me ne torno al piano di sotto dopo essermi intrattenuto ulteriormente con gli ospiti, parlando di ciò che faccio e tornando su alcuni aspetti del mio discorso, senza lesinare battute e sorrisi, da uomo consumato di spettacolo che conduce notiziari, rilascia interviste e parla di vini all’improvviso dopo 12 ore non semplicissime.

 

Mister, fammi giocare domani che una doppietta al derby secondo me, ora come ora, magari la faccio pure. Ti prego.

wine (1)

Il post numero 600

Non avrei mai pensato di scrivere il post numero 600 su questo argomento ma oggi son ben felice di raccontare la serata di ieri che mi ha visto sulle tribune del PalaEur in occasione del Wrestling (WWE Revenge Tour) a Roma. Il biglietto per assistere allo show dei lottatori americani me lo aveva regalato mia madre per il compleanno, un regalo imprevisto, impensabile, ma che alla fine mi ha offerto una carovana di brividi. Prima di parlare della serata devo fare una premessa e raccontare il legame fra me ed il Wrestling, un rapporto nato quando ero piccolissimo, nei primi anni 90, nel periodo in cui impazzava quel fenomeno di Hulk Hogan. Ero un grande fan di questo spettacolo, collezionavo i pupazzetti e seguivo le puntate su Italia1, anche se alla fine decisi di non far più combattere questi personaggi sul ring che avevo ma scelsi di farli giocare a calcio. Questa trasformazione obbligò i miei genitori a comprarmi un campetto da calcio grande come un tappeto da camera, e lì iniziai a dare sfogo alla mia fantasia. In quegli anni avrò fatto giocare non so quante partite, ogni sabato pomeriggio si scendeva in campo, la mia squadra era sempre l’Aston Villa, gli altri, avversari a caso. Le partite duravano ore, vinceva ovviamente sempre l’Aston Villa, Hulk Hogan era un fortissimo terzino sinistro, mentre il bomber era Luxor un pupazzetto dei Cavalieri dello Zodiaco trovato un’estate in un prato della Val Gardena mentre ero in vacanza. In quegli anni decisi che da grande avrei fatto il giornalista, o meglio, il telecronista di calcio, un mestiere che continuo tuttora a considerare il mio obiettivo, il mio punto d’arrivo. Tralasciando le amarcord, ieri mi sono ricongiunto con un pezzo della mia infanzia, ed anche se non ci sono più quei personaggi, il mondo e lo show sono sempre quelli. Non seguo più il Wrestling da tantissimi anni, non mi piace, tutto troppo finto, però devo ammettere che ieri sera mi sono divertito moltissimo. È sempre bello vedere il coinvolgimento dei bambini, l’entusiasmo e la magia che hanno certi ragazzini in queste occasioni, è stato altrettanto elettrizzante vedere dal vivo e da pochi metri le acrobazie e le prodezze fisiche di questi wrestler. Ciò che mi ha sorpreso è vedere la capacità e la bravura di questi omoni di oltre 100 kg che fingono di picchiarsi, fanno gesti atletici unici, regalano spettacolo e non si fanno mai male. Molti colpi sono evidentemente fasulli, in altri invece sono molto bravi loro a renderli ultra realistici e straordinari per coordinazione e fantasia. Lo show è durato più di due ore e mezza, gli idoli della serata sono stati: John Cena, CM Punk e Santino, quest’ultimo ha conquistato anche la mia simpatia. Divertente il comportamento della platea con i cartelloni in mano come gli americani e i gesti di sostegno al loro beniamino di turno, affascinante lo spettacolo di suoni e luci. Il Wrestling credo che riassuma al 100% l’idea di spettacolo per gli americani: scenate clamorose, muscoli e fisico, emozioni continue ma soprattutto il concetto di finzione per il quale sono dei maestri. È stata una serata veramente bella, un’esperienza che ricorderò nella sua eccezionalità e che meritava di essere il post numero 600!.

600, wrestling, serate, palaeur

(Santino)

Tra amici

L’ultima settimana è stata certamente contrassegnata dagli amici e dagli incontri, dai pranzi e dalle cene con tante persone, tutte diverse tra loro per storie e conoscenza. Domenica è stata la volta della “braciolata” in quel di Parco Catone, luogo immerso nel verde nei pressi di Monteporzio a due passi dal celebre Osservatorio. Nonostante un meteo non del tutto confortante, ci siamo diretti verso la nostra destinazione ognuno con la propria macchina creando un serpentone di auto che dopo 50 metri già si era disgregato in diversi parti, creando un rallentamento inevitabile con annessa attesa per chi era in testa. Giunti a Parco Catone ci siamo rapidamente sistemati e abbiamo preso contatto con la situazione, con la brace e le griglie. Fortunatamente, i nostri vicini di tavolo, avevano da poco finito il loro pranzo, la carbonella era ancora attiva e tiepida e così abbiamo sfruttato il loro lavoro per cucinare velocemente. Nei pressi del fuoco ci siamo dati il cambio io, Alfredo ed Antonio i quali si sono prodigati soprattutto all’inizio per ravvivare ulteriormente la brace mentre il sottoscritto ha gestito maggiormente la cottura della carne. Scene goliardiche, buon umore, polemiche per l’assenza inattesa di David e soprattutto molto cibo avanzato, a testimonianza che ci eravamo ben organizzati, forse troppo. Terminato il pranzo, verso le 3, io e Antonio ci siamo spostati nell’area giochi del parco occupando rapidamente un campo di terra con due porte di legno. Importunati da un bambino desideroso di giocare con noi, pochi minuti dopo è iniziata la fuga disperata per scappare dal diluvio che si stava iniziando ad abbattere su Monteporzio. Dopo aver ripiegato nelle rispettive auto, siamo tornati verso Frascati dove ci siamo fermati a casa di Alfredo per un rapido caffè prima di tornare a Roma. Martedì è stato il turno dell’uscita mensile (ormai questa è la scadenza) con Daniele e Simone due dei miei storici amici, gente che conosco dall’asilo. Il copione della serata è stato rispettato in pieno anche stavolta: appuntamento alle 22.15 sotto casa di mia nonna, rapida decisione sul locale (ormai sono sempre quei 3-4) arrivo nel posto prescelto, birra, chiacchierata, caffè finale dal “cornettaro” di Via dei Monti Tiburtini, saluti finali. Questa volta siamo tornati al “Bandana”, nei pressi di Porta Pia, dove eravamo stati l’ultima volta a fine ottobre prima di Inter-Juventus e dove siamo tornati due giorni dopo la partita di ritorno, stranezze della vita. La serata è stata caratterizzata dai soliti discorsi: le teorie di Daniele su Zeman, il suo allenatore preferito, le risposte piccate di Simone sui discorsi tattici, la rubrica di quest’ultimo in cui ci narra le sue mirabolanti e ripetute avventure da playboy, io che provo a mettere ordine. Poco dopo l’una ci siamo divisi, l’appuntamento è per dopo Pasqua sicuramente quando avremo altre partite da commentare e altri racconti da ascoltare. Ieri sera infine è andata in scena la cena tanto agognata con Paolo, Chicco e Alessandro, altri tre amici storici con i quali sono cresciuto giocando sotto casa di mia nonna. Il ristorante prescelto è stato quello nei pressi della Posta di L.go Beltramelli, una trattoria di nuova gestione che non mi ha lasciato molto soddisfatto. Raggiunta la meta comodamente a piedi, abbiamo ordinato: fritti, pizze e birra mentre cominciava Milan-Barça. La serata è trascorsa piacevolmente fra uno sguardo alla partita, i racconti strepitosi di Alessandro sui set del mondo del cinema, le intenzioni di Federico che si augura di poter fallire i due test per il Comune così avrà una giusta causa per tornare a Londra, città che è in cima ai suoi pensieri ogni giorno fin da quando apri gli occhi la mattina. Paolo ci ha raccontato le ultime disavventure capitate sotto la metro, mentre io ho esposto i miei progetti futuri. Quasi dieci mesi dopo l’ultima cena condivisa siamo riusciti a replicare, l’auspicio è che per la prossima non si debba aspettare altrettanto perché è stata una serata esilarante, come le altre due, come tutte le volte in cui sto in compagnia di questi amici.

La serata degli imprevisti (Parte 2)

…Paolo è partito all’attacco, il signore ha prima iniziato ad attraversare la strada, gridando che lui non s’era fatto nulla sia a livello fisico che dal punto di vista della carrozzeria mentre Paolo gli ha risposto che ben diverso era il nostro caso, a quel punto, l’uomo è tornato in macchina ma non per far inversione e venire verso di noi, ma per fuggire. Io e Federico nel frattempo eravamo nei pressi della nostra auto quando siamo stati avvicinati da una vettura in cui una ragazza si proponeva come testimone dell’accaduto ma l’abbiamo ringraziata considerando che l’uomo stava venendo verso di noi per chiarire, un attimo prima che cambiasse idea scappando. Poco dopo, mentre aspettavamo che il signore tornasse, ci si è avvicinato un arbitro con la divisa sul suo scooterone per avvisarci che aveva visto l’incidente e che aveva individuato l’uomo già sul cavalcavia con la sua macchina a 2 km da noi, il gentile arbitro ci ha fornito però il numero di targa che di sua spontanea volontà era riuscito a segnarsi. Compiaciuti e sorpresi dall’operato dell’arbitro che era stato già apostrofato in malo modo considerando la divisa che portava, abbiamo chiamato i vigili e poi, giunti questi ultimi, abbiamo raccontato per bene il fattaccio. Peccato per Paolo, la macchina non ha grossi danni e poteva andare peggio, ma di certo il fuggiasco passerà ora una serie di problemi che si è andato a cercare dopo aver compiuto una serie di stronzate mondiali in meno di 5 minuti. Alle 21.50 abbiamo finalmente raggiunto la trattoria che era lì nelle vicinanze, abbiamo cenato bene e in grande allegria malgrado l’incidente avesse un po’avvelenato il clima e la serata. Ad un certo punto è spuntato Alessandro che ha ordinato la cena fra i nostri sguardi stupiti, ci ha subito raccontato che non aveva mangiato ma aveva fatto 50 minti di ritardo perché dopo 2 mesi la macchina non gli partiva più e aveva dovuto perdere tanto tempo con i cavi del fratello per rimetterla in moto. A quel punto, consapevoli della follia della serata in cui ci eravamo ritrovati, abbiamo terminato la cena con un paio di ricordi, un sacco di risate dandoci appuntamento a breve, quando cercheremo di organizzarci in un modo un po’ più serio e magari lasceremo le rispettive auto a casa preferendo l’autobus. Malgrado tutto siamo riusciti a divertirci tantissimo, la prossima volta sarà ancora più bello, sicuro.

 

Frasi della serata

Federico: “A Londra avevo le chiavi per aprire il locale, qui a Roma mia madre non mi dà nemmeno le chiavi di casa”.

Alessandro: “Ti prego Pà, fammi venire lì al gabbiotto della metro un giorno e fammi dire al microfono… Allontanarsi dalla linea gialla, ti prego, regalami questa emozione”.