La serata degli imprevisti (Parte 2)

…Paolo è partito all’attacco, il signore ha prima iniziato ad attraversare la strada, gridando che lui non s’era fatto nulla sia a livello fisico che dal punto di vista della carrozzeria mentre Paolo gli ha risposto che ben diverso era il nostro caso, a quel punto, l’uomo è tornato in macchina ma non per far inversione e venire verso di noi, ma per fuggire. Io e Federico nel frattempo eravamo nei pressi della nostra auto quando siamo stati avvicinati da una vettura in cui una ragazza si proponeva come testimone dell’accaduto ma l’abbiamo ringraziata considerando che l’uomo stava venendo verso di noi per chiarire, un attimo prima che cambiasse idea scappando. Poco dopo, mentre aspettavamo che il signore tornasse, ci si è avvicinato un arbitro con la divisa sul suo scooterone per avvisarci che aveva visto l’incidente e che aveva individuato l’uomo già sul cavalcavia con la sua macchina a 2 km da noi, il gentile arbitro ci ha fornito però il numero di targa che di sua spontanea volontà era riuscito a segnarsi. Compiaciuti e sorpresi dall’operato dell’arbitro che era stato già apostrofato in malo modo considerando la divisa che portava, abbiamo chiamato i vigili e poi, giunti questi ultimi, abbiamo raccontato per bene il fattaccio. Peccato per Paolo, la macchina non ha grossi danni e poteva andare peggio, ma di certo il fuggiasco passerà ora una serie di problemi che si è andato a cercare dopo aver compiuto una serie di stronzate mondiali in meno di 5 minuti. Alle 21.50 abbiamo finalmente raggiunto la trattoria che era lì nelle vicinanze, abbiamo cenato bene e in grande allegria malgrado l’incidente avesse un po’avvelenato il clima e la serata. Ad un certo punto è spuntato Alessandro che ha ordinato la cena fra i nostri sguardi stupiti, ci ha subito raccontato che non aveva mangiato ma aveva fatto 50 minti di ritardo perché dopo 2 mesi la macchina non gli partiva più e aveva dovuto perdere tanto tempo con i cavi del fratello per rimetterla in moto. A quel punto, consapevoli della follia della serata in cui ci eravamo ritrovati, abbiamo terminato la cena con un paio di ricordi, un sacco di risate dandoci appuntamento a breve, quando cercheremo di organizzarci in un modo un po’ più serio e magari lasceremo le rispettive auto a casa preferendo l’autobus. Malgrado tutto siamo riusciti a divertirci tantissimo, la prossima volta sarà ancora più bello, sicuro.

 

Frasi della serata

Federico: “A Londra avevo le chiavi per aprire il locale, qui a Roma mia madre non mi dà nemmeno le chiavi di casa”.

Alessandro: “Ti prego Pà, fammi venire lì al gabbiotto della metro un giorno e fammi dire al microfono… Allontanarsi dalla linea gialla, ti prego, regalami questa emozione”.

La serata degli imprevisti (Parte 1)

Di serate bizzarre e particolari ne ho vissute più di qualcuna ma quella di ieri merita certamente un posto prestigioso nella hit parade. Da circa 10 giorni stavamo cercando di organizzare una serata da vecchi tempi con Paolo, Alessandro e Federico, alcuni dei miei amici di infanzia con i quali sono cresciuto giocando a pallone giù di sotto al cortile da mia nonna. Alessandro, di ritorno dal set cinematografico che lo ha portato in giro per l’Italia negli ultimi due mesi, ha lanciato l’idea di questa mini adunata e nei giorni successivi è scattata l’organizzazione che fin dai primi momenti ha palesato una serie infinita di difficoltà, soprattutto dal punto di vista della comunicazione. In 10 giorni sulla discussione fatta partire su Facebook ci sono stati 6 messaggi: persone che davano il loro assenso e poi sparivano, altri che lanciavano idee senza supportarle ed io che cercavo di tenere ad un certo punto i fili di una discussione surreale. Dodici ore prima dell’appuntamento tutti e 4 avevamo dato il nostro ok, ma nessuno sapeva l’appuntamento, l’orario, il posto e soprattutto se dovevamo vederci per cena o subito dopo. Alle ore 20 sono andato a citofonare a casa di Paolo e Federico che avevano appena saputo una notizia: Alessandro aveva fissato l’appuntamento per le 21.30 con un secco “pizza e birra” senza specificare il posto e nemmeno dove ci saremmo dovuti vedere. Alle 21 sono sceso in compagnia dei fratelli e abbiamo telefonato ad Alessandro che appena tornato non si sa dove ci comunicava l’intenzione di mangiare a casa un boccone, smentendo involontariamente l’appuntamento precedente. Dopo aver ricevuto una lunghissima trafila di insulti del tutto meritati abbiamo chiuso la conversazione con Alessandro, noi tre abbiamo deciso di andare a cena in attesa che il nostro amico ci raggiungesse terminato il suo pasto. Pochissimi minuti dopo aver preso tale decisione, all’incrocio fra via dei Durantini e via dei Monti Tiburtini, superato il semaforo siamo stati tamponati, o meglio, un deficiente con una Y10 ci ha tagliato la strada senza mettere la freccia dopo aver cambiato almeno 34 volte idea su quale strada prendere. La fiancata della macchina nera di Paolo ha subito qualche graffio, una freccia rotta ed un paio di righe che si sono tolte sfregando solamente la parte con la mano, ma la cosa più surreale doveva ancora succedere. Appena abbiamo parcheggiato la macchina siamo scesi tutti e tre con dei propositi anche piuttosto bellicosi, l’uomo in questione, un tizio sulla cinquantina con la moglie, si era nel frattempo fermato nell’altra strada dell’incrocio…

Due giorni dopo

Parlare dopo è sempre facile, dare il proprio giudizio a giochi fatti è una delle cose più convenienti, soprattutto quando si può criticare. Ho aspettato volutamente oggi per scrivere un post riguardo la folle notte di Marassi, ho atteso i resoconti del giorno dopo e le mille chiacchiere di cui si sono riempite radio tv e giornali. Dopo aver ascoltato attentamente tutti questi discorsi, cerco di tracciare la mia opinione, sconfessando anche delle affermazioni che ritengo tuttora inammissibili.

I tifosi serbi hanno avuto un comportamento pessimo già dal pomeriggio quando hanno avuto la geniale idea di imbrattare Palazzo Ducale e creare il panico per le vie della città. Non condivido il corteo che gli è stato concesso, soprattutto se si considera il percorso non breve che hanno fatto: da via XX settembre a Marassi (oltre 2 km e mezzo). Questo ha permesso ai delinquenti serbi (non tifosi) di mettere a soqquadro un bel pezzo di Genova. È ridicola invece la giustificazione che qualche esponente della polizia ha provato a dare riguardo l’arsenale e gli oggetti contundenti che i serbi hanno potuto portare nel loro settore. Considerando la situazione all’esterno dello stadio, questi teppisti sono stati fatti entrare dentro rapidamente, senza controlli e quindi con tutte le facoltà e i mezzi per poter mettere a repentaglio la sicurezza di almeno 20 mila spettatori. Zero controlli, pessima l’idea del corteo scortato, sciagurato il pensiero di far intervenire i poliziotti nel settore ospiti. Qualcuno ha detto che sarebbe venuta fuori una carneficina se le forze dell’ordine fossero intervenute in quel modo, l’affermazione è fin troppo banale mentre è assurdo che qualcuno si compiaccia del fatto che ciò non è avvenuto: non sono stati “bravi”, hanno semplicemente ragionato anche perché non si poteva fare diversamente. L’unica azione fattibile poteva essere quella degli idranti, i quali sono stati anche srotolati ma poi accantonati, l’acqua avrebbe potuto sedare un po’ la situazione senza creare danni esagerati.

La protesta è stata solo ed esclusivamente politica. I facinorosi serbi hanno scelto l’occasione migliore, ovvero una partita di calcio internazionale con buona risonanza, per manifestare alcune delle loro idee. La sconfitta con l’Estonia di quattro giorni prima e il “tradimento sportivo” di Stojkovic c’entrano poco, soprattutto dopo che i giocatori erano stati già “punti” con il folle gesto del petardo lanciato sul pullman della nazionale serba. La  protesta ha preso così i contorni prettamente politici e sociali, in particolar modo dopo il “Gay Pride” che si era tenuto a Belgrado pochi giorni prima. Anti europei, nazionalisti, anti-Nato, i serbi hanno rivendicato la loro opinione sul Kosovo e lo hanno fatto in una nazione che ha mandato truppe in aiuto nel territorio in questione. Scatenare l’inferno in Italia mentre si manifestava per il Kosovo, in un’occasione in cui si commemoravano 4 soldati italiani uccisi in Afghanistan, è stata una situazione che gli ultra-nazionalisti non potevano farsi sfuggire. In sintesi, la violenza dei serbi, è stata prettamente politica sfruttando una manifestazione sportiva.

Lo stadio non era di certo il migliore a livello strutturale e nemmeno a livello di posizione per ospitare un evento del genere, ancor meno per accogliere una delle tifoserie più calde e violente del panorama europeo. Lo stadio “molto inglese” di Genova non ha aiutato le operazione delle polizia sia dentro che fuori, mentre le tribune attaccate al campo, non hanno permesso che si giocasse. Considerando la capienza, la posizione e la struttura interna dello stadio, Bologna o Catania sarebbero stati più indicati, di certo la partita si sarebbe potuta giocare ed i portieri non avrebbero rischiato di trovarsi fumogeni in mezzo ai loro piedi con una tale facilità. Per quanto riguarda la scelta delle sede dove ospitare l’incontro, le autorità italiane hanno sbagliato completamente.

Come è possibile che tanti criminali serbi con precedenti noti, pur non essendo cittadini dell’Unione Europea, abbiano messo piede in Italia con tale semplicità? È chiaro che non ci siano stati grandi controlli alla frontiera, altrimenti personaggi come Ivan Bogdanov, che ha avuto la sua mezz’ora di popolarità, non sarebbero entrati. È strano per non dire preoccupante, vedere che personaggi potenzialmente pericolosi possano girare per l’Europa armati e con evidenti intenzioni, senza un minimo di controllo.

In una delle serate più buie della Nazionale italiana, ha perso lo sport e ha stravinto il violento fanatismo politico; qualcuno pagherà sicuro, la stangata dell’Uefa è bene che colpisca duramente la Serbia ma anche l’Italia, non dal punto di vista sportivo ma di sicuro sotto l’aspetto organizzativo.