Le emozioni del ritorno

Ancora 24 ore e poi sarò prossimo alla partenza per tornare a Roma salutando nuovamente Dublino. E’ il mio secondo ritorno quest’anno ma posso dire fin da subito che questo che mi appresto a vivere è molto diverso da quello di fine maggio. E’ stato tutto completamente differente, per cui anche il ritorno lo sto vivendo in un altro modo. Sono più trepidante, ho più voglia di tornare, ho un piacere diverso nel riabbracciare casa mia e i miei cari. Credo che il tutto sia direttamente proporzionale alla portata dell’esperienza che sta volgendo al termine, essendo stata tutt’altro che in discesa, vedere il traguardo ed il conseguente rientro a Roma, è un aspetto che mi trasmette felicita’.

Il ritorno appunto, uno di quei temi che a me ha sempre affascianto. Mi piace l’idea del ritorno e il fatto stesso, adoro cio’ che si svela e contiene il ritornare, il riabbracciare il proprio passato. Sarà che sono un malinconico ma e’ un concetto che mi ha sempre esaltato. Mi piacciono tutti i tipi di ritorni: dai viaggi, agli amori passati, dagli amici a quelli dei giocatori come Danilovic nel 1997, o Georgatos nel 2001 passando per Crespo nel 2006, in attesa di quello più grande che profuma di Portogallo.

Mi intristisce la fine di qualcosa ma mi entusiasma l’idea del ritorno in tutte le sue salse. In fondo è un tema letterario antichissimo, quello dei Nostoi (Νόστοι), ossia la denominazione data a quei poemi ellenici che raccontano le gesta epiche dei Greci e del loro ritorno a casa dopo la distruzione di Troia. Il concetto di ritorno è alla base non a caso di una delle opere piu’ grandi e affascinanti di sempre, l’Odissea di Omero in cui si narrano le mille vicende di Ulisse prima di riabbracciare la sua Itaca.

Insomma, tornare a mio avviso è sempre bello e quest’anno mi è capitato in diverse modalità, ad esempio per la prima volta in vita mia sono tornato in una città che avevo già visitato (Liverpool a maggio), prima di dare il via alla mia seconda esperienza dublinese ad ottobre. Un ritorno è sempre un bagno di sensazioni e rimango dell’idea che partire e andare via sia sempre giusto ed utile, e poi, ne vale la pena ad ogni modo, anche solo per poter assaporare l’abbraccio di chi ti vuole bene quando torni a casa.

Frase del week end

Michael: “Matteo you could be in the Army, you are like a soldier.”

Un altro 16 dicembre nella “Matteo Storia”

Il 16 dicembre e’ diventato a suo modo ormai una sorta di intermedio, di data spartiacque in cui fare considerazioni e parallelismi. In maniera del tutto casuale questa giorno si e’ trasformato in qualcosa che racconta sempre un preciso momento del mio anno e del mio cammino. Per cui, come scrissi il 16 dicembre 2012, e’ bello vedere passo dopo passo dove si e’ ad un anno di distanza. Dodici mesi fa pubblicai un post in cui ripercorrevo i miei 16 dicembre: da quello del 2008 in cui ebbi l’esame di Storia delle dottrine politiche, a quello grandissimo del 2009 giorno della mia prima laurea o al 2010 quando raggiunsi Dubai al seguito dell’Inter che si stava giocando il Mondo. Nel 2011 ero immerso fra il part-time all’ufficio eventi e la stesura di quel grande lavoro che e’ stata la mia seconda tesi, lo scorso anno invece rincasavo malinconicamente da Viterbo dopo essere andato a trovare mio padre alla vigilia di un intervento. Proprio in quei giorni incontrai Alfredo e David in centro e camminando lungo via Condotti mi domandai dove sarei stato nel 2013, sempre il 16 dicembre.

Qualcuno avanzo’ la bizzarra ipotesi che mi sarei ritrovato ad un workshop di non si sa cosa a Lima, in Peru’, il Gallo invece, disse che sarei stato di ritorno da Londra per festeggiare il Natale a casa. Per una volta, clamorosamente, David ha azzeccato quasi del tutto un pronostico e se non ci credete affidatevi all’archivio del blog, andate a dicembre 2012 e troverete un commento dell’eroe fiuggino che certifichera’ cio’ che sto raccontando (ecco il link http://matteociofi0.myblog.it/2012/12/16/5-anni-5-giorni-5-foto/#comments).

Ebbene si, questo 16 dicembre lo sto trascorrendo a Dublino, in una redazione di un giornale per uno stage. Fra due giorni pero’, come anticipato da David, chiudero’ le valigie per far ritorno a Roma e festeggiare il Natale in famiglia. La fine di quest’altra avventura e’ dietro l’angolo, la mia seconda esperienza a Dublino corre veloce verso i titoli di coda ma aver vissuto qui questo 16 dicembre e’ senza dubbio un aspetto importante. E’ significativo che sia qui, ovvio, ma conta ancora di piu’ che mio padre stia bene a casa nostra e non su un letto del reparto di nefrologia di Viterbo.

Dopo un 16 dicembre particolarmente sottotono, questa data e’ tornata ad essere un simbolo di brividi o di qualcosa di importante, non ci sara’ l’emozione di discutere una tesi o di essere ad un passo dal conquistare il Pianeta con undici giocatori vestiti di nero e azzurro ma vi garantisco che non e’ niente male questo lunedi’ 16 dicembre 2013.

Si vabbe’, ma il prossimo anno? Via ancora con il sondaggione…

Stile irlandese

Mesi fa avevo gia’ scritto un post del genere sugli irlandesi, tempo dopo, essendo tornato qua, posso aggiungere dei dettagli importanti anche perche’ ho vissuto in case di gente del posto, ho visto come vivono da vicino, quello che fanno e come sono nel loro habitat naturale. Partiamo da un punto: non sono persone aperte, socievoli e amichevoli come spesso nelle guide si racconta o qualcuno vuol far credere. Non e’ cosi’. Sono come tanti altri popoli, e quindi trovi quelli simpatici e allegri come quelli per niente disponibili e irritanti. Una cosa che da buon italiano non posso condividere e’ la tradizione alimentare. Mangiano in modo schifoso, senza senso, nella classica maniera in cui immaginiamo gli americani. Mai seduti a tavola, niente tovaglie, piatti che sono un mix di roba indicibile. Le balle sul fatto che non abbiano tempo per cucinare non reggono, io proprio non li capisco. La pulizia e’ sempre molto approssimativa, noi mediamente siamo piu’ puliti di loro, io sicuramente si’. Non hanno il bidet e per me gia’ questo aspetto e’ un qualcosa che declassa il popolo in questione (come la maggior parte dei popoli del mondo) in un punto della classifica dove si annidano incivili, uomini preistorici e forse barboni. A me delle salviette umide, che poi non usano piu’ di tanto, non me ne frega nulla. Io di farmi tre docce al giorno non ne posso piu’. La categoria che continuo ad odiare con tutto me stesso rimane quella dei teen ager: brutti, sporchi, mal vestiti, sciatti, urlanti e maleducati. Ripeto quanto detto tempo fa: una delle versioni peggiori che il Padreterno ha inventato dell’uomo e’ quella del giovincello violento britannico/irlandese. Pericolosi e da evitare come la peste, credo siano un serio problema da fronteggiare da parte dell’opinione pubblica e dalle istituzioni. Dublino rimane una citta’ brutta nella sua essenza. Senza simboli, senza monumenti, senza un qualcosa che possa avvolgerti. Viverla da studente o da lavoratore cambia poco, sempre inguardabile rimane. La sporcizia che si vede spesso in giro, mendicanti, senzatetto che dormono nelle vie del centro, la capitale irlandese e’ anche tutto cio’ e il mio primo impatto non fu dei migliori proprio perche’ rimasi abbastanza deluso da questi aspetti. Il costo della vita e’ piu’ caro rispetto all’Italia, sicuramente rispetto a Roma, non tantissimo ma la spesa media e’ maggiore. Il tempo invece, come detto, e’ andato al di la’ di ogni aspettativa. Ho preso acqua solo i primi giorni, poi ho comprato un ombrello e non l’ho mai usato veramente: i quattro euro meglio investiti della mia vita. Novembre e’ stato fantastico, freddo si’, ma nulla di particolare, niente pioggia, con un’aria che in confronto a quella umida e inquinata della mia citta’ sembrava provenire dalla montagna. Che altro dire? Non saprei, ho parlato male abbastanza ma ho detto cose vere e senza esagerare, poi ovviamente tutto e’ autoreferenziale, anche se penso che con questa citta’ non potrebbe mai sbocciare un’amore e il motivo e’ facile: e’ un posto che non vive di calcio e nemmeno lo respira. Cinque mesi, ventuno settimane di esperienza, ho maturato tante idee e nuove prospettive, pensieri e convinzioni. Mi ha dato tanto questo posto e non lo dimentichero’ mai per tale ragione, di certo pero’ non e’ la mia citta’ preferita e non potrebbe mai esserlo per milioni di motivi.

Senza il mio ritmo

Fra le tante cose che mi portero’ dietro di Dublino, c’e’ anche la certezza di non aver vissuto questi due mesi con il mio tempo e il mio ritmo. L’ho detto tante volte e ripetuto, e’ stata una esperienza di vita, pertanto piena di tutto. Ho capito la fatica di quando lavori, sei solo e devi fare tutto te. Quando hai l’onere di essere indipendente, le strade sono due: o ti dai dai fare e stringi i denti, oppure soccombi. Tornero’ a casa e guardero’ mia madre con occhi diversi, nel senso che potro’ capire un po’ di piu’ certe sue lamentele e alcune sue richieste, consapevole del peso del doppio impegno lavoro-tutto il resto. Ho vissuto con ritmi altissimi, fuori dalla mia abitudine e forse dalla mia portata, ma alla fine mi sono dovuto adattare e abituare. Ho tirato avanti in qualche modo, arrivando al rush conclusivo comunque stanco e finito, piu’ che altro logorato. Non do la colpa a nessuno, sia chiaro, ma i fattori e le situazioni esterne mi hanno messo a dura prova, ho vissuto a un’altra velocita’, cercando di tenere comunque il passo e avendo quasi sempre il fiatone tanto che alla fine ho iniziato ad avere anche l’affanno, quello vero pero’, quello che anticipa la crisi di asma. Due mesi senza pause, con livelli inusuali per me, che forse ho davvero 26 anni solo per l’anagrafe. Ho dato tutto pero’, la sera sono sempre andato a letto felice di aver dovuto strizzare la maglia appena rincasato e questo almeno e’ un qualcosa che non ha mai gravato sulla mia coscienza. Dare tutto, fino alla fine, a prescindere. E’ stato un po’ il mio motto e penso di averlo onorato anche se magari i risultati non sono stati strepitosi. Posso avere qualche rimpianto, avrei voluto fare qualcosa in piu’, non lo nego, ma mi sono dovuto scontrare con una realta’ diversa, con un orologio che correva sempre troppo veloce. Se il primo mese e’ stato interminabile, il secondo e’ volato con rapidita’ impressionante, ma funziona sempre cosi’. Le ultime settimane sono state inghiottite dal passare delle ore quasi senza averne memoria. Sono andato sempre sopra ritmo, ma il contrario, sempre tutto sul filo dei minuti, sempre poco sonno e scadenze da rispettare, con l’ultimo periodo caretterizzato ormai da uno stato di acciacchi diversi e perpetui, forse una spia lanciata dal mio fisico al sottoscritto. Mi riposero’ a breve, tornero’ alla mia vita normale dopo le feste natalizie. In sostanza pero’, sono contento di essere arrivato fino in fondo. E mi faccio quasi tenerezza quando mi vedo camminare lungo Appian Way o Morehampton Road, stretto in me stesso, consapevole di essere uno sfigato qualunque che sa il reale valore di questa esperienza e di averla portata comunque a termine. Anche con un ritmo non mio, quello che non sono mai riuscito a dare a questi due mesi dublinesi.