Arrivederci Matrix

È sempre emozionante e allo stesso tempo triste salutare un amico, uno con il quale hai condiviso anni di sfide, di sconfitte, ma anche di tante vittorie. E’ bello però sapere che sarà comunque solo un arrivederci perché certe strade nella vita sono destinate ad incrociarsi nuovamente malgrado tutto. Marco Materazzi saluta l’Inter, la squadra nella quale ha vissuto questi ultimi 10 anni per una nuova avventura, ancora un anno di calcio, un anno di sport negli States o in Inghilterra prima di tornare a casa e ricoprire un ruolo diverso, ma sempre all’interno della sua famiglia che si chiama Inter. Se ne va un giocatore vero, cresciuto nei campi di terra della periferia, un uomo di gavetta, uno di quelli che possono dire di aver fatto veramente tutta la scala, dal gradino più basso fino a diventare campione del mondo con la propria nazionale e con la sua squadra di club. Amato follemente dai suoi tifosi, insultato in modo vile dai suoi avversari, colpito nel cuore dove c’è una ferita che non potrà mai richiudersi, quella di una mamma che non l’ha visto crescere e che per anni è stata vergognosamente ingiuriata da idioti in giro per l’Italia. Molte volte ho avuto l’impressione che Materazzi fosse il nuovo Berti e quando parlo di Nicola mi si illumina sempre il volto, uno di quelli che era un idolo per la sua gente e il nemico numero 1 per i milanisti, proprio perché incarnava lo spirito e la mentalità della Milano neroazzurra. Materazzi è stato il Berti del 2000 per i tifosi interisti, a volte l’unico italiano in campo, spesso il totem da seguire per grinta e voglia di vincere. Poteva finire al Milan nel gennaio del 2006 ma decise di rimanere all’Inter per questione di cuore e non solo, Facchetti si oppose al suo trasferimento, Marco non poteva andare via per ciò che stava diventando. Pochi mesi dopo Materazzi portò in ospedale la SuperCoppa vinta con la Roma  a Giacinto che nel suo letto gravemente malato poté soltanto ringraziarlo con un filo di voce. Mi rimarranno tante immagini di questo ragazzone nato a Lecce ma zingaro nell’animo come ama definirsi: la doppietta scudetto a Siena per il primo tricolore, il suo vestito completamente bianco alla festa, il gol in finale con la Francia, le uscite a volte esagerate, le lacrime del Bernabeu e quel modo di sentirsi sempre parte dell’Inter. Ho ammirato Materazzi in questi anni, ha sbagliato tante volte e ha sempre pagato, lo stimo per averci messo la faccia quando serviva, per aver pianto il 5 maggio ma per aver avuto il merito di resistere e vincere tutto con quella maglia che ha amato profondamente. È bello ricordarlo nella sua ultima partita, la finale con il Palermo, felice per l’ennesimo trofeo, con quella coppa in mano che nessuno riusciva a portargli via e quel “tutti pazzi per Materazzi” che suonava in sottofondo, quel coro che gli mancherà parecchio, così come a noi mancherà molto non vederlo uscire più dal tunnel di San Siro.

A presto Matrix e grazie di tutto.

n_inter_marco_materazzi-1941353.jpg