29 anni

È stato un compleanno insolito, preferisco definirlo così, piuttosto che speciale, semplicemente perché lego a questo aggettivo un valore estremamente positivo e quindi non calza bene con la giornata di domenica e con i miei 29 anni.

È stato un compleanno in viaggio, fra aeroporti e check-in, carte d’imbarco e bagagli, senza dubbio capita raramente di celebrare il proprio compleanno in tre città diverse e in tre continenti differenti, un 6 marzo che per via del fuso orario e del nostro viaggio verso Ovest è durato credo 40 ore, un compleanno versione XXL e dal profondo gusto internazionale. Amman, Francoforte e poi Toronto, due voli, 4 ore di break in Germania e poi altre 8 abbondanti per raggiungere nuovamente il Canada, in totale 19 ore di viaggio, il mio record personale.

Ho ricevuto gli auguri da tante persone, molte nuove, una brithday card nel ristorante dell’hotel dell’Amman Airport, ed un Happy birthday cantato da 47 persone mentre il pullman, appena superata la mezzanotte, ci conduceva in aeroporto.

È il terzo compleanno negli ultimi 4 anni che celebro fuori casa, lontano da tutti, il secondo di fila in questa parte di mondo. E nella sua eccezionalità, ovviamente mi è mancato non viverlo nel modo classico, anche perché a mio avviso certi momenti ed alcune ricorrenze hanno il loro valore solo se celebrate in compagnia delle persone care. Non è successo, ma mi auguro che possa capitare almeno il prossimo anno visto che sarà un compleanno simbolicamente molto più importante, il mio approdo nei trenta.

Non ho ricevuto nessun regalo, anzi, ne ho trovato uno appena arrivato a casa, ossia la linea internet a cui mi ero attaccato illegalmente a scrocco per tre mesi non c’era più e quindi un nuovo imprevisto da risolvere in tempi rapidi, per evitare di ripiombare come a inizio dicembre in una dimensione tipo 1983, fuori dal mondo e senza contatti. Ancora una volta, intanto, la partita il giorno del mio compleanno ha funzionato, l’abbinamento porta bene e la vittoria sul Palermo mi ha dato almeno un pizzico di sollievo, mentre la guardavo in replica con il mio laptop in uno Starbuck’s vicino casa.

Me lo ricorderò bene questo 6 marzo e non per il Martini Bianco comprato al Duty Free di Francoforte a 7.70 Euro, o per una strana crisi semi-allergica per un panino al prosciutto crudo che nascondeva sotto una cazzo di cremina, no, lo ricorderò per una immagine in particolare.

Mentre tornavo dal bagno e mi dirigevo verso il mio imbarco, sono passato davanti al Gate B42 e mi è tornato in mente che quello era il punto da cui sono partito la prima volta per il Canada. Mi sono rivisto lì in coda, per mostrare il mio passaporto mentre leggevo un po’ commoso il messaggio di David. Non so perché ma la frase che mi è venuta spontanea è stata “Che paura”, una sensazione che quell’11 gennaio in verità non sentivo, forse per incoscienza, forse per disperazione, magari per coraggio, non saprei.

Mi sono rivisto lì e pensavo a tutto quello che è successo nel frattempo, da quel giorno in poi, e sono arrivato alla conclusione che la vita in fondo, non deve premiare i bravi, i corretti o i talentuosi, per me deve premiare i coraggiosi.

 

E mentre questo ultimo giro nella decina dei 20 è iniziato, mi hanno chiesto quale augurio potevo farmi, ci ho dovuto pensare molto poco, io spero solo una cosa, qualche emozione, come quelle che hanno scandito i primi anni, la prima metà di questi decina.