Ipse dixit: Alfredo parte II

Direi che è passato un po’ di tempo e quindi è il momento di un secondo post, di un secondo resoconto, un altro ipse dixit del nostro avventuriero preferito.

Altre perle, nuove frasi proferite in momenti che rimarranno nella nostra memoria in eterno. Fondamentale per questo post è stato infatti lo scorso Ferragosto in Puglia, la sua terra, ma anche un po’ la mia, tre di queste dodici frasi sono tratte da quei giorni. Che Duomo signori!

 

“Ma che paese siamo diventati?”: Ecco qui subito la prima perla di agosto 2015. Diverse volte l’ha tirata fuori, quella che a me torna in mente subito è pochi minuti dopo la semi-aggressione di Ferragosto. E sì, perché mentre lui cercava di fare alcuni panini in macchina e io ero fuori appoggiato sullo sportello per lasciargli lo spazio sul mio sedile a mo’ di tavolino, due signori della zona sono arrivati a reclamare per strani motivi, ragioni ancora non del tutto chiarite dalla magistratura, quel posto-auto, evidentemente strategico. La resistenza di Alfredo nello spostarsi, causa preparazione panini, a un punto ha esasperato il signore locale che con vigore ha cercato di cacciare via il ragazzo di Frascati. Il silenzio per l’episodio piuttosto sconcertante e fuori luogo fu spezzato dopo qualche centinaio di metri da questa sua frase “Ma che paese siamo diventati?” Fra il serio e il divertito, una domanda retorica, una ammissione di colpa e un sottolineare la triste fine del nostro paese pronto a fare a pugni ormai per un posto macchina lungo la strada.

 

“Che paese fantastico!”: Non è una contraddizione con l’esclamazione precedente, no, è un qualcosa di diverso. Sì, perché poi ti ritrovi nella calura d’estate, al paese, intorno ad una tavolata, con la pizza che esce dal forno, i parenti, gli amici, il vino e la birra, il dialetto, il mare laggiù a fare da sfondo, il suono delle risate, e beh, queste cose succedono solo da noi, in quel paese fantastico, e allora, come fai a non dirlo?

 

“Ma guarda te dove cazzo siamo venuti a costruire…”: La carrellata pugliese la chiudiamo così, con una sacrosanta verità. L’inventiva degli italiani, la capacità di andare oltre e di fantasticare anche l’impossibile prima di realizzarlo. Passi alle Tremiti, cammini per Peschici, guardi il mare da punti impensabili e ti viene spontaneo dire questa frase. Giusta, vera. Italiana.

 

“Ma il Catto è quello che è”: Non poteva ovviamente mancare uno dei nostri beniamini, uno dei bersagli preferiti del nostro amico. Alternando momenti di critica ad attimi di totale esaltazione riguardo il velocipede fiuggino, questa frase è un grande classico. Lascia quel senso di indefinito, una frase solo per esperti, per chi conosce il Catto, per chi sa coglierne il senso più profondo. Il Gallo è quella roba lì insomma, per cui non vale la pena talvolta pendersela.

 

“Il Catto è etereo”: Eccoci qua, al momento di critica severa segue l’esaltazione delle doti del ragazzo del Basso Lazio. Proprio lui, a detta di Alfredo è etereo, e quindi me lo immagino fluttuare in spazi indefiniti, nel cielo, come la più bella delle creature spirituali, quasi incorporeo, “Dalle magioni eteree Sgorga una fonte” diceva il  Manzoni, riferendosi indubbiamente al Catto.

 

“Che Catto signori, che Catto!”: Etereo, ma non solo. Quando il Catto regala emozioni a non finire, partenza inattese, cammini imprevisti e colpi da maestro, l’esaltazione fra di noi non si misura e dire questa frase è il minimo. Nulla di originale, ma è la migliore e la più calzante per richiamare tutti all’attenzione. Con un Catto così ci si deve spellare le mani dagli applausi.

 

“Ricordatevi che ha fatto saltare un matrimonio. Che tigna che ha il Ciofi!”: Nelle sue menzioni non manco nemmeno io e questa e una delle mie preferite, non la mia preferita in assoluto, ma una che mi fa sorridere e che trovo particolarmente emblematica. Sì perché per sottolineare il mio livello di tigna (testardaggine, ostinazione, pervicacia per chi vive fuori dal GRA) ha tirato fuori un esempio ovviamente fin troppo grande ma allo stesso tempo vero. Più che una sottolineatura è una sorta di monito, un avvertimento. Non la mettete sul livello della tigna con questo perché se si fissa è capace di tutto, anche di far saltare un matrimonio.

 

“Ma quello è un fantoccio…”: Ecco il colpo di genio. La stoccata, non un insulto, ma un commento secco, senza troppe interpretazioni. Tu gli fai un nome, gli menzioni il soggetto in questione e lui la chiude così, da fuoriclasse. Diversi sono i fantocci che abbiamo visto in questi anni, alcuni anche solo la scorsa estate, uno su cui voglio soffermarmi è l’amico di Claudia, quello che lavora a Dubai, quello che fa il bello, ci provava con lei, ma un po’ così. “Ma quello è un fantoccio”, e se chiudo gli occhi me lo immagino mentre cammina verso San Rocco con la T-shirt viola dell’Adidas e lo definisce in questo modo, guardando per terra e con le mani in tasca.

 

“Beh il pubblico lascia lo stadio insoddisfatto. C’è del rammarico. Un pareggio, vincevano e poi pari subito nel finale”: Una cazzata, ma che a me fa molto ridere e che a suo modo è stata un mini tormentone. Estate, 22.30 superate da un pezzo, nella scalinata che porta alla piazza della Chiesa di San Rocco sale della gente, persone un po’ più avanti con l’età, quelle che a Frascati per principio, anche d’estate, si portano il maglioncino di cotone, perché non si sa mai. Loro se ne vanno e noi arriviamo, tutto molto normale considerando età e ritmi, in questo incontro e passaggio di consegne, scrutiamo le loro facce mentre risalgono le scale e intravediamo un po’ di disappunto, la serata è andata, ci si avvia verso la macchina e le facce hanno un qualcosa che non richiama esattamente all’entusiasmo. E quindi, parte la metafora, il pubblico lascia lo stadio con l’amaro in bocca per il risultato maturato nel finale, beffona e 1-1 al triplice fischio. Questa cazzata è stata portata avanti ad oltranza, e ogni volta che incrociavamo gente che lasciava San Rocco, si fantasticava sulla serata e quindi sull’andamento di quest’ultima riletta in chiave sportiva.

 

Rispetto alla scorsa volta, voglio aggiungere una novità, tre frasi estrapolate dalla nostra chat comune, tutte sul Catto, tre perle di fantasia e cazzeggio di alta qualità uscite all’improvviso, senza motivo, per questo ancora più divertenti.

 

“Ma pensa se eravamo nati che ne so, in Svizzera…Gita sul lago in barca con il Gatto che continuava a guardare l’ora solo per far vedere a tutti il suo Rolex”.

 

“Che fomento il Catto che rischia di cadere in un burrone e si salva grazie alla catenina del portafoglio”. (10-03-2016)

 

“Bottiglia di Chivas in mano, drummino tra i denti, s’aggira già in pantofole nelle aree comuni del dormitorio…” (11-03-2016)

 

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