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Ma che poi, come direbbe il buon Giancarlo, un post lunedì lo avevo anche scritto e a dire il vero era venuto anche bene, poi però l’ho salvato male ed è andato perso. Parlavo delle prime sensazioni con il Catto a casa, quello stesso Catto che però per aver sottovalutato il peso del fuso orario era stato di conseguenza rimandato all’esame pratico di Patente da viaggiatore intercontinentale fascia A. Promossa invece la bottiglia del Campari che il velocipede del Basso Lazio ha potato e che ieri abbiamo visto essere quasi terminata. In tutto questo, veniamo da una settimana fresca e poi fredda, con nevischio e temperatura al limite dello zero e un cielo molto dublinese di cui avremmo fatto a meno volentieri.

Un altro weekend è intanto arrivato e abbiamo deciso di non spingerci oltre i confini cittadini e ancora meno oltre quelli canadesi. Il tempo dovrebbe migliorare, ma le nostre condizioni di salute non sono le migliori, credo più le mie che quelle del signor Catto.

Io ho uno di quei raffreddori che mi hanno reso celebre al mondo, esploso potente fra domenica sera e lunedì. Lui invece paga a mio avviso un clima infame e delle temperature che soprattutto quando si palesano all’inizio per la prima volta fanno male un po’ a tutti, e per tutti intendo noi abituati ad inverni meno rigidi.

Di questa settimana il momento di maggior fomento è stato il mercoledì a Woodbridge, ospiti ad un ristorante da un amico del padre di David: il signor Franco di Veroli divenuto rapidamente idolo indiscusso. La cena passerà alla storia così come il cibo che ci siamo ritrovati davanti: cervo per antipasto e fettuccine al fagiano a seguire.

In tutto questo, canzoni italiane accompagnate dalla chitarra del signore calabrese al tavolo e quel misto di Canada italianizzato ma con quella forma bizzarra di una Italia che per noi non esiste più.

Il viaggio di ritorno da questo posto sperduto a nord di Toronto è diventata la classica situazione semi estrema che ci ha spinti al limite del fomento. Fra la neve, il tassinaro pakistano che capiva ma cercava il colpaccio, l’autobus aspettato per 20 minuti (e potevano essere molti di più) che ci ha portati alla metro, le canzoni italiane tirate fuori random e cantate in bello stile, due metro, un tram, la tisana a casa quando era mezzanotte passata, insomma, al netto di tutto questo e degli acciacchi fra anni ne parleremo ancora di questa serata.

Ci aspettano ancora momenti di fomento, indubbiamente, i nuovi tormentoni sono venuti fuori spontaneamente come al solito e ci stanno trascinando, c’è ancora il Crocodile, la partita di basket per cui abbiamo comprato i biglietti giovedì sera, la distilleria, un lungo weekend da vivere con più sole e il mio lunedì off.

Insomma, avanti così, ci riposeremo in un altro momento, anche perché si dorme sempre meno e il trasloco dell’ufficio prosegue serrato e sta creando notevoli e preventivabili problemi.