L’ultima settimana

A cinque giorni dalla mia partenza e dal ritorno definitivo a Roma, so bene che avrebbe senso scrivere un post riepilogativo, una summa di tante cose, uno Zibaldone di sensazioni, un report zeppo di pensieri e annotazioni. L’ho pensato eppure l’idea non mi esalta, non ho il post in canna e non ho quella smania di condividere per forza qualcosa.
Allo stesso tempo, sono diverse le riflessioni che si ripropongono negli ultimi giorni, concetti su cui inciampo spesso, il primo, ovviamente è spiegare le sensazioni alla domanda ascoltata già 200 volte “Are you excited to go home?”
“No, I am not excited” di tornare a casa. Questo è il modo con cui inizia la mia risposta che prosegue subito dopo con una spiegazione.
Non sono excited perché non me ne rendo conto, non sono eccitato e nemmeno felice, semplicemente perché sono concentrato su tutto quello che devo fare.
Lasciare Toronto implica una quantità esagerata di cose da portare a termine prima di una scadenza inderogabile. Il problema è che alle cose lavorative si aggiungono quelle burocratiche, legali, un trasloco intercontinentale, un appartamento da svuotare, oggetti da vendere, vestiti da regalare, contratti da bloccare e altri da disdire.
Una ridda di operazioni, un continuo chiamare e girare, un sacco di “commissioni” come direbbe mia nonna, senza dimenticare che ci sono amici e colleghi da salutare, persone che non ragionano che la loro richiesta di vederci o uscire è la stessa fatta da altre dieci persone nella settimana meno adatta.
Questo però è quello che sta succedendo, e rimanere concentrati è molto più che determinante. Considerando che non esiste margine di errore e ogni cosa deve essere sistemata, non c’è troppo spazio per emozioni e ragionamenti filosofici, ma tempo solo ed esclusivamente per portare tutto a termine.
Non c’è ancora dello stress, non sono esaurito e nemmeno stanchissimo, potrei diventarlo più avanti ma ero pronto a questo finale concitato.
Pensando a tutto questo mi sono reso conto anche di come i tanti impegni si stiano rivelando particolarmente terapeutici. Mi distraggono molto e mi fanno avvertire non oltremodo l’assenza della Ragazza del Venezuela con la quale convivo ormai da due settimane.
Alla sensazione straniante della sua partenza, è venuta in soccorso la mia – di partenza intendo – e in questo calderone finale ho rintracciato anche un aspetto positivo.
Ci vuole un ordine mentale ben chiaro in queste situazioni e fortunatamente io ne ho uno di serie abbastanza affidabile, ma che potrebbe anche fallire in certi passaggi, per cui devo rimanere concentrato. Domenica pomeriggio quando mi ritroverò seduto sul pavimento, con solo le due valigie intorno, capirò che sto andando via ma in modo diverso.
Tornare a Roma, in questo periodo, ti dà l’idea della classica vacanza estiva, inizierò a capire tutto per bene quando non sentirò l’angoscia dei giorni che passano e del fatto che devo tornare. Lì, certamente, capirò che una nuova fase è cominciata.
Ora è tempo di chiudere questa settimana nel modo migliore, per emozioni e riflessioni ci sarà sicuramente l’occasione adatta, ma una cosa la so bene: tornare a casa meglio di così, era semplicemente impossibile.