Un inedito

Un bel post inedito trovato giorni fa in un file incredibilmente nascosto e dimenticato nel computer. Un post di sensazioni, di attesa, tra un volo e un altro, durante lo scalo a Monaco il 13 dicembre 2010. Un post che mi ha scaldato il cuore appena l’ho trovato e riletto, una pagina word salvata alle 19.58 di quel lunedì…

Sono a Monaco, Monaco di Baviera, nel Principato ci sono stato già quattro mesi fa. Sono seduto su dei divanetti tondeggianti, di diversi colori, comodi, spero possano essere confortevoli allo stesso modi anche i sedili dell’aereo, quelli su cui tra un paio di ore mi siederò prima di dirigermi verso l’ultimo sogno che mi è rimasto da esaudire, l’ultimo desiderio di me bambino. Fa freddo a Monaco, tantissimo, a Roma era una bella giornata, qui nevica, spero che non ci siano ritardi e che si possa decollare in orario. Non ho parlato con nessuno, sono agitato, vorrei essere già a domenica 18. Ho fatto un giro in questo aeroporto ultra funzionale e moderno, bello, pulito, una “chiccheria”. Sono passato davanti lo store del Bayern Monaco, e pensare che oggi al posto mio, al posto nostro, ci sarebbero potuti essere loro, e invece no, ci siamo noi, ma soprattutto ci sono io.

Ho mangiato un panino, una rosetta con il salame, anzi “salami” come dicono i tedeschi, la commessa voleva infilarci dentro di tutto ma alla fine ha capito che volevo solo e semplicemente un panino con del salame, stop. Ho preso anche una Radler, pagherei per ubriacarmi e buttarmi sull’aereo stravolto e svegliarmi domattina nell’afa di Abu Dhabi. Sono rientrato per farmi un altro panino, e volevano farmi ripagare la Radler che ancora non avevo finito, meno male che avevo lo scontrino e ho potuto mostrare la mia onestà. Ho avvertito casa, il wi-fi non va ma un sms è stato sufficiente. Sul treno per raggiungere Fiumicino ho ricevuto un po’ di messaggi di incoraggiamento, mi fa ridere sta cosa, sembra che l’Intercontinentale me la stia andando a giocare io in prima persona. Sono ripartito da casa di mia nonna, come a maggio prima di andare a Milano in quell’altra finale e come ad agosto per la Supercoppa, una volta che ho cambiato percorso abbiamo perso. La scaramanzia è tutto, ti attacchi a ogni cosa quando vuoi raggiungere un obiettivo con qualunque cellula del tuo corpo.

Poco fa pensavo che è giusto così, è stato corretto partire da casa di mia nonna perché per anni ha dovuto sopportare questo nipote che giocava con la pallina dentro casa e sognava di vincere la coppa Intercontinentale. Quel momento è arrivato, o meglio, la possibilità stavolta c’è. Tutto ha un senso, un sottile collegamento, e con il destino e la fortuna è bene essere educati e rispettosi.

Fa caldo qua dentro, farà caldissimo quando sarò dall’altra parte, quando atterreremo. Non mi pare vero, sono mesi che ci penso ma ancora non mi sono calato nella situazione, ancora non ho assorbito questa idea: ma cazzo, ma è proprio possibile che stia succedendo tutto ciò? Cioè, è possibile quello che ho detto prima alla signora Cadau incontrandola davanti il cancello, quando mi ha visto con la valigia?. “Vado a vedere l’Inter in finale di coppa Intercontinentale”, questa è stata la mia risposta. Incredibile. Non lo so, ditemi che è tutto vero e che non sono qui a Monaco per qualche strambo motivo. Ditemelo, vi prego, perché se fra un po’ mi sveglio e sto nel letto di casa, sto giro mi incazzo di brutto. Chissà, magari invece fra un po’ mi addormento e mi ritrovo davvero ad Abu Dhabi. Speriamo. Allora, adesso vado al bagno, poi mi avvicino al controllo e poi salgo su. Un po’ di tempo l’ho trascorso, la sosta dello scalo l’ho riempita.

Ora si va, a caccia dell’ultimo tassello, per far felice quel ragazzino che aspetta da un sacco di tempo questo momento e che nel 1996, al gol di Del Piero a Tokyo, si domandava: “Ma noi ci arriveremo mai lì?”. Sì, ci siamo, siamo arrivati lì, 7 ore di volo e ci siamo sul serio.

Divertiti, bambino.

5 anni, 5 giorni, 5 foto

 

Il 16 dicembre non è mai una data qualsiasi per me, soprattutto perché negli ultimi anni è sempre successo qualcosa di importante, bello o emozionante. Insomma, questo 16 dicembre non può assolutamente passare inosservato.

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2008: è il giorno dell’esame di Storia delle Dottrine Politiche. È il mio sestultimo duello, il modulo A l’ho sostenuto a inizio settembre e ho preso un 28 che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca. L’esame è orale e lo facciamo su allo studio della professoressa. Siamo io e Alfredo, in più ci sono Plentiful e PF. In realtà, il corso, l’ho iniziato a seguire proprio perché avevo saputo che PF (ironia della sorte, l’ho vista ieri sotto la metro ancora con Quattrodenari…) era lì. Visto il mio discreto interessamento, decido di cambiare piano di studi e andare a seguire un corso che oltre tutto mi darà 5 cfu senza troppa fatica. Faccio l’esame e porto a casa la lode, il 19esimo voto utile consecutivo e chiudo alla grande il 2008. Uscendo dall’aula faccio anche l’inchino e me ne vado a casa. In serata mi chiama anche Fermata dall’Aeroporto di Trapani per sapere come è andato l’esame. La settimana prima c’era stato un primo riavvicinamento dopo la rottura di ottobre e la cara Fermata prosegue nella sua opera diplomatica ricordandosi miracolosamente del mio impegno universitario. Sono giorni di esaltazione, fra uscite e feste, l’unione del “La Cerchia” si stringe notevolmente, mentre il viaggio a Venezia per capodanno incombe magicamente.

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2009: è Il Giorno dei Giorni. Discuto la tesi triennale in Storia della Gran Bretagna e chiudo definitivamente un periodo molto complicato. Come detto giorni fa, in quei 20 minuti trascorsi nella T25 cambia tutto e inizia l’annus mirabilis. La sera è festa grande anche grazie all’impagabile Francesca che fa miracoli e le celebrazioni diventano davvero strepitose. È forse uno dei momenti più alti de “La Cerchia”, probabilmente anche uno degli ultimi. È un primo punto d’arrivo, una grande soddisfazione, il mattone su cui si fonderà un 2010 indimenticabile.

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2010: sono sul pullman che da Abu Dhabi mi sta portando a Dubai. Sono negli Emirati perché l’Inter è arrivata ad un passo dal coronare il sogno di una vita. Ci stiamo giocando il Mondo nel vero senso della parola e la sera prima abbiamo superato in semifinale i coreani 3-0. Il giovedì mi sposto verso l’incantevole Dubai e mentre sono sull’autostrada che spacca in due il deserto, David mi manda un sms in cui mi ricorda l’anniversario della laurea. Arrivo a Dubai e fa un caldo spaventoso, sto comunque in paradiso. La sera chiamo dal mio residence Gabriele che ha appena discusso la magistrale. Due giorni dopo, torno ad Abu Dhabi e salgo insieme alla squadra sul tetto del Mondo. Che altro devo dire?

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2011: mi divido fra il lavoro all’Ufficio Eventi e la mia tesi magistrale su Hillsborough. Sono completamente dentro la mia ricerca. Nel frattempo mi sono appena ripreso da un’influenza letale che mi ha colto due settimane prima durante l’evento che ho preparato ed allestito per Brignano. È il giorno della laurea di Alfredo, si festeggia insieme e ci si avvicina al Natale allegramente, so che il prossimo ad entrare in quell’aula sarò io e il fomento sale.

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2012: Roma-Viterbo-Roma, per andare a trovare mio padre che domani si opera. Una domenica poco esaltante dopo un sabato sera trascorso all’Olimpico a vivere una partita tutt’altro che divertente e con un finale beffardo, come le ultime settimane, come gli ultimi tempi.

C’è pochissimo, se non niente, di quello che ho vissuto nei precedenti 16 dicembre. È la realtà. Fare avanti e indietro con un ospedale non è il massimo della vita, ma fa parte della vita, non sempre questa data può essere sinonimo di momenti indimenticabili. Ma la domanda su cosa farò, dove sarò e cosa dirò tra 365 giorni esatti è d’obbligo.

Vai con il sondaggione!

Le immagini di un sogno

La scorsa settimana sono andato al negozio Nike di Tor Vergata per comprarmi la maglietta dell’Inter, quando ho chiesto in cassa se avevano lo stemma dei campioni del mondo da attaccarci sopra, la signorina mi ha risposto di no, così ho ripreso la maglia in mano, l’ho portata al suo posto e l’ho posata, salutando e ringraziando. Sono certo che la commessa mi avrà guardato con occhi strani, in balia di qualche interrogativo e spiazzata dal mio atteggiamento. So tutto questo ma lei non sa che io quello stemma l’ho vinto, anzi me lo sono andato a conquistare a 4200 km da casa e per me ha un valore semplicemente unico…

Sono una persona fortunata e lo dico senza mezza termini, lo sono per tanti motivi ma anche perché ho avuto la fortuna in vita mia di realizzare il sogno di quando ero piccolo. Dodici mesi fa ero da qualche ora sbarcato all’Abu Dhabi International Airport al seguito dell’Inter, rincorrendo il desiderio di vedere la mia squadra sul tetto del mondo. È passato già un anno, è volato sicuramente, ma nel cuore rimangono ancora dei momenti unici e ancora troppo nitidi per non parlarne un po’, almeno oggi, a distanza di 365 giorni. Avevo sei anni, la maglia dell’Inter della Fiorucci con il 10 di Dennis Bergkamp e vedevo il Milan giocare la finale di Intercontinentale a Tokyo. Guardavo la tv e mi chiedevo se in vita mia sarei mai riuscito a vedere l’Inter lì, a 90 minuti dalla conquista del mondo. Sono diventato grande, dopo anni di sofferenze ho avuto il privilegio di vivere questo sogno, di poterlo accarezzare e finalmente assaporare dal vivo, in prima linea. Ancora oggi quando ripenso a quel meraviglioso viaggio nel caldo degli Emirati mi sembra impossibile che sia successo tutto ciò, di fondo non mi sono mai risvegliato dal sogno e spesso la mia mente corre a quei momenti e a quelle sensazioni uniche. Ho tante immagini della settimana trascorsa ad Abu Dhabi e nella vicina Dubai, ma ce ne sono alcune in particolare che mi riportano al giorno della finale, a sabato 18 dicembre 2010.

Ero tornato la mattina da Dubai e dopo essermi sistemato e riposato un po’ al Royal Regency Hotel sono andato a fare merenda in un Burger King che distava circa duecento metri dall’albergo. Nel fast food ho incontrato una famiglia di tifosi del International di Porto Alegre con le loro maglie rosse e ricordo ancora il modo cattivo con cui li ho squadrati, guardavo loro e pensavo “Siete venuti qui con il sogno di portarci via sta coppa e invece siete usciti in semifinale, maledetti che non siete altri, la coppa me la vado a giocare io, strozzatevi con gli hamburger”. Ho un rapporto decisamente conflittuale con i brasiliani e questo è dovuto allo shock più grande della mia infanzia: la finale dei Mondiali persa nel 1994 contro il Brasile ai rigori. Per un bambino di 7 anni appassionato di calcio, una sciagura sportiva del genere, può segnargli l’infanzia e a me è successo proprio questo. Da quel momento è un popolo che non adoro troppo e prima di partire per gli Emirati pensavo che ancora una volta dei brasiliani mi avrebbero potuto soffiare un titolo mondiale. Dopo aver ritirato il mio panino alla cassa mi sono seduto in disparte e ho iniziato a ragionare che mancavano 3 ore ormai ad un momento che aspettavo da una vita. In quell’istante mi sono commosso: da solo, dall’altra parte del mondo a caccia di un sogno con la maglia della mia squadra addosso. Quel momento rimarrà per sempre dentro di me per quell’intimità che ho avvertito, un qualcosa di raro che non mi era mai capitato prima. L’altra immagine che ho di quella sera rimane il viaggio in taxi. Sentivo una tensione esagerata e considerando che per 15 minuti non ero riuscito a prendere un taxi perché erano tutti pieni ho cominciato la più lunga sequela di parolacce e insulti della storia dell’universo. Una filastrocca di volgarità terminata solo quando mi sono accomodato dentro il taxi, una sequenza di parole anche esageratamente fuori luogo ma che aveva avuto il fantastico merito di farmi buttare fuori un po’ di ansia. Il viaggio in taxi verso lo Zayed Sport City rimarrà uno dei ricordi più belli sempre. In quei 20 minuti mi è ripassata davanti veramente tutta la mia vita da tifoso, e mentre guardavo dal finestrino le luci del traffico mi è venuto nuovamente da piangere a dimostrazione del vulcano emotivo che avevo ormai dentro. Ho pensato ai miei genitori e a mia nonna, e così ho mandato un sms a mia madre. Alle ore 22.50 ero campione del mondo, avevo realizzato il sogno che avevo da bambino e potevo lasciarmi andare al sapore della gloria, ad un’emozione per così tanto tempo inseguita e che era finalmente lì davanti a me, pronta per essere vissuta.

sogni, inter, intercontinentale, abu dhabi

Ma io sì

Al termine di un’attesa che negli ultimi giorni era diventata anche abbastanza snervante, stamattina sono usciti i risultati dell’esame scritto di Letteratura Inglese, sostenuto il 21 dicembre. Proprio quel giorno, al termine della prova, dissi in maniera più che convinta che avrei preso 27 ed alla fine così è stato. Questo voto mi soddisfa molto, sono contento di essere andato bene e di potermi dedicare direttamente alla parte orale e all’altro grande esame di gennaio. Ventisette non sarà sicuramente il voto più alto del mondo, ma cari i miei lettori ed internauti, deve essere assolutamente contestualizzato. Ho fatto questo esame il giorno dopo essere tornato da Abu Dhabi, dopo un viaggio durato oltre 12 ore, ed un fuso di 3, la notte sono rincasato all’una passata e la mattina dopo una rapida ripassata, sono andato all’università e ho fatto lo scritto. A tutto questo va aggiunto che nella settimana trascorsa all’estero ho aperto il quaderno degli appunti solo una volta, sul pullman mentre andavo da Abu Dhabi a Dubai, detto questo è evidente come il 27 in questione sia un grandissimo risultato. Se avessi studiato come gli altri 77 studenti presenti in aula avrei preso forse 39, ma sono contento così, con un bel 27 in tasca e con la coppa in bacheca che brilla. Scorrendo i risultati solo una ragazza ha preso 30, ci sono stati una decina di 28, soltanto un paio di 29 e poi un buon numero con 27. Ho fatto bene a rischiare, avevo studiato discretamente prima di partire e ho puntato sulle mie conoscenze dell’argomento, ho avuto il coraggio di giocarmela malgrado una preparazione non proprio lineare ed alla fine sono stato ripagato e mi sento ancor più rafforzato. Ci sono ragazzi ed amici che sanno molte più cose di me, che sono fondamentalmente più bravi del sottoscritto, ma che non hanno quella determinazione, quella convinzione e quel coraggio che mi caratterizzano: queste peculiarità mi permettono di essere comunque sempre al loro livello. Il 21 dicembre credo che in pochi avrebbero preso 27, anche perché forse non si sarebbe presentato nessuno, loro no, ma io sì.

“Evvai Matteo Campeon do mundo!”