Parapendio verbale

Ci sono cose che continuo a non capire. Ad esempio non ho mai sciolto una perenne indecisione sul fatto se sia meglio il the alla pesca o quello al limone, non lo so e mai ne verrò a capo. Non mi spiego come sia sensato chiedere soldi alle persone: più c’è la crisi e più un numero infinito di fondazioni e associazioni a fin di bene ti chiedono qualche euro. Meno denari girano e più ne reclamano. Non mi capacito di come ad esempio non si siano mai inventati la bottiglia da un litro e mezzo di Crodino, perché no? Io penso che sarebbe un’ottima idea. Non capisco e mi pare palesemente folle, uno dei tanti contro sensi di questo paese, come sia possibile che nel teatro dell’arte, della storia, della letteratura e della cultura a tutto tondo, gli umanisti, ossia coloro che sono gli esperti dei campi appena citati, stiano di fatto tutti a casa o fare dell’altro. Non capisco chi non comprende il profondo valore di oggi, del 25 aprile e di ciò che svela. La sensazione è che quando anche i nostri nonni saranno passati a miglior vita, perderemo del tutto il valore di questa fondamentale data.

Nel frattempo si avvicina la canonizzazione dei due papi più amati del Novecento, camminando per il centro e tastando il terreno del Vaticano ieri mi sono in parte sentito protagonista. Non tanto perché ho contribuito a raccontare uno dei due prossimi santi ma perché è splendido vivere in un posto che si trasforma in bacino infinito per raccogliere persone, fedeli, pellegrini e preghiere. Credere o meno è un altro discorso, ammirare momenti del genere ha un profondo valore, penso a questa città e rifletto su come diventi centro del mondo, ombelico del pianeta. Per alcuni giorni, tutto il resto sarà veramente insignificante periferia.

Tito Vilanova nel frattempo ci ha lasciati, al destino bisogna arrendersi, al male anche. Non bastano soldi e cure, se il mostro è troppo cattivo gli happy ending rimangono un’amara e futile speranza di carta.

Intanto non andrò a Shanghai, 1000 RMB al mese sono un po’ pochi, bastano per qualche giorno, la Cina rimane lontana e la nuova possibile partenza non si concretizza, almeno, non ora e non verso l’Oriente. I mondiali potrò vederli senza essere uccellato da fusi orari di 12 ore, e in parte, mi pare una notizia da non sottovalutare.

Malgrado tutto i grillini strumentalizzano la Partita del Cuore, Renzi deve abdicare e appendere gli scarpini al chiodo, il Papa chiama Pannella, le patatine della San Carlo by Carlo Cracco fanno schifo ed un altro week end incombe.

Due domande

Negli ultimi due giorni si sono presentate davanti ai miei occhi una serie di situazioni che mi hanno inevitabilmente condotto a pormi delle domande le quali continuano ad oscillare tra il serio ed il faceto.

Martedì sono andato all’Istituto Gramsci, e oltre ad aver capito che tutte le biblioteche storiche le hanno costruite in altezza e su più piani a differenza di quelle letterarie che si estendono in larghezza, ho assistito ad un siparietto clamoroso. Mentre ero sul 170 alla stazione Termini, ad un certo punto un signore romano sulla cinquantina si è avvicinato al conducente per chiedere dell’informazioni sul tragitto e dopo aver ottenuto queste, si è accasciato, ha aperto la  busta e prendendo una paio di calzini si è rivolto all’autista con la seguente frase: “I voj tre para de pedalini a ‘n euro? So’ dde cotone bono!”. L’esclamazione surreale mi ha lasciato spiazzato per due secondo poiché al rifiuto del conducente l’uomo si è rivolto al sottoscritto. A quel punto ho declinato l’offerta giustificando il mio no con il fatto che io sono abituato ad utilizzare calzini di spugna e non di cotone, una risposta onesta che ha soddisfatto il bizzarro venditore. Conclusa la trattativa mi sono domandato in quante capitali europee si possa ancora assistere ad una scena assurda come questa. Temo in nessuna grande città del continente, se non a Roma, in cui tuttora possono avvenire scene che riportano agli anni 60, con personaggi che sembrano essere usciti da un film di Vanzina.

Ieri sera invece, mentre stavo rincasando, mi domandavo come fosse possibile che nel 2012, e sottolineo 2012, esistano ancora delle persone in grado di vantarsi delle proprie performances o conquiste amorose. Per me è già inconcepibile il concetto di “vantarsi” ma mi risulta ancor più complicato da comprendere chi si atteggia e racconta le sue vicende al pari di una vittoria. Resto basito, o meglio, scioccato dalla mancanza di tatto e di buon gusto. Accetto e tollero tutto ma i racconti sulle proprie conquiste infondono nel mio animo una discreta tristezza. Non concepisco chi si vanta di suo, chi espone le donne in bacheca mi irrita oltremodo. Non ho trovato risposta a questo interrogativo, non so perché la gente lo faccia, forse perché c’è ancora qualcuno ancora più idiota pronto ad incensare i successi altrui. A questa mezza risposta ne ho aggiunta un’altra, politicamente scorretta ma altrettanto accettabile. C’è gente così anche perché negli ultimi 17 anni abbiamo visto ogni giorno un uomo che pur essendo padrone del paese continuava a vantarsi di tutto come se il popolo potesse dimenticarsi i suoi averi. Chi si vanta dei propri successi ha sempre una ragione ambigua per farlo, spesso si hanno dei complessi, proprio come colui che ci ha guidato per anni. Sembra paradossale ma è così: Berlusconi è una persona complessata, uno che non si è mai accettato, uno che avrebbe condonato mezzo patrimonio per avere più capelli e 20 cm in più. Uno che si paragona ogni volta a Bernabeu dicendo che lui è il presidente più vincente della storia del calcio, uno che ha fatto mettere sulla maglia della propria squadra “Il club più titolato del mondo”. Chi sottolinea e ricorda le proprie vittorie è volgare nell’animo, chi si vanta di tutto ancor di più, ostentare è pacchiano. Se siamo stati comandati da uno così, e rifletto bene, capisco la presenza di gente qualunque che si vanta del numero di amplessi avuti e delle donne conquistate. Se c’è spazio per i deliri di un Cavaliere, figuriamoci per quelli dei poveracci, no?.

A domanda, rispondo

Cominciamo l’intervista, sei pronto? Sì, schierato e pronto.

Ti piace il Paese in cui vivi? Poco, è meraviglioso ma è gestito male. Credo che l’Italia sia il posto più bello del mondo soprattutto per un turista, un pochino meno per chi ci vive.

Hai subito gli effetti della “crisi” di cui tanto si parla? No, personalmente no. Qualcuno si lamenta, ma io sono scettico di fronte a certe chiacchiere, anche perché andando in giro vedo i supermercati pieni, la gente in vacanza, i locali che traboccano e tanta vita che non confermerebbe questa crisi.

Cosa funziona in Italia? Più o meno tutto ma in maniera mediocre. La qualità non è straordinaria, nonostante ciò, secondo me, ci sono tanti giovani preparati che possono dare molto, il problema rimane quello delle opportunità che non vengono concesse a questi.

Quanto ti piace il tuo lavoro? Se per lavoro intendo l’università direi molto, anzi tantissimo. Gli ultimi 4 anni sono stati di gran lunga i più belli.

Cosa non ti piace troppo? Il fatto che ci si lamenti in continuazione, tutti hanno qualcosa di cui lamentarsi, è un mal costume molto diffuso. Spesso sono parole vuote e ci si lamenta così, tanto per fare scena.

Cambiamo un po’ registro, luogo di nascita? Roma.

Fumi? No, non ho mai provato.

Un colore? Il nero perché è elegante e si abbina praticamente con tutto.

Un auto? Lo dicevo ieri a mio padre, a distanza di quasi 15 anni, continuo a dire che la macchina che mi piace di più è la Coupé della Fiat. Se avessi parecchi soldi mi comprerei credo la Mito.

Con chi vorresti cenare stasera? Con mia nonna, dopo 4 mesi mi farebbe piacere.

Coca cola o Pepsi? La Coca Cola, anche se preferisco la Sprite o il Chinotto Neri.

Numero favorito? 6.

Perché? Sono nato il 6, ho sempre giocato con il 6, a scuola ero il sesto all’appello, abito al sesto piano, mi sono laureato come sesto il giorno della discussione. È il mio numero.

Frase di un film? Tutto il monologo di Al Pacino in Ogni maledetta domenica e quello di William Wallace ai suoi compatrioti in Braveheart prima della battaglia.

Festa preferita? Natale senza dubbio, poi Pasqua e il Giorno del Ringraziamento.

Giorno della settimana? Domenica se ci sono le partite, altrimenti Lunedì.

Programma televisivo? Ho tolto la tv in camera mia da oltre un anno.

Materia meno interessante? Matematica. Continuo a reputarla inutile, noiosa e poco affascinante.

Personaggio? Winston Churchill, uno dei più grandi personaggi del 900.

Religione? Penso di poter essere catalogato come cristiano cattolico anche se non condivido delle cose di questa religione, inoltre non ho fatto nemmeno la cresima e quando vado a messa mi annoio mortalmente. Detto questo, penso di essere un buon cristiano in tutti i sensi e ne sono profondamente convinto.

Quante volte hai fatto l’esame per la patente? Due perché mi bocciarono la prima volta sulla parte teorica, 30 aprile 2005…

Qual è il negozio che sceglieresti per spendere tutti i soldi di una carta di credito? L’Inter Store, Nostalgica, un bel negozio d’abbigliamento ed in libreria.

Qual è la parola o frase che dici più volte? Brivido, decisamente brivido.

Qual è il nome dell’amico che vive più lontano da te parenti esclusi? Credo Simone.

Qual è la persona a cui regaleresti un sogno? A me stesso. Se le cose dovessero andare bene a metà dicembre, allora potrei pure regalarlo a qualcun altro questo sogno.

Cosa farai il prossimo anno? Finirò la magistrale e poi scriverò un’altra tesi, nel frattempo, comincerò a guardarmi intorno un po’ più seriamente.

Ed entro la fine del 2010? Nulla di particolare, sto “lavorando” ed aspettando qualcosa per dicembre, il più è stato fatto ormai e sono contento per come siano andate le cose finora.

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