L’intervista. Con un taglio discutibile.

No, per carità, non c’è nessuna auto celebrazione, figuratevi, anzi. Sì, è per dare più che altro ragione a mia mamma e mia nonna che si oppongono ogni volta alla mia idea di andare dal barbiere. Ecco, voglio riconoscere loro, in questa occasione, l’onore delle armi. Diciamo che la parrucchiera indiana di Dundas Street si è fatta prendere la mano, io volevo tagliarmi i capelli per andare a Gerusalemme, lei ha esagerato,

E vabbé, non sono bello, scusate. Ma il postare questa intervista è una ammissione di colpa e un prendermi le mie responsabilità. Io, onestamente, non mi sarei mai mandato in onda.

Intervista

Ogni tanto capita che io finisca dall’altra parte e quindi, dopo aver intervistato mezza Curia, eccomi nei panni di quello a cui vengono poste delle domande. L’argomento era facile dovevo soltanto parlare di me e della mia esperienza.

Grazie ad Alfredo e Silvia, prendetevi 5 minuti.

 

 

 

IL MILLESIMO POST!

Quando penso al numero 1000, quasi inevitabilmente mi vengono in mente due cose: Garibaldi e la vecchia credenza medioevale che nell’anno mille ci sarebbe stata la fine del mondo. Nel 2000, dieci secoli dopo, temevamo il Millennium Bug, una catastrofe digitale e tecnologica, quindici anni più tardi siamo ancora qui, sani e salvi.

Mille post dicevo, mille post sono davvero tanti. Soprattutto perché quasi mai me la sono cavata con una riga, una citazione o un paio di belle foto, dietro a ciascun post c’è pensiero, voce, ed in particolar modo una combinazione di sensazioni.

Ci sono due modi per contare e quantificare questo blog, quello degli anni, ormai sette e mezzo, e quello attraverso il numero dei post. Quest’ultimo vale tanto perché taglio la quadrupla cifra e lo faccio fondamentalmente in un periodo suggestivo e stimolante.

Per settimane ho pensato a cosa scrivere, ho riflettuto su come rendere un post del genere diverso, originale e celebrativo, avevo una mezza idea, poi a volte le cose capitano, ti sbattono addosso e non devi fare altro che raccoglierle ed utilizzarle.

Per questo, il millesimo post è più breve del solito, perché faccio parlare direttamente il “protagonista”, stavolta, mi pare proprio l’occasione adatta.

Prendetevi la prossima mezz’ora.

Buona visione.

Clicca qui per il video.

 

P.S. Gabrié, Alfré, sapete quanto vi voglio bene e vi giuro che non è dipeso da me, ma da tempi tecnici e dalle varie risoluzioni, dalla ghigliottina della sala montaggio che ho provato invano a combattere. Durante il video, capirete.

Grazie per la comprensione, abbiate pazienza, ma ci tenevo davvero a sottolinearlo.

L’intervista e tutto il resto

A volte benedico l’esistenza del blog perché mi permette di ritrovare frasi o di ripercorrere momenti, altre invece perché aprendo un foglio bianco word posso magari riordinare pensieri e fatti, oggi, ad esempio, alla vigilia del mio ventottesimo compleanno, questo spazio mi serve proprio per ricapitolare la giornata da poco conclusa.

Tutto è nato martedì pomeriggio, quando durante un meeting a un punto sono stato interpellato su una questione relativa al Papa e in maniera limpida e pura ho espresso il mio punto di vista, premettendo che sarebbe stato originale e inusuale, essendo italiano, e ancor di più romano. La frase: “Per voi il Papa è il Papa, mentre per me e i miei concittadini è innanzitutto il vescovo della nostra città” è piaciuta talmente tanto al mio capo che mi ha detto subito: “Domani registriamo un’intervista partendo da questa frase, wonderful”.

E così, dopo aver brindato e festeggiato il suo compleanno al ristorante messicano, mi ha salutato ricordandomi l’impegno il giorno seguente chiedendomi di portare anche la giacca. Ieri però l’intervista è saltata, aspettavamo il nostro cameraman di ritorno da Washington, alcuni ritardi non gli hanno permesso di rientrare in redazione presto e tutto è stato spostato a stamattina.

Camicia nera, giacca grigia, polsini della camicia rigorosamente slacciati alla Mancini (a 28 anni io penso ancora a queste cose, a volte mi vergogno ma lo dico uguale), un tocco di cipria, qualche ripresa per le inquadrature e poi via, via con lo show, con l’intervista, la prima della mia vita dall’altro lato, non da quello di chi fa le domande bensì dalla parte di chi deve rispondere.

È stato tutto molto bello. Veramente. Sono contento della mia performance e degli argomenti trattati. La mia città, l’Italia, la mia famiglia, passando per le mie ambizioni professionali e gli studi. Non è mancato il riferimento alla Roma cristiana e al rapporto dei capitolini con il Papa, insomma, una panoramica di mezz’ora in cui tanti argomenti sono stati snocciolati. Ho visto tante interviste in vita mia e spesso mi sono detto che mi sarebbe piaciuto stare una volta anche dall’altro lato, oggi è successo, una specie di regalo di compleanno anticipato.

Alla fine della chiacchierata, avvenuta in italiano, ma che sarà sottotitolata di modo che anche gli English speakers possano vederla, il mio capo mi ha guardato e ha detto: “Oltre ogni aspettativa, ma dobbiamo fare qualcosa, vieni nel mio ufficio, facciamo il programma in italiano anche, lo fai tu!”. Insomma, mi sono districato bene a quanto pare. Cinque minuti dopo ero nel suo ufficio con il direttore della produzione e programmazione a parlare di pagine in italiano da creare, di blog, di contenuti e della striscia da mandare in onda. Con un’ora mi sono ritrovato quindi dal Marketing e Communications Department, a quello prettamente giornalistico. Alle 14 già ero al tavolo con gli altri redattori per la riunione, prima di andarmene mi avevano già assegnato un’altra scrivania in una diversa area dell’ufficio, perché tecnicamente sono passato con “gli altri”.

Entro venerdì prossimo devo presentare una serie di idee e progetti, pensieri che la scorsa settimana fa avevo già fatto e che avrei svelato prossimamente, alla fine mi sono ritrovato catapultato a dire anche queste mie idee al mio ormai ex-responsabile, parlando di quello che si può fare e di cosa si potrebbe fare, spingendoci un po’ più avanti con le date e i tempi.

A un punto, poco prima di uscire, mi sono chiesto: “Ma l’intervista me l’hanno fatta oggi, stamattina, o è successo ieri?”. È capitato tutto insieme, da una intervista è venuto fuori tutto un altro scenario. Mi fa piacere, ovviamente, certo, essere rimbalzato così è sempre un po’ straniante, anche perché da lunedì è come se dovessi cominciare da zero. È come se facessi il mio primo ingresso in redazione, non proprio come il 13 gennaio, ma quasi. Naturalmente mi porto a casa comunque gli attestati di stima e i complimenti, però dentro di me vivo la situazione con una certezza: che fossi più bravo a fare certe cose piuttosto che altre l’ho sempre saputo, ora forse è venuto a galla, che la lucina rossa della telecamera mi esaltasse era palese, vediamo adesso cosa succederà.

Nelle ultime settimane ho fatto spesso una metafora: è come se giocassi in una squadra, ma pur essendo un attaccante mi fanno giocare a centrocampo e credo che la cosa sia costruttiva fino a un punto, potremmo fare tutti di più e meglio. Ecco, oggi, per la prima volta, mi hanno schierato in attacco, sono entrato, ho fatto due gol e abbiamo vinto la partita. Tutti si sono convinti che forse il mio ruolo sia un altro, ma io so anche un’altra cosa però, ossia che ora qualcuno potrebbe aspettarsi da me pure un gol a partita…

Grazie per gli auguri “italiani”, quelli che tengono fede all’orario del mio paese di nascita ma non a quello del mio paese attuale. Qui è ancora ampiamente 5 marzo ed io devo aspettare qualche ora prima di svoltare a 28.

Buonanotte.