Leggo e scrivo, scrivo e leggo

 

Le due cose che ho fatto maggiormente negli ultimi mesi, oltre a vedere gli ospedali, sono state le seguenti: leggere e scrivere.

Da questa estate, terminato lo stage ad agosto, ho letto tantissimo, uno libro dopo l’altro, alternando romanzi, testi storici, in lingua, di calcio, un po’ di tutto insomma.

Ho cominciato rileggendo non so per quale ragione Tutto per una ragazza di Nick Hornby, successivamente ho voluto finire di leggere i libri del mio autore inglese preferito comprandomi prima Un Ragazzo e successivamente Come diventare buoni. Chiusa la mia trilogia personale di Hornby, ho letto Il Vecchio e il mare di Hemingway, testo che mi ha profondamente deluso. A quel punto mi sono tuffato su un classico, impegnandomi a leggere in lingua inglese un libro che per me ha un valore simbolico notevole e che mi riporta al primo corso di Storia della Gran Bretagna del 2009. Ho preso in biblioteca The road to Wigan Pier di Orwell, grandioso come immaginavo. In seguito sono tornato su un romanzo, L’amore non guasta di Jonathan Coe, cinquantenne scrittore di Birmingham ed autore anche de La Banda dei brocchi. Questo libro l’ho trovato a casa di mia zia, quando sono andato a prendere la Treccani, il titolo e l’autore mi hanno intrigato, l’ho preso e l’ho finito in pochissimo tempo. Infine, nelle ultime due settimane, è stata la volta di un po’ di calcio. Prima ho comprato Gli angeli non vanno mai in fuorigioco di Fabio Caressa e mi è piaciuto davvero tanto, ho apprezzato specialmente i vari espedienti narrativi utilizzati, ed ora, da ieri sera, sto leggendo Il calcio dei ricchi di Mario Sconcerti. Nel frattempo, da circa un mese, ho ordinato in diversi modi un libro che voglio leggere assolutamente anche perché ho avuto modo di parlare con lo scrittore con il quale ci siamo scambiati alcune mail. In questo caso mi sposterò sul tema religioso. Insomma, otto libri in meno di sei mesi, non è poco ma è una tendenza che mi piace e si abbina fantasticamente a quanto sono riuscito a scrivere. In particolare da novembre in poi, la media è di un post ogni due giorni, un ritmo incalzante che lo diventa ancor di più se considero i 2-3 articoli settimanali per il sito, le mail quotidiane, e gli altri scritti per un altro “progetto” a cui sto lavorando. Forse è proprio così, i momenti di disagio e difficili, sono quelli di maggior ispirazione, o comunque sia, di maggior produzione, e questo almeno, è un lato positivo di tutto l’ultimo periodo.

Tutta una serie di cose

Volevo scrivere un post intitolato Stessa storia, stesso posto, stesso bar, ma alla fine questo breve testo è diventato una mail che ho inviato a David ieri pomeriggio. Ho desistito dal mio intento perché non volevo nuovamente scrivere qualcosa dal sapore di “Amarcord”. Per la stessa ragione, stamattina, ho deciso di non scriverne uno sulla serata di ieri, un mini raduno con i compagni delle scuole medie tra una caraffa di Mojito e l’altra in quel di San Lorenzo.

Ero quasi sicuro e mi stavo accingendo a buttare giù due righe sugli effetti terapeutici che emana la vittoria di un derby, ma poi ho pensato che due post consecutivi praticamente con lo stesso tema non erano opportuni.

In tutto ciò, martedì ho sostenuto un colloquio importante. Alla fine ho preferito rinunciare, non è scattata la scintilla che immaginavo. Forse è un’occasione persa, uno di quei treni sui quali devi salire a prescindere, correndo il rischio anche che ti rimanga un lembo della giacca fra le porte mentre si chiudono. Sono andato a sensazioni, a istinto, quel sesto senso che mi ha sempre guidato non facendomi sbagliare sulle cose importanti. Spero e credo che possa essere così anche stavolta.

Non sono ancora pronto a scrivere un post sulle sciagure che si stanno abbattendo sulla mia famiglia in senso allargato. L’ultima notizia della scorsa settimana riguardante mio cugino di 2° grado Luca ancora non mi molla. Se penso a cosa dovrà andare incontro in futuro, posso disperarmi e basta.

In compenso ho iniziato a leggere The road to Wigan Pier di Orwell. Nel 2009 conobbi questo straordinario personaggio durante il corso di Storia della Gran Bretagna. Il professore (colui che poi sarebbe diventato il mio relatore nelle 2 lauree) ebbe la capacità di farmi appassionare a questo nazionalista inglese, dall’impronta socialista che combatté nella Guerra Civile di Spagna per il P.O.U.M. 

Nel titolo The road to Wigan Pier si snoda un sottile gioco di parole, un modo di dire che divenne il mio slogan dell’estate 2009, quella della prima stesura della tesi.

Lunedì ho iniziato a leggerlo in inglese. Una sfida in più che mi intriga.

In conclusione, la questione che mi sono posto in settimana è la differenza sottile ma netta che divide l’accontentarsi dal saper apprezzare ciò che si ha e ciò che si è ottenuto.

Forse a qualcuno, a volte, sfugge.

Cinquanta sfumature di…

Alla fine non ho resistito alla tentazione. Non volevo scrivere questo post per non alimentare la popolarità di questo libro (sarebbe più corretto dire libri dato che si parla di una trilogia) ma poi mi sono piegato all’attualità. Senza dubbio, uno dei tormentoni di questa estate 2012 oltre a Gusttavo Lima e la sua Balada, è stato il libro Cinquanta sfumature di grigio, un romanzo erotico scritto nel 2011 dalla scrittrice inglese E. L. James.

Questo fenomeno letterario è sbarcato in Italia raccogliendo un successo incredibile: tutti ne parlano, tutti lo hanno letto e soprattutto tutti ne sono rimasti affascinati. In Inghilterra è diventato il libro più venduto di sempre, l’intera serie ha già venduto oltre 31 milioni di copie in tutto il mondo e i diritti sono stati venduti in 37 paesi.

Stiamo parlando quindi di un successo planetario, impossibile da sminuire. Un paio di settimane fa ho dato una sbirciatina a questo libro, lo sta leggendo mia madre in prestito da una sua amica che glielo ha vivamente consigliato. Leggendo qualche passaggio, in particolare le parti relative ai momenti erotici, ho capito il motivo per cui non sono attratto da questo filone.

Penso che il sesso sia un argomento che negli ultimi decenni, dagli anni 80 in poi, abbia iniziato ad assumere sempre più un’importanza rilevante, è entrato nelle nostre vite in maniera stabile e non solo come “pratica”. Tv, giornali, pubblicità, canzoni, qualunque cosa oggi punta dritto alla sessualità, con un’insistenza che personalmente non mi intriga. Come tutte le cose, la sovraesposizione rischia di allontanare la gente da ciò che viene pompato in modo esagerato, a me è successo questo negli ultimi anni. Vedere sesso ovunque, osservare continui riferimenti a questa sfera ad ogni livello, è un espediente che mi ha francamente annoiato, non ci trovo più nulla di interessante.

Leggere un libro che racconta di incontri erotici, giochini e pratiche insolite non mi attira minimamente. Arriverà un giorno, forse, in cui anche gli italiani prenderanno le distanze da questo modo pressante di infilare il sesso dappertutto. Dopo decenni di tabù, probabilmente, alcuni non sono ancora sazi e hanno spazio nel loro serbatoio per appassionarsi a questi discorsi.

A me non piace, non diverte e non affascina, sinceramente anche le battute o le barzellette sul sesso non mi hanno mai fatto ridere, non riesco a trovarci quell’aspetto comico e divertente, ma qui entriamo nel mondo privato dei gusti di ciascuno di noi.

Ho sentito parlare di questo libro in continuazione ultimamente, mi sono fermato all’apparenza e a qualche pagine estrapolata qua e là ma questa rapida lettura ha sollevato dentro di me delle riflessioni: questo genere letterario non mi cattura, forse perché la quotidianità calca troppo la mano su certi temi che alla lunga, anziché coinvolgere, spazientiscono le persone, me compreso.

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Marcovaldo

Da tempo volevo leggere Marcovaldo, ovvero Le stagioni in città libro scritto da Italo Calvino: venti novelle, una per ogni stagione in un ciclo di cinque anni, una raccolta di storie pubblicate la prima volta nel 1963. Non so esattamente la ragione di questo mio desiderio, il nome del protagonista in realtà mi ha sempre attirato forse per quel suo essere esotico, da attaccante brasiliano ma avevo anche voglia di leggere qualcosa di rilassante e semplice. Pagina dopo pagina mi sono appassionato alle vicende di questo immaginario Every Man italiano, nato fra le due guerre e testimone oculare di un Paese nel pieno del suo boom economico: fra supermarket pieni di gente e insegne luminose che accendono le vie di una città mai citata ma molto simile alla Torino degli anni Sessanta. Marcovaldo è il ritratto di un’Italia pulita e semplice come il suo animo, è padre di una famiglia numerosa e lavora come uomo di fatica in una ditta la Sbav. Ama la natura, molto meno la vita caotica di città con i suoi ritmi isterici, scruta con attenzione il riaffiorare delle stagioni e sogna il ritorno a uno stato di natura andando incontro inevitabilmente ogni volta ad una delusione. Un senso melanconico caratterizza il libro, dal principio alla fine; malgrado tutto Marcovaldo incarna l’ottimista, non si arrende mai ed è sempre pronto a ricominciare. L’atteggiamento che contraddistingue il protagonista è quello dell’ostinazione e della non-rassegnazione. Può sembrare un libro per bambini o per ragazzi ma in realtà Calvino si rivolge anche ai grandi, snocciolando i temi della vita contemporanea trattandoli con spirito pungente, sena indulgenze retoriche e con un invito costante alla riflessione. 

 

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