La messa è finita, andate in pace

Un mio carissimo amico mi taccia spesso di essere una persona troppo onesta. Un aspetto che per quanto possa essere un meraviglioso pregio, a volte, e nemmeno così raramente, può trasformarsi in un difetto. Non so quanto ci sia di vero in tutto questo, nel senso che non capisco quanto io sia effettivamente onesto, penso in realtà di essere semplicemente una persona che rispetta, che rispetta a prescindere.

Non bado a chi ho davanti, non mi curo di uno status sociale o di una divisa indossata, io rispetto l’altro per un discorso di principio, rispetto in qualità di essere umano un altro essere umano. A mio avviso è tutto molto semplice e normale, così scontato che alla fine mi infastidisco esageratamente quando vedo mancanze di rispetto plateali, anche a persone oltre il sottoscritto.

Non mi piace essere preso in giro, perché la considero una mancanza di rispetto, e qui torniamo al punto precedente e seguendo involontariamente qualche principio biblico o che ne so, evito di fare agli altri ciò che non vorrei venisse fatto a me.

Non mi piace issarmi su nessun piedistallo, non mi interessa, eppure più passa il tempo e più vedo cose che mi fanno ribrezzo. Adulti che si comportano come bambini, uffici che sembrano scuole elementari, litigi per caramelle, rapporti fra persone indubbiamente malsani, gente che sfrutta altre persone, insomma tutta quella spazzatura emotiva e comportamentale che esiste da sempre e non finirà mai. Eppure dal mio personale punto di vista, a volte non mi capacito di certe dinamiche, mi fermo sempre al passo precedente e mi chiedo come sia possibile fare alcune cose, pensare certe azioni. Non ragiono da puritano e nemmeno da umano fatto di cristallo e fino a ieri raggomitolato in una vasca piena di ovatta, no, per niente proprio, è solo che a volte mi domando come ci si possa comportare in un determinato modo. Solitamente, non trovo risposte.

Non le trovo come quando rifletto sui rapporti, tendenzialmente sentimentali, fra persone. L’egoismo della gente, l’approfittarsi dell’altro, il trarre un vantaggio sempre e comunque. Il riconoscere certe cose ma allo stesso tempo fregarsene. Bello. Davvero.

Non sono una mosca bianca e nemmeno voglio esserlo, ma non sono disposto a barattare certe cose, come appunto l’educazione, il rispetto e l’onore di una persona. Esistono valori che rimangono senza prezzo, che non puoi scambiare e nemmeno trattare, non è merce, non sono prodotti che trovi sul bancone del mercato rionale. È più forte di me quindi, perché non mi arrendo nel supportare una questione di principio o nell’esprimere le mie opinioni. Non mi riesce di barattare la dignità con i soldi, non voglio minimamente essere schiavo dell’idea di persona integerrima, no, assolutamente no, voglio soltanto essere libero di essere me stesso. Di non vergognarmi, di dire ciò che penso. E se altri fanno diversamente? Problemi loro diceva un mio amico di Setubal, non problema mio, fin quando, ovviamente, la cosa non mi tocca direttamente.

Sì perché va bene il perdono, la misericordia, e quello che volete, ma l’onestà implica anche il rispetto e se viene meno, o se mi pesti i piedi, non rimarrò fermo ad attendere un’altra mossa. Per rispetto appunto, verso me stesso. Credo che questo sia il punto principale, una delle grandi falle di oggi, mancarsi di rispetto, pensare di trarre dei vantaggi effimeri per se stessi quando poi, naturalmente, in mano non ti rimane nulla.

Non riesco a svendermi, me o le mie idee, è un principio che reputo quasi anticostituzionale nella mia mente. Non si può proprio, così come non si può mai pensare di non rischiare. La vita è fatta di coraggio, di scelte e di rinunce, e prendere una strada implica sempre perdere un qualcosa d’altro, ma sembra che ormai tutti non siano più in grado. Mi annoio facilmente io, mi annoiano mortalmente gli indecisi, i paurosi e quelli che vogliono tutto e non sono in grado di rinunciare a dell’altro.

Mi sarei potuto divertire di più sostiene qualcuno, anche quel mio caro amico citato inizialmente. Forse sì, è vero, ma non ho scelto di essere qualcosa un giorno, lo sono diventato o forse lo sono sempre stato. Oggi però, non voglio essere altro, soprattutto quando faccio paragoni e vedo situazioni o rapporti. Potevo divertirmi, l’ho fatto comunque, magari in modi diversi, magari senza follie, o forse sì, non lo so. Ma ho scelto di aver rispetto, per me e per gli altri, anche perché è davvero impossibile rispettare gli altri se non ci si rispetta in prima persona.

È andata così e quindi non ti tengo solo per riempire un buco o colmare un vuoto emotivo, no, non ti scelgo perché non avevo opzioni alternative, perché tutto questo negli anni mi ha dato in fondo un dono prezioso, saper ad esempio stare per conto mio e basarmi su me stesso, confidare in me.

E quindi, perché meglio poco che niente? Perché? No. No, cazzo. E spero di non cambiare mai idea su questo, perché deve avere valore quello che si sceglie altrimenti che senso avrebbe?

Di conseguenza rigetto l’idea “Va bene tutto”, proprio per niente. Ho sempre selezionato e continuerò a farlo e più vado avanti e più so che questo modo di fare, attraverso la cura, il tempo e la pazienza, ha portato dei frutti.

Sostanzialmente cosa siamo? Noi siamo ciò che facciamo, il modo in cui agiamo e le persone di cui ci circondiamo, queste tre cose ci definiscono, c’è poco da fare. L’ultima ad esempio ha un valore grande che molti tendono a non considerare. Sì, perché come diceva sempre quel mio caro amico, anni fa, nell’autunno del 2008, anche se vali potenzialmente 10 euro ma ti circondi di gente che vale 20 centesimi, alla fine, per forza di cose, finirai per valere anche tu allo stesso modo. Una verità sacrosanta. Con più anni alle spalle rimango dell’idea che i bambini debbano stare con i bambini, i ragazzi con i ragazzi e gli adulti con gli adulti. Una ragazza e un adulto non vanno bene, per troppe motivi, almeno al 90% così sarà e a me, ad esempio, stare con i più piccoli non è mai piaciuto, fin da quando dovevo andare al maledetto Baby club nei villaggi turistici.

Continuerò ad essere magari fatto con l’”accetta,” un basco mancato, un testardo e uno dai principi ormai andati, ma di sicuro, anche uno vero. Ma meglio così alla fine, a me l’omologazione ha sempre fatto schifo, e quella emotiva e comportamentale degli ultimi anni ancora di più.

La messa è finita, andate in pace.

Amen.

Quello e nient’altro

Parlando con Donna Ilaria, giorni fa, siamo finiti a ragionare sul lavoro, sulle prospettive, su quello che sarà o potrebbe essere soprattutto nel suo caso. Le ho chiesto quali sono le sue aspirazioni, cosa pensa del dottorato, quali strade potrebbe aprirle e quant’altro. La conversazione ha successivamente virato su temi più generici, fin quando lei, partendo da una frase finale, ha chiuso dicendo: “È un po’ come se a te chiedessero perché vuoi fare il giornalista”.

La mia risposta, fra il serio e il faceto è stata semplicemente: “Perché è l’unica cosa che posso fare decentemente”, una considerazione che per quanto scherzosa è in verità anche abbastanza realistica.

Sì perché io sono fermamente convinto che questo sia il mio mestiere, ne ero certo prima, quando studiavo o quando ero un bambino, figuriamoci dopo che ho iniziato a farlo veramente. Di tutte le persone che conosco da quando ero piccolo, sono ovviamente l’unico che è riuscito a fare ciò che desiderava quando aveva 7, 13, 19, o 24 anni. Un fatto che non mi stupisce, o meglio non mi stupisce che io stia facendo questo, mi sorprende che magari nessun altro sia riuscito a dare seguito a certe aspirazioni o semplicemente sogni.

Anche in momenti oggettivamente complicati, quando le porte chiuse in faccia non sia contavano più sulle dita delle mani, e nemmeno dei piedi, in fondo sapevo che in qualche modo avrei fatto questo.

Ecco, io credo che esistano dei percorsi, non del destino, ma proprio delle strade che si vanno a percorrere e sai in fondo che percorrerai. Però un conto è convincersi solo per il gusto di farlo o credere che andrà così, altro discorso è quando tu hai la percezione e la convinzione netta che tanto farai quello, lo farai perché non potresti fare altro, perché nell’ordine delle cose tu sei quello e quello è ciò che devi fare. L’ho sempre vista così, e quindi io sto esattamente facendo quello che dovevo, non c’erano altre storie e nemmeno alternative e lo dico ancora oggi che posso essere più convinto vista la mia posizione, ma lo direi anche se domani finisse il mio contratto.

Può sembrare un ragionamento privo di argomentazioni ma la realtà è che ci sono cose che nella vita senti, non voglio dire scritte ma in qualche modo stabilite e sai che andranno in quel modo.

Provavo a spiegarlo a Donna Ilaria, ma non so se sono stato in grado di far passare il mio messaggio o quello che intendevo.

Questo discorso secondo me vale anche per i rapporti personali, quelli relazionali – sentimentali. Non sta scritto da nessuna parte che le cose debbano andare per tutti allo stesso modo e secondo me c’è chi è destinato ad alcune dinamiche piuttosto che altre. Si capisce chi starà da solo, chi invece si sposerà presto, chi avrà tutto apparecchiato e anche chi si separerà presto. Non penso si debba essere indovini, ma a un punto, a un momento della nostra parabola, alcune cose iniziano ad essere abbastanza chiare. La vita sa sorprendere, certo, ma spesso è anche facile da prevedere agganciandosi ad alcune evoluzioni.

Io galleggio in quella zona d’ombra, quella a cui gli altri non credono, quelli che mi annoiano con le frasi fatte, io sto là e in fondo, forse mi piace proprio così, o magari mi ci sono abituato e quindi mi piace, o me la faccio piacere. Conosco altre persone che si aggirano per quei posti, così come conosco quelli che si sapeva che avrebbero esattamente fatto certi passaggi.

Appunto, come un determinato mestiere, ci sono cose che in fondo sai, senti e capisci. C’è poco altro da dire.

La gnoseologia dello stare da soli (Ammazza che titolo oh…)

Si percepisce piuttosto chiaramente il disorientamento di mia nonna (non quella del frasario) quando mi fa delle domande private su ipotetiche relazioni sentimentali che mi riguardano e ottiene risposte non di suo gradimento. Succede, non spessissimo, ma capita. Pochi giorni fa ad esempio, ha provato a indagare e per l’ennesima volta ho dovuto sparecchiarle la tavola con una serie di ragionamenti. Che le nipoti più piccole siano fidanzate mentre il maschio non abbia questo punto sul curriculum è un aspetto che non le torna, o meglio, non se lo spiega ancora.

In sintesi, nelle tante risposte che le ho fornito nell’ultima chiacchierata il punto centrale era uno solo: non voglio rotture, fastidi, problemi, incazzature, polemiche, obblighi e doveri. Certo, in un rapporto non c’è solo questo, anzi, la parte maggiore è quella positiva e bella, ma inevitabilmente c’è anche tutto ciò che ho elencato precedentemente. In aggiunta va sottolineato un fattore che forse è l’aspetto principale: l’abitudine a stare da solo. Sono sempre stato un solitario e questo non significa non avere amici o una vita sociale, no, assolutamente, è solo che fin da una tenerissima età mi sono innamorato dei miei spazi, della mia libertà, del fare fondamentalmente come mi pare.

Solamente 3 anni su 27 non li ho passati da solo, e fino a 23 non mi era mai capitato di dover pensare anche a qualcun altro in certi modi, è chiaro quindi come per me, per forza di cose, sia più normale ormai l’idea di essere solo e di non avere alcun problema in questa veste. Agli altri potrà sembrare triste e desueto ma a me non fa alcun effetto. Certamente questo status è influenzato da un tasso notevole di egoismo, ma quando sei abituato a pensare solo per te le cose si fondono e non capisci più dove comincia la libertà propria e comincia l’egoismo stesso.

Più cresco e più divento geloso di alcuni spazi, di certe abitudini e alcuni passaggi. Negli ultimi dieci anni ho saltato 9 partite su 532 partite dell’Inter (ho fatto un conto, ci ho perso un sacco di tempo e a breve scriverò un post a riguardo) e mi terrorizza pensare che domenica magari potrei essere a pranzo da mia suocera, oppure a un rinfresco di un cazzo di cugino della mia ipotetica compagna alle 16, quando in contemporanea c’è un appassionante Cesena – Inter. Quel giorno, temo, e sottolineo temo, magari arriverà e io mi auguro di avere la forza e la decenza di non rotolarmi per terra o fingere malesseri poco prima dell’appuntamento.

Essere solo però ha anche un sacco di vantaggi e ti concede mille libertà: uscire quando e quanto vuoi, non dover avvertire nessuno, accendere il telefono quando ti pare, non dover cancellare foto o messaggi pericolosi per litigate, decidere di partire per un viaggio senza preavviso, comprare i biglietti per qualcosa un secondo dopo che ti è venuta in mente l’idea, accettare eventuali proposte lavorative altrove con maggior spensieratezza. Insomma, è tutto molto più easy, senza filtri. Non devi confrontarti e nemmeno chiedere “autorizzazioni”. Tutti questi aspetti hanno secondo me un valore incalcolabile e poi mi pare opportuno trovare anche degli aspetti positivi a certe condizioni.

Mi giro intorno e vedo amici sposati e con figli, chi convive, chi lo farà a breve, chi si è lasciato e rifidanzato. Ecco, spesso io vorrei capire dove è stato il momento in cui io mi sono sganciato dal gruppone. Evidentemente eravamo partiti tutti assieme, poi ci siamo fermati a un autogrill, io ho preso un “Apollo”, un Gatorade al limone e la Gazzetta, mi sono seduto fuori a leggere il giornale dopo essere andato al bagno e mentre gli altri ripartivano io sono rimasto lì, assorto, sereno e beato. Forse ho anche detto a voce alta: “Andate, andate…”. Deve essere andata più o meno così.

Per quanto la vita sia fatta di sorprese e imprevisti, sotto questo aspetto a me è sempre andata come pensavo e non mi stupisce affatto il risultato attuale. Mi diverte quando con il mio compare ciociaro organizziamo viaggi futuri, certi che non avremo impedimenti relazionali. Fra ironia e leggerezza, ci siamo messi l’anima in pace, ci siamo dimessi da certi ruoli. Non a tutti gira allo stesso modo, il punto è che non ho alcuna intenzione di farla andare diversamente e lo dico senza dubbi. Mia nonna non se ne capacita, sua figlia, al secolo anche mia madre, all’ultimo matrimonio di settembre a cui abbiamo assistito sosteneva (per la prima volta) che lei il privilegio di accompagnare il figlio all’altare non lo avrà.

Altre generazioni, altra capacità d’intuire come si sta srotolando davvero la storia…

 

Tweet del giorno

‏Mi dicono che sono pazzo perché spesso parlo da solo, ma a me non importa. Alla mia fidanzata immaginaria piaccio così.

(Frankenstyle)