Sette anni dopo…io sono ancora qua

Sette anni fa non pensavo a come sarebbe stato questo blog nel 2014, non credevo nemmeno che durasse così tanto tempo, iniziai un sabato sera per gioco, con il gusto di cimentarmi in qualcosa di nuovo, non per seguire le tendenze ma più che altro per sperimentare le mie abilità informatiche da autodidatta. È passato veramente tanto tempo da quella sera e dopo 84 mesi è arrivato il momento di celebrare quest’altro anniversario, 7 anni di vita e quasi mille post.

A quei tempi c’era già Facebook ma la community di Zuckerberg non era ancora così nutrita, Twitter era stato inventato da un anno e aveva pochissimi iscritti, MSN recitava ancora un ruolo importante nelle chat al posto di Whatsapp. Sembra passata un’era ma poi scorri la pagina dell’organigramma dell’Inter e vedi che alla voce allenatore c’è sempre Roberto Mancini e qualcosa ti riporta indietro a quei tempi lontani, forse un pizzico meno distanti.

Un mese fa, in funzione di questa ricorrenza, ho riportato volutamente il blog alla sua veste iniziale come colori e header, è evidente però come sia cambiata l’anima di queste pagine, è palese come si sia evoluta per temi e profondità.

Raramente rileggo post passati, ma quando mi capita e magari faccio dei salti fra anni diversi, mi stupisce la chiara differenza nello scrivere, il modo diverso, la capacità di esprimere meglio pensieri e idee. Sperimentando alla lunga si migliora, al di là del quanto, è importante vedere dei progressi e credo che sotto questo aspetto lo sviluppo sia lampante. Ci vuole pazienza e disciplina nel tenere qualcosa vivo, spesso è sufficiente la passione, la scrittura per quanto mi riguarda contiene questi tre ingredienti. Inevitabilmente tutto ciò ha reso più facile il percorso del blog, il suo essere acceso e aggiornato, valvola di sfogo e specchio. Tralasciando il piacere della scrittura e il gusto di sentirsi liberi di appuntare su un foglio word qualcosa, indubbiamente l’abitudine ad esprimermi in questo modo è stata una chiave di introspezione e per certi versi di conoscenza personale.

Fra filtri e censure dovute, sono riuscito comunque a puntellare questi anni con ricordi, emozioni e racconti, e solamente dopo tanto tempo, dopo anni, capisci il valore di un blog. Rileggendo qualcosa, ritrovando dei punti di riferimento, riavvolgendo il nastro, hai sempre il modo per ricollegare tutti i passaggi, non corri il rischio di cancellare nulla e hai la possibilità di attingere a dettagli, puoi ripercorre momenti indelebili.

Se devo augurarmi qualcosa desidero che il blog continui a mantenere una sua anima spensierata, fra riflessioni nostalgiche e accenni di entusiasmo, goliardia e pause sceniche. Spero che sia ancora luogo di incontro e punto di riferimento, anche per pochi, ma soprattutto che trovi sempre la forza di rimanere in piedi.

Sette anni dopo, nonostante tutto, ci siamo.

 

Col cuore che batte più forte

la vita che va e non va,

al diavolo non si vende, si regala!

Con l’anima che si pente metà e metà,

con l’aria, col sole,

con la rabbia nel cuore, con l’odio, l’amore,

in quattro parole…

io sono ancora qua!

Che sera, quella sera

Che sera, quella sera. Sì la sera prima, quella della grande vigilia, di una delle vigilie più emozionanti che io ricordi. Sono passati già due anni da quel 28 febbraio 2012, dalla sera prima della laurea magistrale, dal famoso ultimo tango a Tor Vergata. Due anni pieni di tante cose, di grandi esperienze, di luoghi nuovi e volti sconosciuti, due anni in cui il cordone ombelicale non si è mai tagliato del tutto semplicemente perché al cuor non si comanda, 24 mesi da “esiliato” e lontano da quella che è diventata in 5 anni e mezzo veramente una seconda casa.

Che sera quella lì, ricordo il pomeriggio passato in palestra, lontano da tutto e tutti. Mentre diverse persone insistevano nel dirmi di scrivere un discorso, di ripetere dei concetti, io rispondevo che non ne avevo bisogno, sapevo tutto, perfettamente, come era ovvio che fosse dopo aver passato sei mesi su quella tesi. In palestra me la presi più comoda del solito, isolandomi, assaporando quelle ore prima di essere protagonista, prima di vivere l’ultima ventata, potente e micidiale. Tornai a casa, un paio di chiamate, due sms per spiegare la strada verso la facoltà a qualcuno e poi preparai il tutto: tesi, vestito, accessori, senza tralasciare dettagli e scaramanzie.

Ricordo l’arrivo di mia nonna a casa e lo stomaco chiuso, ricordo di non aver cenato e di aver mangiato un panino con il salame verso le dieci. Poco prima avevo ricevuto due messaggi su Facebook, uno dalla Cina e uno da molto più vicino. Il primo mi emozionò, scatenò in me quel desiderio di avere al mio fianco una persona tanto importante quanto fisicamente lontana, l’altro messaggio era una vera e propria mail, profonda, commovente. Una di quelle cose che ti fanno scoppiare, quelle righe che un po’ tutti vorrebbero poter leggere un giorno. Mentre le ore scorrevano, mi resi conto di quanto il secondo messaggio mi avesse alleggerito, scaricato, sbloccato. Meravigliosamente.

Ho sempre amato le vigilie e la penso esattamente come Leopardi in uno dei suoi capolavori “La sera del dì di festa” struggente e perfetta. La magia dell’attesa e la sua bellezza, quel potere magnetico che spesso supera addirittura l’evento tanto agognato. È così, spesso mi è capitato questo, solo la sera del 22 maggio 2010 mi resi conto che l’evento aveva superato di gran lunga ogni mia ipotesi e idea.

Non presi sonno immediatamente e allora ripassai un paio di date, per fare scena, guardavo ma non vedevo e poi, seduto sul bordo del letto, iniziai a pregare. Non so a chi fosse rivolta quella preghiera, di certo non era una richiesta di aiuto, non l’ho mai fatto, in realtà mi rivolsi forse a Dio per ringraziarlo per tutto quello che avevo vissuto, per le emozioni e i brividi raccolti a piene mani in quel lungo percorso cominciato all’alba del 2 ottobre 2006.

Puntai la sveglia pur sapendo che l’avrei anticipata, mi girai nel letto centomila volte e poi mi addormentai, il grande giorno era già iniziato e la vigilia l’avevo voluta vivere tutta, prima dell’ultimo giro, prima del 29 febbraio.

Che sera, quella sera.

“La tua forza è il tuo cuore e quello non te lo ha dato nessun posto, quello viaggia con te. Sempre.”

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A testa alta, da sei anni

Sei anni. Oh sei anni non sono mica pochi! E’ quella eta’ che segna uno sbarramento fondamentale per qualunque persona: finisce l’asilo e si inizia ad andare a scuola. Basta giochi, arrivano i compiti. I primi impegni, un assaggio di vita.
Me lo ricordo il giorno in cui ho compiuto sei anni. Era sabato 6 marzo 1993, il compleanno pero’ lo festeggiammo l’indomani, di domenica. A un punto mi allontanai, sintonizzai Raitre e iniziai a vedere l’Inter con “Quelli che il calcio”. Pareggiamo a Bergamo 1-1, mi chiamarono per la torta ma infastidito risposi che tanto non potevo mangiarla e poi c’era l’Inter. Il mio compleanno non mi sembrava un valido motivo per non seguire la “Banda di Bagnoli”, una cosa che poi si e’ ripetuta negli anni a venire: 2005 (i miei 18 anni) e nel 2011.
Sei anni si diceva. Sei anni che hanno segnato un passaggio notevole, sei anni vissuti nella decade dei venti. Attraverso l’universita’, i viaggi, i brividi, le prime esperienze lavorative e quelle all’estero. Caro blog hai raccontato tanto, quasi tutto.
Vieni da un anno controverso ma ricco e intenso. Sei stato censurato, ti ho censurato, ti ho reso privato, non ho scritto per la prima volta per un lungo periodo (un mese) hai in compenso fatto il pieno di visite e commenti. Mai come in questi ultimi dodici mesi. Sei diventato piu’ multimediale, piu’ social, filotwitteriano, piu’ colorato, e fra due giorni cambierai completamente pelle. Infatti Virgilio ha deciso che tutti i blog traslocheranno su Worpress, una nuova casa, un compleanno che preannuncia un cambio epocale.
Hai detto tutto quello che potevi caro blog, forse anche di piu’, a volte invece di meno. Ma non ti vergogni e non devi nascondere nulla, questa e’ la cosa che ha piu’ valore. Rispecchi il sottoscritto ed e’ giusto cosi, e’ corretto e coerente che ci sia questa sinergia.
Continuo a pensare che non sei male, anzi, hai il tuo fascino. Piu’ invecchi e piu’ migliori e non perche’ sei un vino, ma perche’ continui a essere vivo, a raccogliere storie, a conservare pezzi di vita. Stupidi, banali, intensi, belli, insomma sei un recipiente di tutto rispetto. Una banca dati che con il trascorrere del tempo assume sempre piu’ valore.
Sei anni di storia, sei anni come un vero diario on-line, presente e puntuale, alla faccia di Facebook e di chi aggiorna il resto del mondo in maniera sgrammaticata, confusa e senza costanza.
Ci sei, sei qui e vai avanti in questo modo. Anche quando dicono che sei un “cazzo di blog”, anche quando ti controllano, anche quando ti usano.

L’importante e’ esserci, sempre.

A testa alta, da sei anni.