Quasi tutto uguale. Quasi.

Dopo la Pasqua uguale al 2012, per dare un ulteriore tocco di nostalgia o quello che è, ieri la macchina del tempo mi ha riportato indietro nuovamente, sempre a due anni fa, in maniera però incredibile. Ancora una volta un matrimonio in Umbria, ancora una volta una cugina, ma soprattutto stessa chiesa, stesso orario e stesso ristorante. La sensazione: “Ma a me questa situazione pare familiare…” è stata più forte che mai. Tutto uguale, troppo uguale per non sentirsi catapultati a ritroso di un paio di anni. Anche il periodo, in fondo, corrispondeva: ultima domenica di agosto nel 2012, prima di settembre stavolta, per spezzare questa sovrapposizione ho deciso di vestirmi in maniera del tutto diversa e alle 20:45 non sono sparito con SkyGo per vedere la partita visto che il campionato (fortunatamente) era fermo.

La tentazione di fare paragoni, parallelismi e cose del genere era troppo forte, forse inevitabile, ma proprio perché la trappola era così bene in vista mi sono concentrato su altro. Mi sono goduto la cerimonia e mi sono messo l’anima in pace: ho mangiato, bevuto, parlato un po’ con tutti, mi sono fatto due risate e la serata è trascorsa beatamente. Due anni fa il rientro a Roma avvenne subito dopo le celebrazioni, tornammo a notte fonda, il giorno dopo mi si chiusero definitivamente le orecchie e passai tre giorni terribili, fra labirintite, giramenti di testa e una sensazione di fastidio mai vissuta prima. Questo anno almeno non ho problemi del genere, il futuro è nebuloso come in quei giorni, certo, a quei tempi avevo in compenso un paio di punti fermi importanti, oggi non è così. Due anni fa mi aspettava un settembre con il doppio viaggio insieme a mio padre, prima Parigi e poi Budapest, stavolta invece sono rientrato da poco e fra 20 giorni mi attende la Bulgaria con David. Aspetti che ritornano, momenti che si sovrappongono, fatalità che sbucano dal nulla come Radio Onda Libera che stamattina ha trasmesso all’improvviso “Ma che discorsi” di Daniele Silvestri, canzone di quei giorni.

Due anni fa, poche ore prima di quel matrimonio, vidi per l’ultima volta mio cugino camminare. Quaranta giorni dopo, mentre vedevo Neftchi Baku-Inter, mia madre mi disse che aveva avuto un incidente a lavoro ed era grave. Ieri ero vicino a lui, io su una sedia e lui su una sedia a rotelle.

A volte la vita è anche sta merda qua.

Un Ferragosto tradizionale

Seppur al termine di questa festività e quasi in ritardo, buon ferragosto a tutti. Dopo diversi anni, anche per me, il 15 di agosto ha ripreso dei tratti piuttosto caratteristici, ossia il pranzo al ristorante magari fuori città. Stamattina intorno alle 10 mio zio Aldo mi ha prelevato a casa e ci siamo diretti in Umbria, a Spoleto, paese a 25 km da Foligno luogo d’origine di mia nonna. Qui ci siamo ricongiunti con i miei genitori che erano partiti già ieri pomeriggio e con il resto della famiglia. Pranzo nel centro storico del paese dove all’improvviso ho incontrato un nutrito gruppi di amici dell’università i quali erano nell’entroterra umbro a mia insaputa. Saluti e auguri, poi ci siamo diretti verso i rispettivi ristoranti. Antipasto, tagliatelle al sugo d’oca, salsicce e patate al forno, caffè e amaro, in poche parole un classico pranzo all’italiana, casareccio e di buon gusto che ci ha permesso di alzarci alle 15 passate più che soddisfatti. Dopo una breve passeggiata per il centro storico di Spoleto siamo ripartiti con destinazione Foligno per un rapido saluto ai tanti parenti sparsi che vivono là. Alle 17.30 io e mio zio siamo risaliti in macchina per il viaggio inverso con un obiettivo in testa: evitare al casello la corsia con il pagamento automatico (come all’andata), quello dove non c’è il casellante, quello in cui succede sempre qualcosa e si crea il caos puntualmente. Giunti alla barriera di Roma Nord dove una bella coda ci attendeva, siamo riusciti a pescare la tabella con la manetta (come dice mio zio) sopra, ossia il casello con tanto di personale. Quando un signore di mezza età ha tentato la furbata di cambiare corsia all’ultimo, adducendo motivi sconnessi e ci è passato davanti, abbiamo deciso di seguirlo appena imboccata l’autostrada. Mio zio ha scommesso che sarebbe uscito al nostro svincolo convinto che l’atteggiamento da “busciardo paraculo” potesse appartenere solo a gente proveniente da Roma sud-est. Dopo diversi km il signorotto di mezza età ribattezzato Sorce, con la sua Y bianca proseguiva sulla nostra stessa strada ma ha girato all’uscita 14 lasciandoci un po’ di amaro in bocca e facendoci perdere la nostra virtuale scommessa. Alle 19.30 eravamo a casa al termine di un ferragosto tipicamente all’italiana, domani si torna a studiare e si viaggia veloci e convinti verso la prima scadenza, sabato 20 quando il primo libro dovrà essere a tutti i costi terminato.