La pazienza, il tempo e la pervicacia

“La pazienza è potere, con il tempo il gelso tramuta in seta.” Ho chiuso in questo modo la mail di risposta ieri sera ad Alfredo. Una citazione che lessi anni fa e che va al di là del più banale “La calma è la virtù dei forti”, in sostanza è vera, ma soprattutto, come ogni frase, bisogna saperla interpretare. Personalmente mi ci rispecchio molto, non tanto per la pazienza che è sempre stata mia fedele compagna, ma perché è il concetto di tempo nel quale mi ritrovo del tutto.

Da anni è una costante della mia vita, ho aspettato di continuo: momenti, persone, opportunità, una tesi, insomma, per forza di cose ho dovuto sviluppare questo senso di attesa, ma poi, onestamente, quando tutto è arrivato ho sempre ammesso che ne era valsa la pena attendere. Settimane fa ho scritto proprio che tutto arriva per chi sa aspettare, una frase bella più che veritiera, una di quelle in cui ci piacerebbe tanto credere e che non vediamo l’ora di poter scrivere con cognizione di causa. In parte è vera, non è tutto però, nel senso che dietro alla pazienza deve esserci una qualità ancora più grande: l’ostinazione, la pervicacia.

Quest’ultimo termine lo scoprii nel giugno del 2006, quando il nostro professore di storia e filosofia ci consegnò una lettera a testa, l’ultimo giorno di scuola prima della maturità. Per ciascuno c’era un pensiero riassuntivo dell’anno e una dedica, nel mio, probabilmente, il più bello e incoraggiante:

“A te caro Matteo voglio fare i miei complimenti per la pervicacia e l’interesse con cui ti sei impegnato, perché hai accettato, forse l’unico, di provare a misurarti con il metodo di lavoro che io proponevo, hai accettato il rischio e non ti sei chiuso in difesa. Questa tenacia è un grande pregio. Devi essere soddisfatto di te ed orgoglioso, senza mai perdere l’umiltà. Certo si può migliorare, ma questo è sempre vero e vale per tutti”.

Alla fine, si ritorna sempre là, alla voglia, alla determinazione, al desiderio di andare oltre e lottare fino in fondo. Non sono mai stato uno da proclami, uno da slogan, quando lo faccio è per gioco e per una retorica appositamente pianificata, però ho sempre cercato di combattere senza sbandierare la cosa. La tenacia sta lì, nel volercela fare, nel riuscirci. Ci penso ogni mattina, ogni santa mattina, subito dopo l’Inter e il Catto, perché se sono qua un motivo c’è, è perché continuo ad inseguire e fare qualcosa di veramente difficile, soprattutto ora, soprattutto in una paese come l’Italia.

Eppure, malgrado dei momenti di sconforto e di scarsa convinzione, quando il contesto ti fiacca e nulla ti conforta, ho sempre continuato ad insistere. Non lo so, ma forse dentro di me c’è una motivazione stupida che non dovrei avere ma che in parte ho, più che altro è l’aspirazione di essere uno di quelli che “Voleva fare quella cosa, l’ha sempre detto, e alla fine ci è riuscito…”. Penso questo e in fondo presto il fianco al giudizio degli altri, cosa che sinceramente non mi ha mai toccato, eppure a volte ho questa spina che mi motiva e mi costringe a non rinunciare.

Ci vuole pazienza, è necessaria, ma allo stesso modo serve una voglia enorme. Senza quella non si va da nessuna parte, perché in fondo la vita è fatica e sacrifici, e se hai posto l’asticella lassù, non hai alternative che galoppare. Certo, poi mi viene in mente Elena, o meglio, il ragazzo di Elena, il top player per antonomasia come lo abbiamo definito io e Gabriele e allora fai altri discorsi e ulteriori valutazioni. Ma vabbè, magari, ve lo racconto nel prossimo post.

La pazienza, il tempo e la pervicaciaultima modifica: 2015-02-03T21:41:41+01:00da matteociofi
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