Appunti canadesi

Parto subito con una banalità, nel senso che affermare come non esista un luogo davvero perfetto penso sia abbastanza facile da pensare, anche se magari qualcuno crede davvero nell’Eldorado. I miei primi assaggi di Canada mi hanno in parte evidenziato come l’efficienza che uno immagina di trovare in questi posti non sia così folgorante o evidente.

Mi spiego, l’imprinting con la metro è stato tutt’altro che positivo, la frequenza è ottima, ma due linee, con altrettanti mini segmenti tipo la nostra B1, sono in fondo poca roba. La linea gialla è una grande U ed è tagliata al centro dalla verde, i vagoni sono tanti ma le persone sono di più. Negli orari di ufficio la calca è la norma, ma dover aspettare 35 minuti prima di poterne prenderne una a mio avviso è un po’ troppo. Il punto è che voglio essere educato, perché ho preso metro in vita mia ben peggiori, sono salito su vagoni in cui non c’entrava nemmeno il manico di scopa, eppure io mi infilavo. Ai tempi del liceo non penso di aver mai aspettato la metro successiva perché una era troppo piena. Quando uscivamo, i vagoni non erano stracolmi ma noi entravamo in massa e riempivamo tutto con vere e proprie cariche, noi maschi davanti e le ragazze che ci seguivano dietro occupando lo spazio creato. Una tattica, a volte un obbligo, spesso una goliardata durata per anni. Qui non funziona così, ma il problema aggiuntivo sono i guasti continui e i treni che vanno pianissimo per motivi oscuri. Tutto sembra tranne che di viaggiare su una subway.

 

Un paese efficiente si misura anche sulle cose piccole, come ad esempio i fazzoletti da naso. Ecco, apriamo una necessaria parentesi su questa vicenda. Perché la maggior parte delle confezioni non sono in pacchetti ma scatole da cui estrai un fazzoletto alla volta? Cioè, io mi dovrei portare dietro o un fazzoletto in tasca oppure una comoda scatola grossa come una torta da compleanno? Giorni fa in un magazzino che era una via di mezzo fra Castorama, Pratiko, Ikea e Acqua e Sapone, ho trovato i normali fazzoletti, in otto comodi pacchetti. Qui però, signori miei, si apre una questione determinante, nel senso che un paese capisci se funziona quando apri il pacchetto – seguitemi bene – e la pellicola adesiva si stacca e schiude il pacchetto stesso, solitamente invece ti rimane in mano la pellicola e non hai aperto nulla. Ecco, in Italia mi succede sempre, qui pure. Scandaloso. Sono sicuro che in Germania quando alzi l’apposita levetta il pacchetto si apre e chiude perfettamente, ne sono convinto.

 

Il tempo. Mi dispiace deludervi, perché forse pensavate di leggere dei post in cui maledicevo il meteo ogni mezz’ora invece no, non è così. Fa freddo, ma è talmente diverso che i -9 qui corrispondono a 2 gradi in Italia. Assolutamente impossibile paragonare il clima, troppo diverso, parlano di umidità ma forse non si sono mai fatti un giro a Roma, o più che altro non hanno termini di paragone. Vanno vestiti come eschimesi, o meglio, come palombari, e parlano del freddo come fosse la fine del mondo. È una sorpresa per me, pensavo molto peggio, ma il gelo vero, o il freddo che immagini quando leggi sul termometro -18 e esci da casa non si può parametrare con la nostra concezione naturale. Pensi di morire assiderato e invece arrivi a destinazione infreddolito, nulla di più.

 

Il cibo è sempre un problema, ma è un discorso noto e ovvio per gli espatriati, soprattutto se hai mille allergie. L’acqua fa schifo ma ripieghiamo a casa sull’intramontabile San Pellegrino, mi sto innamorando nuovamente dell’apple-juice, ancora non ho mai messo piede in un fast-food e le giornate iniziano a passare in modo leggermente più veloce, anche se oggi a un punto mi sono detto: “Devo chiedere a David se si ricorda l’anno in cui sono arrivato a Toronto, non so se era il 2003 oppure il 2004…”

Ma poi, perché da quando sono arrivato ho la sensazione di essere a Chicago, un posto che non ho mai visitato e in cui non ho mai desiderato andare? Un mistero.

1502545_10153071611258055_7915672940844186041_n

 

(Uno scatto rubato dalla serata di lunedì. Non sto parlando di nulla di serio ovviamente, nello specifico dialogavamo di corsa, running e della 10 km che fanno qui a maggio)

Essere “La Storia”

Ho sempre avuto una seria difficoltà nel capire chi non apprezza la storia o la reputa qualcosa di noioso e pesante, non comprendo come non ci si renda conta quanto la sua importanza sia spaventosamente essenziale al giorno d’oggi, ma soprattutto come sia fondamentale per capire le dinamiche del mondo e di fatto l’essenza dei popoli. Ognuno è figlio della propria storia, personale e nazionale, e tutti siamo il prodotto di ciò che c’è stato prima, ecco, questo a mio avviso è sufficiente per decretare la grandezza della Storia, quella con la S maiuscola.

Se poi mi chiedete chi è stato il mio personaggio storico preferito di sempre vi risponderò senza pensarci un attimo, l’ho detto in passato, in occasione del grande esame di storia contemporanea a cavallo del 2009 e lo ripeto oggi: Sir Winston Leonard Spencer Churchill.

E mentre ricorre il cinquantenario della sua morte, diventa impossibile non spendere qualche riga per uno dei personaggi più importanti e determinanti del 900, per uno dei padri della libertà nel senso più esteso del concetto ed indiscutibilmente uno dei vincitori della seconda guerra mondiale, l’unico in Europa.

Fu proprio quell’esame, quello cardine del nostro terzo anno a regalarmi un profilo migliore e più dettagliato di questo uomo, uno di quelli per cui mi sono sempre domandato: “Ma quando era bambino, se lo sarebbe mai immaginato che avrebbe cambiato la storia del mondo?”. Nella vita è stato ogni cosa: giornalista, pittore, politico, militare, vincitore del premio Nobel, ma prima di tutto un avventuriero. Uno che “catturato dai boeri, fuggì dal campo di prigionia e, dopo una marcia di 480 chilometri, arrivò nell’attuale Mozambico, allora colonia portoghese. Invece di ritornare in patria, dove sarebbe stato accolto da eroe, volle tornare in prima linea e fu tra i primi a entrare a Pretoria, appena conquistata dopo un lungo assedio”.

Ammiraglio, dentro e fuori dal Parlamento di continuo, sempre al limite e con il rischio di vedere la sua carriera di politico ridotta in polvere tante volte, condizionato da difetti di pronuncia ma oratore e comunicatore come pochi altri al mondo. Un carisma smisurato, un fine conoscitore del proprio popolo e l’unico in grado di sapere toccare le corde giuste del Paese nel momento più drammatico. Testardo e ossessionato dalla pulizia, personaggio di smisurata cultura ma con un senso della battuta e dell’ironia profondo, è stato il baluardo ultimo che ha resistito al nazismo, nel momento in cui il continente stava per soccombere alla Germania.

Arguto e abile stratega, leader incontrastato, Maurice Ashley ha detto di lui che era uno di quelli che preferiva fare la storia piuttosto che scriverla. Fu spodestato dal popolo che aveva condotto alla libertà e alla vittoria alle elezioni del 1945 e quando la moglie gli disse l’esito delle votazioni, mentre si faceva la barba, glissò dicendo che: “Abbiamo combattuto anche per questo, per questa libertà”. Ognuno ha le sue preferenze, ognuno si identifica in qualche personaggio storico in base ai propri gusti, io scelgo Winston Churchill, e lo sceglierei anche solo perché quando leggo questo passaggio, ogni maledetta volta, mi emoziono talmente tanto che mi commuovo per un milione di ragioni…

 

Anche se ampi territori d’Europa e molti antichi e famosi stati sono caduti o stanno per cadere nelle grinfie della Gestapo e sotto le odiose norme dell’apparato nazista, noi non demorderemo né verremo meno. Noi procederemo fino alla fine. Noi combatteremo in Francia, noi combatteremo sui mari e sugli oceani, noi combatteremo con crescente fiducia e crescente forza nell’aria. Noi difenderemo la nostra Isola, a qualunque costo. Noi combatteremo sulle spiagge, noi combatteremo nei luoghi di sbarco, noi combatteremo sui campi e sulle strade, noi combatteremo sulle colline; noi non ci arrenderemo mai; e anche se, cosa che io al momento non credo, quest’Isola o una gran parte di essa venisse sottomessa ed affamata, allora il nostro Impero d’oltremare, armato e difeso dalla Flotta Britannica, continuerà la battaglia finché, quando Dio vorrà, il Nuovo Mondo, con tutta la sua potenza e la sua forza, verrà a soccorrere ed a liberare il Vecchio.

 

(dal Discorso tenuto il 4 giugno 1940 al Parlamento britannico, dopo il rimpatrio della BEF dal porto e dalle spiagge di Dunkerque)

images

Settimana 2

Un’altra settimana lavorativa finisce dritta in archivio e stasera mentre rincasavo pensavo a quanto avrei pagato il primo giorno appena arrivato a Toronto per ritrovarmi dove sono ora, con due settimane alle spalle e una serie di cose già metabolizzate e fissate in testa. Bene, l’adattamento prosegue e come è giusto che sia questa settimana è stata più impegnativa della precedente ma soprattutto maggiormente proiettata alle prime responsabilità.

Prosegue il mio inserimento nel mondo di Broadview, in pochi giorni ho praticamente pianificato la scaletta e il palinsesto fino al 2 febbraio e questo mi è stato possibile anche grazie alla pazienza e alla disponibilità di Jeroen, tecnico e uomo dei bottoni della TV. L’altro giorno gli dicevo in italiano (lui lo parla meglio di avendo vissuto 10 anni a Roma) che sono felice di aver conosciuto finalmente in vita mia un olandese con il cognome che inizia per “Van”, un tratto distintivo netto soprattutto se sei nato e cresciuto sotto l’ombra di Van Basten.

Ieri pomeriggio c’è stato invece il primo drink, la prima bevuta in compagnia proprio in onore di Jeroen che saluta tutti e si trasferisce a Montreal, nell’altra sede della televisione. Locale adiacente alla redazione, luci soffuse, tetto che distava almeno 5 metri dalla mia testa e 9,90 dollari per una Stella Artois, insomma, nulla di sorprendente. Sempre ieri invece, al mercato di Lansdowne, dove mi ero recato per procurarmi una specie di pranzo ho avuto uno scambio di battute con un signore anzianotto che aveva più dita sulle mani che denti in bocca. Mentre mi aggiravo intorno al suo stand, una specie di macelleria, cercando di capire cosa vendesse di pronto, mi ha chiesto cosa desiderassi, quando gli ho risposto che stavo provando a capire bene la situazione viste le mie allergie mi ha chiesto: “Are you allergic to the pussy?”, mentre se la rideva per la battutona, ha ottenuto in cambio una risposta tanto pronta quanto inattesa, fra patriottismo e machismo ho sfoderato un bel “I am Italian, and you know, Italians do it better…”. Evidentemente era un Paisà e ha iniziato a parlare in italiano cercandomi di rifilare a tutti i costi salse, spezie, mostarde, i classici pastrocchi americani. Alla fine, mi sono fatto un panino con un paio di etti di non so che di maiale, mi ha regalato una salsiccia e me ne sono tornato in redazione soddisfatto.

Questo week-end spero di fare un giro downtown, vicino il lago, insomma, vorrei vedere un pezzo vero di Toronto, se il meteo me lo concederà, dopo aver fatto colazione con Inter-Torino mi travestirò da turista e mi inoltrerò nei meandri della capitale economica del Canadà, con l’accento sulla a, come dicono i Paisà.

Messaggio della settimana

Alfredo: “Comunque io lo so che se sta a sognà il Gallo: i tagliolini al limone. È il tipico sogno da Gallo. Mezzo trattoria,  mezzo esotico…lo sogna tutte le notti”

Foto della settimana

20150123_233311

Io e Noel Gallagher ci vediamo ormai ogni tre anni: 2006, 2009, 2012 e ora 2015. Il fatto che suoni a Toronto mentre sono qui e un’occasione che non posso non cogliere. Anche perché l’ultima volta che ci siamo visti, 13 marzo 2012, sembra una vita fa: mi ero laureato per la seconda volta da due settimane, avevo appena compiuto 26 anni, l’Inter giocava in Champions e …vabbé, lasciamo stare va, è meglio, altrimenti poi mi intristisco troppo.

“Volevo Salutare” – Avevo qualche sassolino nelle scarpe…

Nel 1997-98 su Italia 1 mandarono in onda un programma alla domenica pomeriggio intitolato “Volevo Salutare” e a condurlo c’erano i due fratelli più celebri della radiofonia nazionale: Linus e Albertino. Il programma non ebbe un grandissimo successo e tuttora il direttore artistico di Radio Deejay parla di quella esperienza come di una grossa occasione sciupata e gestita malamente. Tutto questo però mi serve per dire dell’altro, nel senso che ai fini del post avevo bisogno del titolo di questo programma perché oggi anche io voglio salutare qualcuno, alcune persone che meritano una nota speciale.

Volevo salutare HSE24. Non mi avete preso, peggio per voi, non certo per me. Il colloquio è stato curioso, interessante, un’esperienza mai vissuta prima nelle modalità, ma ecco, vedete, quando ero lì, intorno a quella tavola rotonda, onestamente il mio pensiero era rivolto all’incontro del 13 dicembre, quello che mi avrebbe potuto portare nel posto da cui ora vi sto scrivendo. Con tutto l’affetto, vi mando un salutone, ciao ragazzi, spero stiate vendendo bene i calzini di lana elasticizzati a un super prezzo, e mi raccomando, divertitevi nella fantastica location di Fiumicino, a due passi dal mitico Parco Leonardo, ciao!

Volevo salutare anche quelli di TG Tourism, o Tourist, manco me lo ricordo. Con voi il 18 ottobre ho sostenuto il colloquio più inutile ed insulso della mia vita, ho fatto più domande io a voi che il contrario come dovrebbe essere da copione. Il vostro progetto poco chiaro, senza dettagli, sta sorta di quiz-show in cui le ulteriori notizie le avreste date all’appuntamento successivo, beh, meno male che non sono dovuto tornare lì da voi. Davvero. Ma a proposito, il progettone è decollato, oppure il sito è ancora una merda come due mesi fa? Magari dopo do una sbirciata va…

Oh Zammammero o giù di lì insomma, come te chiami, che dici eh? Tutto bene spero? Mi dispiace guarda, ma il responsabile del giornaletto del quartiere non lo faccio e poi hai un problema grande, io lo so, tu no, ma io sì. Bene, non possiamo proprio andare d’accordo. La mia storia personale me lo ha spiegato crudelmente, che la luce del Signore t’accompagni e ti faccia trovare la ragione, quella vera. See you!

E tu invece? Nemmeno mi ricordo il nome, vabbé, dai, tu che ridevi quando dicevo che ero a Dublino a fare uno stage in una redazione di un giornale di ispirazione cattolica sì, che dici? Tutto bene? Me lo auguro vivamente. Visto che la cosa ti faceva tanto ridere, ma così tanto che nemmeno un filo di ritegno e di buona educazione sono stati in grado di contrastare l’impeto di tale divertimento, ecco, tu attualmente che fai? Di che ti occupi? No, perché vedi, io sto a Toronto, anche grazie a quella esperienza che tanta ilarità ti suscitò. Bene, mo’ ridi su sta ceppa de’cazzo.

 

Mentre scrivo tutte ste cose, mi immagino Andrea qui al mio fianco che se la ride e ripete a voce alta: “E’ partito, è partito! Er Ciofi m’è partito, bello! Bello! Bello!…”

 

Dottor Vecchiato! Carissimo! Mi stavo quasi dimenticando di lei e della sua esagerata solerzia del Natale scorso, si ricorda? Sì, quando fu così delicato da chiamarmi a casa addirittura il pomeriggio di Santo Stefano per dirmi che io non potevo fare il giornalista e tutto questo lo aveva dedotto da alcuni stralci del mio curriculum, o meglio, nel modo in cui li avevo scritti. Che tempismo, che capacità di capire tutto dal nulla, magnifico davvero. La saluto affettuosamente e con un pelo di tenerezza, a presto!

E poi, volevo salutare la padrona di casa per antonomasia. Come va grandissima? Ho avuto l’ennesima riprova in Canada di come tu appartenga a una razza davvero rara, un mix di maleducazione, mancanza di rispetto e comprensione a livelli stratosferici. Sei simile alla padrona di casa qui, uguale proprio, ti volevo salutare per educazione. In fondo, lo stile e il comportamento differenziano le razze, ad esempio un asino da un cavallo no? Ecco, fra me e te indovina chi è uno e chi l’altro? Ciao buzzicò, sta ‘n campana eh… 

Vi volevo salutare, delle persone care non ci si deve mai dimenticare. Ah, e pijatevela anche n‘der culo. Beh ci stava dai, qualche sassolino dopo un po’ di tempo andava tolto, era ora.

 

QUOTE SUL MESSAGGIO DI ALFREDO DOPO LA LETTURA DEL POST, NELLA CHAT COMUNE CON ME E DAVID

1.60 – “Beh ma il Ciofi non le manda a dire…”

1.90 – “Ma Catto vedi, sto post del Ciofi è un po’ criptico, parla fra le righe…”

2.13 – “Al Ciofi gli è partita la ciavatta Catto…”

3.40 – “Il Ciofi a volte la tocca piano…”

4.85 – “Beh ma il Ciofi non se regola Catto”

7.00 – “Vai Duomo, hai fatto bene!”