Con la V nel cuore

Io c’ero quella volta lì. Avevo 17 anni, era il maggio del 2004 e in seguito ad una estate drammatica ci ritrovammo in A2 e a giocarci la finale playoff per tornare subito nella massima categoria contro Jesi, con il fattore campo contro.

Andai così al Pala “Ezio Triccoli”, partendo da Termini domenica mattina insieme ad Alessandro, altro virtussino dislocato fuori Bologna per assistere a Gara-1 che perdemmo dopo aver tentato una rimonta disperata nel finale.

Il viaggio di ritorno verso Roma fu però il giro d’Italia. Non essendoci un treno da Jesi verso la Capitale, salimmo sul pullman con i Forever Boys e risalimmo verso Bologna. Arrivati a Casalecchio fummo accompagnati alla stazione centrale da una famiglia di Granarolo e prendemmo l’espresso delle 0.43 per Roma.

Turni per dormire facendo guardia allo scompartimento e all’altro, doppia sveglia puntata per non farci trovare impreparati alla fermata Termini e per non correre il rischio di svegliarci a Reggio Calabria. Fu un viaggio tanto scomodo quanto lungo.

Andò così quella trasferta, negativo fu l’esito di quella serie poiché perdemmo e ci toccò un altro anno in A2. L’anno dopo non andai a Montegranaro ma conquistammo la promozione e da domani saremo nuovamente in campo per tornare in A dopo una stagione infinita e logorante.

Sì, perché nel frattempo lo scorso anno, il 4 maggio, complice un finale convulso e disastroso la Virtus è tornata in A2 e mai dimenticherò il magone di quella sera di 13 mesi fa mentre preparavo la valigia per tornare a Roma e mi veniva da piangere per l’epilogo di quel campionato.

Ho letto una lettera di Valentina Calzoni pubblicata giorni fa su Bologna Basket dal titolo “V come amore”, e un po’ tutti noi ci siamo ritrovati in quelle parole. Soprattutto in quel “noi vogliamo vincere” che suona come l’urlo di battaglia di un popolo che è abituato ad altro. Manca poco.

Noi ci crediamo.

Avevo scritto queste righe il 12 giugno, poco prima che la serie finale con Trieste iniziasse. Volevo pubblicare questo post ma poi mi sono impigrito e non l’ho più fatto, anche a causa di un tempo che scarseggia sempre più. L’ho tenuto da parte e speravo di tirarlo fuori presto, come cappello a qualcosa di celebrativo che fortunatamente mi ritrovo a fare adesso.

Dopo 13 mesi ed una stagione interminabile, la Virtus è di nuovo in A. Questa è la notizia di giornata, e questo è un altro di quei momenti che fra anni mi ricorderò di Toronto, per il coinvolgimento emotivo e per le sensazioni provate.

Una annata di cui porterò tanti ricordi, dallo scetticismo iniziale figlio dell’amarezza ancora non svanita, a quel sentimento che è cresciuto mese dopo mese grazie ad una squadra che ha fatto un miracolo vero nel riavvicinare il popolo virtussino alla sua squadra.

I playoff, ed il percorso nella fase finale, sono stati due punti che hanno creato una sinergia rara fra tifosi e giocatori. Una voglia feroce di arrivare in fondo ed una sequenza di emozioni inaspettate.

La squadra è cresciuta partita dopo partita, un escalation di istanti che hanno fatto maturare i giocatori fino al punto di sembrare veramente imbattibili. Il pubblico si è stretto come non mai, complice il ritorno nel vecchio e amato PalaDozza di Piazza Azzarita, a tormentoni come l’”Amour Toujours” di Gigi D’Agostino, colonna sonora d’annata o alle maglie nere seguendo l’hashtag #allinblack.

Si è creata una magia che ha spinto la squadra fino al successo finale maturato oggi contro Trieste. Un 3-0 secco che lascia spazio a poche chiacchiere, considerando anche l’impresa di sbancare il palasport giuliano dopo che per 22 partite nessuno era uscito da lì con un successo in tasca.

Ho seguito i playoff con una passione crescente, sempre al lavoro e mai a casa, e senza la possibilità di vedere nulla. Mi sono fatto accompagnare dalle cronache di Radio Bologna Uno e dai boati del pubblico in sottofondo, ed oggi, a otto minuti dalla fine, mi sono andato a rinchiudere nella cabina radio perché l’ansia mi stava divorando e non potevo più rimanere in mezzo alla gente, nel caso specifico ai colleghi.

Il finale punto a punto è culminato con la tripla di Spissu dall’angolo del +4, momento in cui so bene che mi è venuto quasi da piangere.

E poi? Avrei voluto abbracciare qualcuno ma non c’era nessuno e mi sono sentito paradossalmente solo come non mai in un momento di gioia ed esaltazione. Forse perché le emozioni, in fondo, vanno assaporate e condivise, o anche perché ero contento per il bambino che esattamente 16 anni fa, il 19 giugno 2001 festeggiava lo scudetto numero 15 e il Grande Slam della Virtus Kinder di Messina e Ginobili.

Ero contento per la squadra, ma in fondo per me, e mi sono rivisto lì mentre con la canotta numero 7 di Abbio cerco di schiacciare nella palestra della scuola “Lombardo Radice”, dandomi la spinta finale nel terzo tempo con il piede sul muro per arrivare al ferro.

Oggi ha vinto la Virtus e tutti quelli che hanno una V nel cuore.

Con la V nel cuoreultima modifica: 2017-06-19T21:49:32+02:00da matteociofi
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