Remarkable

I would say remarkable. Questa è la definizione che mi girava in testa ieri mentre tornavo a casa dall’aeroporto dopo aver salutato mia madre in partenza verso Roma.

Remarkable, e quindi notevole e degna di nota è stata l’ultima settimana, o meglio gli ultimi 8 giorni per essere precisi. Tanti eventi e avvenimenti che si sono concentrati ed hanno reso questo scorcio finale di maggio intenso sotto molti aspetti.

Come spesso accade, le settimane piene e insolite volano via, le giornate sembrano sempre lunghissime ma poi, quando ti guardi indietro, dopo che il segmento è finito, tutto sembra essersi polverizzato in un attimo.

Così è stata la settimana di mia madre qui, con un tempo mai clemente e mille cose da fare, fra giorni off, cene, serate di Gala, pellegrinaggi fuori porta e gite.

Otto giorni in cui non c’è stata una pausa, ma quello che più conta e che fra un mese, un anno o dieci, avremo dei bei ricordi. Di certo mia madre ha avuto una esperienza molto più completa e coinvolgente rispetto a quella di mio padre quando venne e a trovarmi a fine settembre.

Ha avuto infatti l’opportunità di vedere il nuovo ufficio, di conoscere tutti i miei colleghi e l’onore di incontrare Padre Lombardi, ospite illustre della serata di giovedì quando la nostra nuova sede è stata inaugurata in grande stile.

Ci rimarranno negli occhi le Cascate del Niagara e il villaggio primitivo di Midland, le cene a casa e quelle come ospiti, ma anche il maltempo, la sensazione di essere a inizio novembre e tanti momenti simbolici.

È stata una settimana remarkable perché segna anche l’inizio del mio personale penultimo scorcio, quello che mi conduce di fatto al 28 giugno e alla partenza della Ragazza del Venezuela. Dopo invece, inizierà la discesa finale, o forse salita, verso il 16 luglio, giorno in cui chiuderò un paio di bagagli e tornerò a Roma.

Questa però, è veramente tutta un’altra vicenda, sviluppatasi a inizio maggio, e forse remarkable, e quindi notevole e degno di nota, è la definizione da estendere a tutto il mese che sta per concludersi e non solo a questa ultima, grande e intensa settimana.

Di fermata in fermata, di ricordo in ricordo

Ieri sera, tornando da una lungo pomeriggio nel West-End di Toronto, mentre ero sulla metropolitana, molto spontaneamente alcuni ricordi mi sono riaffiorati ogni volta che le porte del treno si aprivano sistematicamente e il nome della stazione si spalancava davanti ai miei occhi.

Come quella di High Park, dove andai per la prima volta la domenica del Victoria’s Day del 2015, nel weekend in cui attualizzai i dolori del giovani Werther con interminabili note vocali dirette a Hong Kong, mentre cercavo di addormentarmi allungato sul prato fingendo di essere a Villa Borghese.

Passando per Lansdowne mi è tornato in mente la sera degli attentati a Parigi del novembre 2015, quando salutando infastidito la ragazza di Woodbridge, decisi di non accompagnarla a Wilson come di consueto, ma scesi lì, per andare a vedere la partita di calcetto di alcuni miei colleghi compresa la compagna di banco.

Che dire di Christie station? Ogni volta che ci passo mi torna in mente Doug Christie, giocatore di NBA sul quale facevo particolare affidamento quando 15 anni fa giocavo ad NBA Live 2003 e prendevo sempre i Sacramento Kings di cui lui indossava la canotta 13.

Dopo Christie c’è Bathrust, fermata che per due anni ha significato per me lo storico super store Honest Ed’s. Una delle mie mete preferite la domenica pomeriggio, quando mi andavo a perdere un po’ lì, in uno dei luoghi più economici della città.

Enorme, caotico, una “mondezzara” in certi momenti, ma dal suo indubbio fascino, posto che dal 31 dicembre 2016 è stato chiuso definitivamente.

St. George, invece, per me è quella sera in cui presi la metro dopo la serata karaoke con alcuni colleghi nel novembre del 2015 e andai a salutare Giorgia appena arrivata e sperduta con il suo amico in un bar vicino Kensington Market.

Bloor-Yonge è ancora oggi lo snodo che uso di più, stazione in cui passo sempre, una delle poche con i bagni pubblici, dove sono andato proprio ieri sera mentre attendevo la linea gialla per andare a casa.

Lego numerosi ricordi a molte fermate della città, e non avere la macchina significa muoversi con i mezzi e usare la metro diventa indispensabile, ancor di più quando vivevo spostato a nord e la mia stazione era Englinton e scendevo a Queen. Poi sono diventato il ragazzo di Dundas, ma ultimamente uso quella di College perché su Dundas hanno chiuso la strada e il tram non passa più.

Tante subway stops, molti ricordi, e tornare a casa dopo una cena in una ventosa domenica sera di metà maggio, ti concede anche lo spunto per ripassare a mente qualche vecchia diapositiva.

Va sempre così, quando sai che te ne stai per andare.

Un po’ di sana promozione

Ma io lo so che volete sapere un po’ di più del viaggio in Egitto del Papa, lo so bene su. Così come vorreste capire perché i lacci delle scarpe nuove comprate da Aldo a fine marzo stanno sempre un po’ su. O magari penserete che uso sempre gli stessi pantaloni neri e invece sono due, uno di H&M e gli altri comprati a Torre Gaia da Amabel quando si chiamava ancora così. Oppure potreste dire se è giusto usare la camicia bacchettata (con le righine) in tv (no, non si dovrebbe fare), o asserire che mi sono tagliato i capelli fra i due episodi, e infine che ero un po’ “attappato”, sì ho il raffreddore ma qui d’altra parte sembra Natale.

Tutto questo, nel meraviglioso episodio di Pagine Vaticane che trovate qui sotto. E che dovete vedere per capire quanto scritto sopra.

Vai.