Auguri Uomo

Mi dirigo verso l’Aula Verde ma tu mi precedi, apri la porta e fai passare prima Laura, la tua compagna di liceo, mi fai cenno di andare, entro, ti ringrazio e scendo i gradini. Per caso, ci ritroviamo seduti sulla stessa fila, in mezzo a noi c’è ancora Laura, siamo di sotto, a pochi passi dalla cattedra, aspettiamo la lezione di geografia. Davanti a noi c’è un personaggio pantagruelico che viene da Nemi, al suo fianco un ragazzo che tiene ineducatamente un cappellino chiaro con la bandiera dell’Italia. Collo abbronzato, sguardo fisso da predestinato, piglio di chi la sa lunga. Anche lui è un paesano, non di Nemi, ma è di Fiuggi.

Involontariamente si inizia a parlare, tutti insieme, è il nostro primo giorno di università. È il 2 ottobre 2006. Dopo la lezione delle 11 di letteratura italiana, siamo stipati ora nell’aula accanto. Si solidarizza facilmente, tutti nella stessa barca, fra preoccupazioni, disorientamento ed eccitazione. Stranamente ci tratteniamo, perché entrambi, io l’ho pensato e tu avrai fatto lo stesso, vorremmo dare un buffetto di striscio al collo di quel ragazzo davanti a noi, gridandogli: “A Cattooo!”, ci verrebbe spontaneo forse, pur non avendolo mai visto. In pochi minuti, mentre attendiamo il professore, scopriamo di scrivere per lo stesso giornale, di essere entrambi interisti e di avere la medesima aspirazione professionale. Eppure, così tanti punti in comune dovrebbero portare a un feeling immediato, ma non succede. Anzi, nei giorni successivi, ci si vede poco. Io sono il soldato che segue tutto quello che deve, tu il fantasista, l’artista, un dandy borgese, un frascatano inebriato dalla bellezza dell’università e dalla novità di fare un po’ come si vuole, senza obblighi e giustificazioni.

Quando ci incontriamo fra le pause spesso è l’ora di pranzo, fra prati e sole, io me ne vado a casa a mangiare, perché la vicinanza me lo permette e gli orari anche, e mentre tu insisti affinché io rimanga lì, io quasi stizzito, invece, vi saluto.

L’anno vola fra sussulti, incontri occasionali, i primi personaggi, la partita di calcetto a Via Ciamarra a metà marzo e qualche battuta. Passa l’estate, inizia un altro anno, parti per l’Erasmus, ci saluti prima del mio esame di storia moderna modulo A, torni dopo mesi e sbuchi ad ottobre, prima di una delle lezioni di storia contemporanea, in Aula Rossa. Lì, comincia qualcosa. Veramente. Iniziamo a percorrere tanta strada, fra parentesi brasiliane ci si scopre, ci si trova. Il contesto aiuta, il tempo anche. È tutta una escalation, un crescere, uno stringere rapporti, uno scambio intervallato da momenti goliardici e risate. Tanti scorci, le emozioni cominciano a diventare una presenza fissa, lo sfondo perfetto, e insieme ne viviamo parecchie, ma soprattutto ne condividiamo molte. Inutile sceglierne qualcuna, sarebbe un dispetto per le altre, il privilegio è stato averle assaporate: una corsa, una coppa, un piatto cucinato a sei mani, un lettone.

Giorni fa mi sono appuntato mentalmente questa lettera. L’ho scritta dopo che mi hai dato uno spunto, un messaggio su Whatsapp, chiedendomi un suggerimento su un articolo. Per un attimo mi sono fermato, mi sono guardato intorno e ho pensato: “Sto in una redazione di una tv a Toronto, lui mi scrive da San Paolo e mi chiede un’opinione per un doppio pezzo per due delle testate più importanti italiane…ma quel giorno, quel primo giorno, seduti dietro al Gallo, ai lati di Laura, ce lo saremmo mai immaginati?

Nella meraviglia di questo pensiero, ho deciso di scrivere questo augurio speciale, condiviso, libero e aperto. Partendo da ieri ma inevitabilmente proiettato a oggi, al compleanno e a tutto quello che verrà dopo. Eppure, sorrido nel pensare a questo, pur essendo “todo corazon” come dice l’inappuntabile Fabi, voglio che sia un augurio ironico e scanzonato, quelle vesti che ci appartengono e ci sono particolarmente familiari.

Sì, perché magari fra sei mesi io venderò castagne a Piazza di Spagna e magari tu insegnerai italiano a qualche giovanotto brasiliano per una manciata di reais, ma chissà, magari fra qualche anno, come dicevamo giorni fa, potremmo essere in un ristorante del centro a pasteggiare con vino rosso dicendo che in fondo:  “Quel vice-capo redattore là, è un po’ una testa di cazzo”.

Vedremo, lo scopriremo, io intanto vorrei mostrarti un nuovo contapassi e suggerirti delle ottime scarpe da corsa, perché la strada è lunga ma è davanti noi e bisogna solo lasciar andare le gambe.

Ma oggi è il 3 marzo, il tuo giorno e dinnanzi a te me quito la gorra, señor.

Auguri Uomo.

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