La Puglia

Che vogliamo dire di questi giorni in Puglia? Vogliamo fare un post riassuntivo consapevoli che non basterà? Non lo so, io inizio intanto, poi vedo dove arrivo, perché la cinque giorni è ormai alle spalle, un altro ricordo, altri momenti a cui andremo ad attingere fra qualche mese, quando saremo lontani, quando per strapparci un sorriso magari non sarà più sufficiente una chat condivisa.

Abbiamo viaggiato in tanti, mica eravamo io e Alfredo, no assolutamente, c’erano Giancarlo con la famiglia, il Mister Claudio Ranieri, il Coatto forzatamente educato, il Catto, Thohir, il Capitano, J-Ax e Ligabue, gli zii, Stefanino, Silvia, Federico Buffa, insomma un sacco di gente.

Tante altre persone sono state citate di volta in volta, fra un giro alle Tremiti, una passeggiata per Ischitella e qualche saliscendi a Peschici. E sì, ci ricorderemo di tanti momenti, delle stelle cadenti, su una c’è tuttora un’indagine, per capire se era un stella oppure un lampione che era stato abbattuto. In fondo, bene o male, ne ho viste tre, ho espresso tre desideri, l’ultima volta che mi impegnai così, ed ero sempre in compagnia di Alfredo era il 2009, l’anno dopo, come ripetuto mille volte fu l’annus mirabilis, magarì, chissà, corsi e ricorsi…

Il mio compagno di viaggio ha scoperto che mi spulcio come il suo cane Pablito, mi sono sognato la Matricola che mi prendeva per il culo una notte e la mattina successiva l’episodio non mi ha messo di buon umore. Mi sono fatto mangiare dalle zanzare l’ultima sera, abbiamo giocato a basket con un canestro che mi ha fatto sognare e desiderare di averne presto in Canada uno simile.

Ho ripetuto che non riesco a capacitarmi del fatto che Francesca andrà a convivere e che parla di un ipotetico figlio nel 2016, un pensiero che non mi abbandona più da due settimane.

E poi? Beh il pane con il pomodoro, il clan dell’Asado, la bottiglia di acqua di Fiuggi che ci ha mandato al tappeto nemmeno fosse un cocktail letale, o la rissa sfiorata a Ferragosto “Te lo faccio ricordare io Ferragosto!”. La fetta di anguria enorme e quell’Italia che ancora si riunisce e crede in certe radunate, in pranzi lunghissimi, interminabili, natalizi anche con il caldo. Ecco, il tempo, diciamo che nel week-end non ci ha dato una mano, ma almeno il paradiso delle Tremiti ce lo siamo goduto e forse abbiamo anche dormito in nave.

Che poi, che paese lasciamo ai nostri figli? E cosa siamo diventati? Nell’estate del panino e dell’amaro questi sono gli altri due tormentoni che ci hanno accompagnato e che resistono, anzi, che si sono rafforzati, o ingrassati, come il bambino un po’ Ciccio Valenti in spiaggia.

Che Italia, amici, alla finestra, con i panni stesi, arrampicata in luoghi impossibili “Ma guarda dove cazzo siamo venuti a costruire” ripeteva Alfredo. Un’Italia col culo piatto e che litiga, che fa i fuochi d’artificio e non rispetta le regole. Un’Italia, di giovani vecchi.

Che altro? Sì, San Giovanni Rotondo, gli autogrill, il lavoro serale, la passeggiate in mezzo la campagna intorno casa, il canto del gallo presto, l’Estathé, le foto su Whatsapp, quesiti irrisolti, e la certezza che il pubblico dell’Inter rimane unico nella sua follia: ottomila all’allenamento e la sera fischi per uno 0-0 in precampionato. Ma sono pur sempre quelli in grado di tirare una bomba carta addosso al pullman della propria squadra, che gente, che eroi.

Tante cose quindi, un viaggio di ritorno percorrendo altre strade, con il Molise durato 20 minuti e Giancarlo particolarmente infastidito, forse perché non aveva preso una bottiglia di Lemolivo a Peschici, a differenza nostra e poi, il Ciofi una normale ma quando se la trova? Non lo so Alfrè, forse mai, ma questo rimane il dubbio dell’ultima sera.

Bella storia Duomo, alla prossima e grazie.