Zio Matteo

Ero in attesa che il padre della Bionda sfornasse le prime pizze quando un paio di messaggi di Andrea arrivarono su Whatsapp. Due battute, due risposte ironiche del sottoscritto, e poi una frase inattesa: “Comunque ho una notizia da darti”. Malgrado la cena pronta a scattare e la pizza fumante, risposi al buon Paolantoni di chiamarmi. Mentre pensavo a una delle sue classiche frasi o storie, (Andrea rimane per distacco il personaggio più matto e imprevedibile che io conosca) dal telefono uscirono le seguenti parole: “Stai per diventare zio.”

Da Andrea puoi aspettarti di tutto, perché sarebbe in grado di scherzare su ogni cosa o fingere di essere morto come Verdone in Gallo Cedrone, stavolta invece il tono era serio e sincero. La notizia era vera, anzi, è meravigliosamente vera. Ed ovviamente pesante.

Sono rimasto sorpreso senza dubbio, ma con quell’effetto che ti lascia spiazzato e senza troppe cose da dire, se non frasi banali ed espressioni scontate, ma in momenti del genere come si può reagire razionalmente esprimendosi in maniera originale e lucida? Impossibile, per questo, il mio primo pensiero è stato uno: non ci sarò, non potrò assistere a questa nascita, non potrò accompagnarlo in questo viaggio unico, in questa attesa.

 

In un 2015 ricco di novità, di mutamenti, cambi, colpi di scena, scelte e decisioni, ecco un ultimo botto. Forte e grosso, una notizia da una delle persone a cui sono più legato, uno che di fatto è dal settembre del 1998 un pezzo della mia esistenza e con il quale ho condiviso una infinità di cose.

La grande notizia di Andrea si va a sommare ad un elenco che faccio fatica a rimettere insieme, una lista di persone che appunto stanno dando una accelerata alla loro vita o semplicemente una svolta importante, alla faccia di chi dice che gli under 30 dormono e preferiscono stare a casa senza prendersi le proprie responsabilità. O li conosco tutti io, oppure la realtà è ben diversa e la lista che sto aggiornando in questo 2015 lo testimonia senza ombra di dubbio.

Eppure, come detto tante volte in passato, e come mi troverò a ripetere in futuro (non è colpa mia se tutti stanno facendo qualcosa in quest’ottica), tutto questo non mi sorprende. Lo dicevo a mia nonna, e analizzando alcuni dei miei amici d’infanzia con cui sono cresciuto sotto la finestra di casa sua, il quadro è perfettamente chiaro. Di quei 4 ragazzini, tutti coetanei, due hanno dei figli e uno è anche sposato, mentre un altro andrà a convivere entro fine anno e poi ce n’è uno che non gareggia nemmeno: io.

Anni fa, nessuno lo avrebbe mai immaginato, anzi, tutti avrebbero scommesso 2000 Lire che io sarei stato quello più indicato a fare certi passi, per quel modo serio e quel senso di responsabilità innata, per quell’essere in fondo un piccolo bambino-uomo e capitano. Io sapevo che non sarebbe andata così, la storia mi ha dato ragione. Sì, perché esistono sensazioni che dentro di me si trasformano in convinzioni e solo una volta in vita mia ho sbagliato del tutto. Era il 2010 e mancai completamente una mia sensazione che per fortuna, e sottolineo per fortuna, si ribaltò a mia favore.

Tutto il resto invece no, non ha senso fare resoconti e dare prove, io lo so, mi piacerebbe soltanto che ogni tanto, qualcuno, mi ascoltasse di più, vorrei che a volte le mie parole, apparentemente poco credibili, e figlie di mie feroci convinzioni, venissero prese più seriamente, perché poi si rivelano esatte.

Non chiedo tanto, vorrei solo questo.

L’estate del 2015

Se l’anniversario di matrimonio dei miei che cade al primo di settembre non riesce a mettermi di buon umore poiché porta in dote questo mese da me odiato visceralmente, figuratevi quanta tristezza e malinconia mi possa mettere il mio onomastico, San Matteo, 21 settembre che chiude addirittura l’estate.

Tre mesi lunghi, per alcuni aspetti volati, di certo i meno estivi che io ricordi per una serie di motivi ma non per la temperatura.

I primi 20 giorni della bella stagione li ho vissuti fuori, in quel rettilineo finale canadese che mi stava conducendo al ritorno: intensi, pieni, senza memoria quasi.

Il caldo romano mi ha inghiottito la mattina di domenica 13 luglio e lì è cominciata questa fase di lavoro nella mia città, la mia estate impegnata, con un salto al mare immediato ad Anzio e poco altro se non la Puglia a cavallo di Ferragosto. Per la prima volta in 25 anni non sono andato nemmeno un minuto a Torvajanica e questa mancanza, un po’ mi tocca.

Ma che estate è stata? Difficile veramente poterla definire. Troppo diversa dalle altre, troppo piena alcuni giorni per pensare che fosse effettivamente estate. La ricorderò per tanti motivi, e non solo per il ritorno che ha poi generato numerosi scenari. Una estate con Alfredo soprattutto, l’estate del “Ciofi che esce solo a Frascati”, degli amari e dei panini, sempre e ovunque.

Cene, pranzi a tirar via, poca corsa ma tanti addominali. Impegni saltati come Rainbow, altri organizzati rapidamente come le meravigliose Tremiti dove il mare ha l’acqua color piscina.

Una estate di camicie, cravatte e giacche, di telecamere e registrazioni, di palinsesti chiusi la sera tardi ed articoli scritti dopo pranzo.

Una estate con la linea internet scadente come non mai, ma il telefono con 20 giga dentro e poi chiamate notturne, incontri e partenze, pic-nic, parenti da salutare e la gita fiuggina a notte fonda.

La metro C preziosa e indispensabile, l’abbonamento all’Atac 9 anni dopo, il computer nuovo che ha chiuso l’epopea dell’Acer ed un nuovo Samsung a sostituire il cellulare precedente quasi all’improvviso.

Una estate con l’intervento in coda, un mercato dell’Inter che ci ha riportati ai vecchi tempi e un derby già vinto, l’estate chiusa con il mega brivido a Campovolo ed un salto in campeggio al lago ad agosto.

È stata una estate ricca, con molti più soldi in tasca del passato, senza saldi ma con uno shopping mirato: giacche e pantaloni, roba che un paio di anni fa non avrei nemmeno guardato.

Poche zanzare, tanto the, qualche Polaretto, un po’ di abbronzatura e diverse belle risate, risse sfiorate, la mini band-reunion universitaria e la bizzarra serata con i “giovani vecchi”.

È andata così, in attesa della prossima, con Toronto che dista poco più di un mese ed un rimpianto che mi è rimasto, l’ho condiviso ieri sera sulla chat congiunta con David e Alfredo, sì, proprio Alfredo, quello che ha scattato questa foto, una immagine emblematica della mia estate.

Uno scatto profondamente riassuntivo, la storia della mia storia. Buon autunno.

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Campovolo

Certe notti sono quel vizio che non voglio perdere, perdere mai. Sì, notti di entusiasmo, notti che ti stringono in una miscela di sentimenti e di brividi (mai come a questo giro) e che ti portano lontano con il cuore.  Fra un po’ di tempo capiremo il valore di una serata così, di aver assistito a qualcosa di unico, irripetibile e davvero fantastico. Un concerto che fin dall’inizio si è capito che sarebbe stato qualcosa in più, un evento, un avvenimento che rimane lì nella storia. E noi, appunto, potremo dire di esserci stati, avremo la gioia di ricordare quella serata reggiana in cui si festeggiavano i 25 anni di carriera di un signore che indiscutibilmente è il numero uno. Puoi apprezzarlo o meno, comprare i suoi dischi oppure no, rimane il fatto che a serate del genere ti devi inchinareFoto-concerto-ligabue-campovolo-19-settembre-2015-Prandoni-013 e riconoscere la grandezza di un personaggio che può permettersi momenti di questo tipo.

La giornata è iniziata con due incontri inattesi alla stazione Tiburtina e poi il viaggio fino a Reggio Emilia dialogando amabilmente con il neo 28enne fiuggino.

Campovolo ci ha abbracciati quando le 16 erano trascorse da poco e dopo aver preso contatto con l’incredibile distesa e il numero spaventoso di persone che ci circondavano, abbiamo trovato il nostro posto, ingannando il tempo come al solito: una cazzata, un discorso più serio, un’altra cazzata, una battuta ed il pensiero fisso sul matrimonio di un nostro coetaneo che nel frattempo si stava consumando a centinaia di km da noi.

Puntuale, alle 20:30, Lucianone è salito sul palco, il Catto ha azzeccato la canzone d’apertura e poi il disco “Ligabue”, quello d’esordio, targato 1990, è stata cantato tutto d’un fiato mentre persone davanti a noi, pensate, avevano pagato 50 euro il biglietto ma hanno preferito vedere il concerto sul display di uno smartphone…

“Buon compleanno Elvis” ha definitivamente infiammato il popolo di Campovolo e noi ci siamo lasciati trascinare dai grandi classici. Non puoi cantare “Certe notti” senza ciondolare ed essere abbracciato a qualcuno e così ci siamo stretti con David al quale ho dedicato giustamente i ritornelli di “Buon compleanno Elvis” adattandoli alla sua festa.

La terza parte di serata, il super mix, ha regalato le ultime emozioni, potenti e travolgenti. La grafica che sceglieva un disco per volta lasciandoci il dubbio su quale sarebbe stato il brano successivo ci ha esaltato, anche perché le soprese non sono mancate e la doppietta in fila “Tra palco e realtà” con “Ho perso le parole” l’ho presa come un regalo personale particolarmente gradito.

Abbracciati da bravi patrioti su “Buonanotte all’Italia”, abbiamo cantato con le ultime energie il finale toccante con “Il giorno di dolore di uno ha” che dopo ben 3 ore e 40 chiudeva una serata indimenticabile.

Lunga, lunghissima, come la strada per raggiungere la stazione nella quale siamo arrivati alle 2.10, in ritardo sul treno che ci ha graziati e riportati a casa, tutti belli e cantanti come dice qualcuno.

Dà, chiudi lo zaino, si va a Campovolo!

“Una scarica di brividi di tre ore”. Così David aveva definito il concerto di Campovolo dopo che avevo letto la notizia e gliel’avevo girata. Ero ancora in Canada senza nessuna certezza di ritorno, eppure decisi di coinvolgere il Cauto in questo concerto, pochi giorni dopo i biglietti erano già assicurati. Non c’ero nel 2005, non potevo per via degli esami nel 2011, ci sarò, anzi, ci saremo domani. E direi anche finalmente.

Fra tutti e tre questo sembra essere lo show più entusiasmante, in primis per ciò che verrà proposto. Tre ore live, il concerto più lungo di sempre, e due dischi a guidare la serata, ossia Ligabue e Buon compleanno Elvis, uno di quegli appuntamenti per la vecchia guardia. Per noi.

Dopo l’Olimpico in diverse occasioni e la magia dell’Arena, è il modo migliore per chiudere il ciclo anche dal punto di vista delle location e ha particolarmente senso essere lì proprio con David, solo con lui.

L’intervento poteva intralciare l’avvicinamento, di certo influenzerà, ma questa settimana sono stato particolarmente riguardato e per quanto alla lunga fatica, caos, e lo stare in piedi per un tempo prolungato incideranno, sono felice di essere lì e non permetterò a qualche fastidio di intaccare l’evento.

Siamo pronti, il fomento sale vertiginosamente, da giorni sto riascoltando tutta una serie di brani per immergermi nel clima e dare una ripassatina ai vecchi testi, a un appuntamento del genere non si può improvvisare, bisogna goderselo per bene, innanzitutto cantando al punto da perdere la voce dopo un’oretta massimo.

Il brivido nel brivido sarà il compleanno della mia fedele spalla che taglierà i 28 anni in un’occasione unica, forse sarà uno di quei 19 settembre che fra tanto tempo ricorderà in modo speciale e con un sorriso diverso. Ho scritto a Ligabue se può fargli gli auguri dal palco, mi ha risposto che lo farà salire proprio a cantare “Non è tempo per noi”. Grandissimo.

A 48 ore dal termine dell’estate, con Alfredo ripartito, l’operazione fatta, un ottobre in cui forse avrò tempo di respirare e tutta la routine che è ricominciata, ovviamente questo concerto diventa uno spartiacque, un termine ultimo. Lo striscione del finish.

Sarà bello finire nel modo migliore, con un clima che diverse volte ci farà venire la pelle d’oca eppure, da tempo io vedo in questa serata un retrogusto che balla fra il romantico e il malinconico. Non mi interessa forzare sensazioni, ma so bene che chiude non solo l’estate ma di fatto il mio periodo romano, questo ritorno, questi 100 giorni alla Napoleone su cui spesso mi sono soffermato.

Più che altro, estendendo il concetto, e guardando tanto indietro quanto avanti e a quello che sarà, questo evento potrebbe chiudere veramente un’epoca, lunga nove anni, e da dividere in due parti nette: 2006-2012 e 2012-2015. Ho questa sensazione, perché poi tornerò dall’altra parte del mondo, il periodo d’ambientamento già c’è stato e chissà quando certe cose torneranno.

Mai più, di certo, se capiteranno, saranno ben diverse ma non necessariamente peggiori, ci tengo a sottolinearlo.

Non mi interessa caricare di significati un appuntamento che vive di luce propria, assolutamente, è solo che ho questa percezione da troppo tempo per non scriverla.

Ma è quasi sabato, c’è un treno speciale (un elemento che farà la differenza nella scala del fomento) che ci attende e ci porterà a Reggio dove troveremo un’atmosfera impossibile da immaginare, di sicuro ci lasceremo travolgere, perché questo deve succedere.

Che siano brividi, tanti brividi.

Chiudi lo zaino Dà, si va a Campovolo!

 

Come vedi sono qua, monta su,

non ci avranno fin che questo cuore non creperà,

di ruggine, di botte o di età.