Il nostro amico Giancarlo

La fine di ogni vacanza porta sempre almeno un pizzico di nostalgia e quella appena terminata all’Argentario con Giancarlo e la sua famiglia non può uscire da questa categoria.

Oggi infatti il bungalow numero 49 del villaggio “Sol de la Playa” si è chiuso e la famiglia Proietti ha fatto ritorno a Roma, stesso discorso per me e Alfredo che con il nostro beniamino abbiamo condiviso altri momenti indimenticabili.

Giancarlo ci ha fatto compagnia e noi abbiamo sorriso con lui, con le sue avventure, le sue frasi, i suoi ragionamenti, il suo modo puro di essere il romano medio, e per medio non intendo assolutamente mediocre.

Giancarlo Proietti è l’Everyman capitolino, un personaggio qualunque ma emblematico di Roma, della nostra città. Cinquantina da poco superata, ha una moglie, Paola, e due figli: Claudia e Mirchetto.

Di lui sappiamo diverse cose, sicuramente le più importanti. Si porta dentro due cose ataviche, che ripete in continuazione: quello che faceva con il padre quando era giovane ed il fatto che sia di San Giovanni nonostante ora abiti sulla Tuscolana, all’altezza di Cinecittà, vicino al campo della Polisportiva Bettini, squadra nella quale ovviamente gioca il figlio.

Lavora come infermiere al reparto oftalmico del Sant’Andrea, mentre la moglie Paola fa la commessa in un piccolo negozio di abbigliamento su Via Tuscolana, dopo aver lavorato per anni all’INPDAP.

Claudia è la figlia maggiore, 19 anni, a giugno ha finito scuola, si frequenta con un ragazzo che si chiama Antonio, uno che non parla mai “E pare sempre incazzato” suo coetaneo, con origini meridionali ed un ciuffo di capelli colorato. Mirco invece ha 16 anni, fa l’istituto tecnico, pensa solo al calcio e alla XBox, e pare che ultimamente abbia iniziato a fumarsi qualche canna di troppo.

Hanno una casa a Lido dei Pini, eredità della famiglia di lei, due macchine, uno scooterone, ed una bicicletta, ma non il cane che “Me piacerebbe pure voglio dì, ma casa è già piccola, c’è poco spazio pe noi, figurati per un animale poraccio”.

È figlio di una Roma che non c’è più, un suo tratto distintivo è la voce un po’ “nasalina”, è disilluso e disincantato, ma sa come va il mondo. Sagace e arguto, ha la comicità innata del romano e la risposta sempre pronta.

Si lamenta spesso, ma sa vivere le cose in modo leggero anche se a volte somatizza un po’ troppo. Tifa ovviamente per la Roma, anche se ultimamente non segue più come prima, la sua preferita è sempre quella di Falcao, Di Bartolomei, Pruzzo e Brunetto Conti, anche se “Oh pure quella del Boemo mica era male eh…cioè te faceva divertì”.

Ha fatto il militare ad Ascoli Piceno, ha un rapporto semi conflittuale con il cognato, il fratello di Paola, uno che a detta sua se ne approfitta un po’ troppo, anche sulle piccole cose, cose economiche di poco conto.

Un suo marchio di fabbrica è che divaga, apre parentesi e si perde ripetutamente, cita personaggi a caso, eventi senza logica, confonde date e momenti. Conosce tutta Roma, e ha un aneddoto per ogni cosa. Una delle sue frasi storiche è “Che poi se sa, la porchetta vera è de pollo…”

Qualunque cosa faccia, in qualunque posto vada, già c’è stato con il padre e ovviamente tutto era più bello, un filo rosso della sua malinconia, forse semplice e naturale nostalgia della sua gioventù.

Battuta sempre a portata di mano, “Ma che voi che ti dica” a inizio frase quasi d’ordinanza, a volte sfocia nel ruolo del “Capisciotto” quello a cui non si può dire o insegnare nulla. Vorrebbe parlare di più con i suoi figli che però sono perennemente avvinghiati allo smartphone.

Ha ancora spunti unici e vintage come “Aho, è per Messico?” o “Vi Sallustio”, per non dire “Aho senti che frescazzo” e “Dentifrocio”.

Ligio al dovere, uomo del popolo, dalla parte dei più deboli, ha sempre votato a sinistra ma ultimamente “Non ce vado più a votà, tanto so’ tutti uguali dai. Aho, e poi fra cani non se mozzicano vojo dì…”, uomo di straordinaria saggezza urbana mista a conoscenza popolare, raramente si fa cogliere in contropiede e non solo a livello dialettico.

Veste in maniera talvolta discutibile, sfocia infatti in qualcosa di pacchiano o di un giovanile che non gli appartiene più, come le scarpe di Cesare Paciotti modello 4US un po’ lucide. È legato in modo quasi maniacale ad alcune cose tipo l’Arbre Magique verde al Pino in macchina e ad un marsupio molto Anni 90, o al costume della MAUI che ha rispolverato per la 19esima estate consecutiva anche all’Argentario “Aho, ma io ce sto comodo, che devo dì…”

Io e Alfredo lo abbiamo conosciuto una sera piovosa di fine maggio 2013 a Frascati, poco dopo che ero tornato dall’Irlanda “In quel localino in cui pe’ entrà devi fa’ la tessera tipo circolo, capito…”.

Dopo la Puglia dello scorso agosto, quando lo andammo a trovare un pomeriggio a Peschici, abbiamo passato con lui 10 giorni all’Argentario, sì 10 dieci giorni “Perché ‘na settimana poi passa troppo velocemente e non te la godi, già fra andata e ritorno perdi du giorni…” e come sempre anche in questa parentesi lo abbiamo ascoltato annuendo alla sua proverbiale franchezza e purezza d’animo, perché in fondo siamo tutti un po’ Giancarlo.

Buon ritorno a Roma, carissimo.

 

“Che poi uno sembra un coglione a coltivare un personaggio inesistente, uno scherzo a oltranza, ma la fantasia aiuta a sopravvivere. Io lo sento uno di noi. Questa è magia. Mista a riconglionimento, ma pur sempre magia”.

Il nostro amico Giancarloultima modifica: 2016-07-16T17:09:37+02:00da matteociofi
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