Inviato a Sotto il Monte

Well, l’articolo è finito e l’ho inviato, a breve finirà in stampa e mercoledì sarà a uso e consumo dei lettori. Finito il dovere, che poi di fondo è un immenso piacere, posso raccontare la due giorni bergamasca sulle tracce di Papa Giovanni XXIII.

Penso ancora che il giornalista sia un gran mestiere, ma ancor di più ritengo che l’inviato abbia un fascino inarrivabile. Documentarsi, partire, vedere posti nuovi, raccogliere storie scovando aneddoti particolari è veramente qualcosa di unico, almeno, per me, è tutto davvero affascinante. Di certo serve passione così come una grande dose di curiosità ma di questi aspetti ne sono provvisto a sufficienza. Poter scoprire nel profondo le radici e la storia di Papa Giovanni XXIII è stato molto toccante, camminare nei suoi luoghi, vedere i suoi diari e parlare con chi lo ha vissuto mi ha realmente colpito. In fondo, stiamo parlando di un pontefice ancora oggi molto amato dagli italiani, un uomo che in soli 5 anni ha cambiato la storia e di fatto sventato la terza guerra mondiale. Aver avuto questo privilegio è stato magnifico, e poi da solo sto bene, viaggiare senza partner o persone al mio fianco non è cosa nuova. Saltare il pranzo o viaggiare 6 ore effettive per raggiungere Sotto il Monte non è stato un problema, fra treni, coincidenze e pullman che vagavano per la campagna di Bergamo. Ho avuto la fortuna di trovare persone estremamente disponibili, da chi gestisce la Casa del Pellegrino, al parroco del paese, fino al Sindaco. Intervistare queste figure è stato il modo migliore per avere un ritratto meno noto di Roncalli. La visita alla casa nativa, così come quella a Cà Maitino dove Giovanni XXIII era solito trascorrere le sue vacanze estive sono state coinvolgenti, sullo stesso piano dell’incontro alla Fondazione a Bergamo dove ho sfogliato i famosi diari di Roncalli.

In queste 48 ore ho avuto modo di cimentarmi anche in altre cose ovviamente, come la visita di Bergamo alta, cittadella curata e graziosa o di mangiare polenta al sugo di cinghiale sotto una pergola, mentre 4 ragazze discutevano su chi avesse la “mazza” più lunga fra i loro amici di facoltà. Ho avuto anche un bizzarro compagno di viaggio con il quale ho condiviso il viaggio in pullman da Ponte San Pietro a Bergamo mentre rientravo da Sotto il Monte. Il tizio in questione, un boliviano di nome Alfredo, mi ha fatto compagnia e abbiamo conversato amabilmente di chiesa e dottrina, soprattutto dopo che gli ho spiegato il motivo della mia presenza in quei luoghi. L’hotel si è rivelato una scelta azzeccatissima: comodo, pulito, economico e situato in un punto strategico. Tornando verso Milano mi sono fermato in città, un giro in Piazza Duomo, in galleria e poi al negozio nuovo dell’Inter in cui non ero mai stato. In tutto ciò sono riuscito anche a salutare Dario, un mio ex compagno del liceo che lavora nei pressi di Porta Garibaldi dove il treno per Roma mi attendeva. Ho occupato le tre ore di viaggio scrivendo gran parte dell’articolo mentre alle mie spalle cinque bambini avevano reso il vagone un campo giochi e fra pianti e urla sono riuscito comunque ad isolarmi.

Due giorni belli, nel senso più pieno del termine, un’avventura che mi ha avvolto ed un’esperienza intrigante, fra ricordi malinconici di agosto quando anziché prendere il regionale per Bergamo salivo su quello diretto a Chiasso e la certezza di quello che vorrei fare in vita mia.

Il 27 aprile Papa Giovanni XXIII diventerà santo, averlo potuto raccontare ai lettori irlandesi è stato un grande onore. Veramente.

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Un reporter a Bergamo

…Anche perché di fondo io penso di essere nato per fare questo mestiere. Presumibilmente non lo farò, è assai probabile che non sarà la mia professione, nel frattempo però, appena capita, io mi ci butto dentro con tutto quello che ho e provo a trasformare l’entusiasmo e l’energia in creatività e idee.

Non si chiama più reporter, o forse non è più un termine che si usa ancora, resta il fatto che per me quello che riceve un’indicazione, un incarico dal proprio direttore e parte, viaggia, lavora, raccoglie informazioni, ascolta storie, intervista, raggruppa il tutto e scrive ciò che ha vissuto è un reporter.

Domani mattina vado a Bergamo, più precisamente a Sotto il Monte, il paese natale di Papa Giovanni XXIII che a fine mese sarà proclamato santo insieme a Giovanni Paolo II. Giovedì scorso ho ricevuto una mail da Dublino in cui il mio caro direttore mi proponeva la trasferta bergamasca, un reportage su Papa Roncalli raccogliendo testimonianze e ricordi tra i suoi concittadini oltre a raccontare ciò che rappresenta ancora questo grande personaggio del dopoguerra.

Beffato dalla tratta Roma-Orio al Serio che dal 29 marzo non è più attiva, ho dovuto ripiegare sul treno e quindi andrò a Milano prima di cambiare per Bergamo dove dovrò prendere il pullman per recarmi in questo paese tanto piccolo quanto celebre per aver dato i natali al pontefice. Due giorni in cui dovrò ottenere notizie e aneddoti, ma soprattutto scovare e capire il ricordo e l’importanza di Roncalli per la gente.

Parto domani, tornerò mercoledì in tempo per confezionare l’articolo e quant’altro, entro il 18 deve essere tutto pronto. Mi piace l’idea ma ancor di più mi gratifica il fatto che il direttore abbia deciso di darmi un incarico del genere, spendere e pagare, puntare su di me per un lavoro di questo tipo. A me basta poco poi per esaltarmi, la miccia la tengo sempre bene in mostra e per accendermi basta niente, oppure un’esperienza così.

E allora via dai, verso Bergamo, e che Roncalli sia con me.

reporter

(Gli attrezzi del mestiere ci sono tutti)

P.S. Che tu sia stramaledetto piccolo registratore infame, per il modo beffardo con cui mi hai colpito poco fa mentre ti provavo.