Il primo grande Brivido del 2013

 

Insomma parto. Sì, questa è la notizia che avevo preannunciato nella parte finale del post precedente. Parto, ma stavolta non è un viaggetto, una vacanza, una roba così, no, stavolta parto perché mi trasferisco, me ne vado per un periodo “lungo”. È una partenza diversa dalle altre, soprattutto per quello che c’è dietro, per i tempi ed il progetto.

È qualcosa di differente, qualcosa che farò per la prima volta in vita mia, con la speranza che non sia l’ultima. Da meno di un mese ha preso corpo questa idea: una serie di incontri, qualche mail, alcune telefonate e poi la decisione presa insieme ovviamente alla mia famiglia. Parto perché è arrivato il momento, perché ho bisogno di qualcosa del genere, di un brivido di questa portata. Per un milione di motivi, belli e brutti.

Da sempre desideravo fare un’esperienza all’estero, sono sempre stato convinto che se non l’avessi fatta me ne sarei pentito in eterno anche perché il tempo scorre, gli anni passano e non sai mai cosa ti riserva il futuro, certe cose non ti sono permesse in eterno. Ora posso ancora e quindi lo faccio. Parto. Una sera di ottobre dissi a David che era arrivato il momento di partire, adesso ci siamo davvero. Non ho voluto dire nulla in queste settimane perché volevo aspettare, chi mi conosce lo sa, non sopporto chi parla troppo, chi progetta, chi promette e non mantiene. Io volevo chiudere questa cosa prima di dire tutto. Ho sistemato gli ultimi dettagli, ieri ho comprato il biglietto aereo, ora posso sbilanciarmi un pochino, anche se come sempre evito di parlarne troppo e mi pronuncio costantemente al condizionale su questa vicenda.

In tutto ciò, naturalmente, incide la situazione di mio padre che sembra volgere leggermente e lentissimamente al meglio. Ho una clausola nei fogli che ho firmato che mi ripara da una serie di cose qualora mio padre non stesse bene in prossimità della mia partenza. L’augurio è che lui si possa rimettere e che io possa andare, magari il più sereno possibile. Voglio andare a vedere cosa c’è di là, cosa si prova a vivere fuori, a stare lontano da casa, dalla famiglia e dagli amici.

Ho bisogno di cavarmela da solo. Ho voglia di mettermi alla prova, di mettermi un po’ in gioco. Per me conterà più che altro l’esperienza dal punto di vista umano, per molte ragioni, il resto conta ma so che passerà lievemente in secondo piano.

Dopo due lauree, undici mesi di lavoro part-time, uno stage, un tirocinio appena iniziato, una collaborazione fissa con un quotidiano on-line, credo proprio che sia opportuno tentare l’avventura estera, per completare il quadro o solamente perché è giusto così. È doveroso cercare di aprirsi qualche porta in più, o almeno provarci.

Ecco, ho voglia di provarci.

 

Ah, non vi ho detto dove vado, che farò, quando parto, quando torno.

Ve lo farò sapere, una cosa alla volta dai…

partenza, viaggi, brividi

 

Il 2 ottobre 2006: il mio primo giorno

Mi alzai presto dopo una notte tutto sommato tranquilla, feci colazione guardando costantemente l’orologio e poi mi preparai. Jeans scuri, Shox ai piedi e polo celeste della Nike, quella che con il tempo sarebbe diventata la maglia degli esami di Storia della Lingua Italiana, oltre al mio zaino della Invicta d’ordinanza. Ricordo l’emozione ma anche la consapevolezza, la certezza di andare incontro a qualcosa di importante, qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita, almeno per 5-6 anni.

Presi l’autobus ad una fermata che giorni dopo ribattezzai “scomoda” scegliendo un percorso diverso e andai verso la facoltà. Giunsi in tempo, la prima lezione era alle ore 11: Letteratura Italiana con la Prof.ssa Lardo in T12A, l’Aula Rossa. La prima persona a cui rivolsi parola fu Francesca, matricola come me, personaggio tante volte sparito e poi riapparso all’Università negli anni successivi. Un’ora di spiegazioni, dettagli ed informazioni, alle 12 uscimmo tutti per andare alla lezione successiva quella che si teneva all’aula affianco: Geografia. Eravamo un blocco unico, tutte le matricole avevano le stesse lezioni e quindi gli stessi impegni. Prima di entrare in T12B Alfredo mi aprì la porta, entrammo insieme e prendemmo posto in seconda fila. Davanti a noi, da bravi secchioni, un tipo con gli occhiali ed il cappello dell’Italia ed un altro ragazzone: David, il ragazzo di Fiuggi ed Edoardo l’Ariete di Nemi. Fraternizzammo rapidamente, la lezione saltò e tornai a casa per pranzo. Alle 15 mi imbarcai di nuovo verso la facoltà per il seminario di Geografia, ma anche quello in realtà sarebbe iniziato la settimana successiva.

Ricordo il banchetto provvisorio dell’Orientamento davanti la segreteria per l’accoglienza e quella frase che mi è rimasta in testa per anni: “C’è sempre un nuovo inizio”.

Fu un impatto affascinante, nonostante le lezioni saltate, scambiai qualche battuta con diversi ragazzi spaesati come me ed ebbi la convinzione che mi sarei divertito, sarebbe stata una bella storia, migliore di quella del liceo.

Sei anni dopo ripenso a tutto ciò con piacere, con il cuore. L’esperienza più bella, dico questo perché dubito che in futuro mi ritroverò in posto per sei anni, vicino casa, sempre straordinariamente a mio agio, raccogliendo ottimi risultati e stringendo amicizie vere.

Non avrei potuto chiedere di meglio e se torno indietro con la memoria non c’è una cosa che non rifarei.

 

 

Ieri sono passato all’università ed era il primo giorno di lezioni: tante matricole, quelle che riconosci dallo sguardo, hanno trovato un bar nuovo ed una facoltà meno efficiente di quella in cui mi sono imbattuto io nell’ottobre 2006. Gli invidio l’età anagrafica e gli auguro di vivere la metà dei brividi, delle emozioni e degli attimi che ho provato io, se il destino sarà così benevolo anche con loro, saranno ragazzi fortunati.

 

In bocca al lupo.

“The greatest trip ever”

Il più grande viaggio di sempre. È questo il modo in cui ho deciso di definire il mio prossimo grande brivido, quel viaggio che mi porterà dall’altra parte del mondo, nel lontano oriente. Venerdì scorso ho comprato il biglietto per Pechino e quindi posso dire che l’11 settembre chiuderò le valigie per raggiungere una splendida destinazione, un luogo per quanto mi riguarda avvolto nell’ignoto dal quale farò ritorno 13 giorni dopo, ossia sabato 24. Ieri mattina è stata la volta della richiesta per il visto, così mi sono recato a V.le Regina Margherita e mi sono tolto lo sfizio di entrare in uno dei famosi palazzoni di vetro che sono sull’angolo con via Morgagni, degli edifici che ho visto per 5 anni di fila e migliaia di volte ma dentro ai quali non ero mai entrato. Ho consegnato il modulo, il biglietto aereo, il passaporto e una foto tessera, giovedì il visto sarà pronto e così la parte burocratica si potrà considerare quasi del tutto sistemata calcolando che mi rimane da comprare solo la marca. È il più grande viaggio di sempre per tante ragioni. Innanzitutto non sono mai stato così tanti giorni fuori da casa per andare all’estero, non sono mai andato così lontano (Pechino è più lontana di New York e Abu Dhabi o Dubai) ed infine 10 ore e mezza su un aereo senza scalo, tutte di fila non le ho mai vissute. Viaggerò Alitalia, sia all’andata che al ritorno, nessuno scalo, volo diretto, mi siederò a Roma per rialzarmi in Cina. Sono contento, molto contento, viaggiare è una delle mie più grandi passioni, quando poi ci sono in ballo destinazioni del genere è qualcosa di strepitoso, perché c’è il gusto della scoperta e la curiosità di vedere qualcosa di nuovo, cosa nasconde e offre il mondo. Nel lontano oriente potrò finalmente ricongiungermi con un pezzetto di me che oramai non vedo da troppo tempo ovvero 4 mesi, a Pechino sarò accolto da Gabriele il quale potrà regalarmi l’abbraccio più affettuoso che esista. Negli ultimi tempi ho sentito troppe persone parlare di viaggi e ho visto troppa gente partire, è arrivato il momento di ristabilire l’ordine e le gerarchie fra chi si fomenta di più e soprattutto fra chi va in vacanza e chi viaggia. Poco più di un mese e poi sarà la Cina ad ospitarmi… one world, one dream.

Mancano 40 giorni a Pechino 2011: voi continuate ad allenarvi.

Tre anni fa, de ‘sti tempi, era n’artra cosa…

Mi piace ricordare certe cose e molto spesso lo faccio senza alcun germe di nostalgia, ma solo con il sorriso che mi scaturisce ripensando a certi momenti vissuti. Pochi giorni fa, guardando il calendario, mi è tornato in mente il maggio di 3 anni fa, ma in particolare l’inizio di maggio 2008 in cui successero una serie di cose al limite fra l’assurdo ed il simpatico, il folle e l’esilarante. Ho un ricordo nitido di quei giorni che furono molto più caldi rispetto alle temperature tiepide di questa primavera inoltrata, ho in mente il 6-7-8 maggio, tre giornate di fila accomunate da una sequenza di brividi. Di questi tempi io avevo fatto il primo esonero di storia dell’arte moderna, quello a crocette con 30 domande, pieno di date e di domande inutili, ero solo e non con i miei amici appartenendo al gruppo alfabetico A-L. Quello stesso pomeriggio mi ritrovai del tutto inaspettatamente e Dio solo sa come, a fare la spesa alla Sidis di Giardinetti prima di mangiarmi un ghiacciolo al limone, con persone praticamente sconosciute che avevo incontrato mezz’ora prima. Il giorno dopo fu il turno di Antonio, Francesca e David nella prova di storia dell’arte e la nostra amica compì il primo capolavoro bissato 6 giorni dopo con un altro 30, due prestazioni al limite del normale che le valsero il soprannome di Special One che decisi di affibbiarle. Quel pomeriggio con i miei due amici dopo il loro esame ci ritrovammo su al famoso “acquario”, quando lì c’erano ancora sedie e tavolini per uno dei celebri post-partita. Questo appuntamento era ormai un qualcosa di fisso, un momento in cui si raccoglievano i commenti di giornata e si sparavano quelle 30-40 cazzate a raffica per chiudere in bellezza. In quella specifica circostanza, mentre io ero seduto e David ed Antonio stavano in piedi, quest’ultimo infervorato da un discorso su Maria Grazia sbatté la mano forte sul banco annunciando una delle sue celebri previsioni. In quel periodo Antonio era in formato Nostradamus, azzardava pronostici e profezie e spesso ci prendeva, per queste ragioni ebbe il suo primissimo soprannome ovvero il Sensitivo. In realtà quel pomeriggio mettemmo a punto gli ultimi dettagli per il giorno successivo poiché era in programma la prima uscita balneare della stagione e la prima gita per noi tre. La mattina dopo andammo a Torvajanica, la spiaggia vuota, un vento fresco che sembrava proteggerci dal sole e l’acqua ancora un po’ troppo fresca per il bagno. Fu una splendida mattinata trascorsa sulla sabbia ed il viaggio di ritorno si trasformò poco dopo nel viaggio d’andata verso la lezione di storia del cinema italiano fissata per le 16 alla quale non potevamo mancare. Quel giorno fu proiettato “8 e mezzo” un film che guardammo in uno stato pietoso per il caldo e la stanchezza, con il sottoscritto che si tatuò a penna sul braccio Giangiacomo e David che rideva per tale follia. Terminato il film del quale non avevamo capito nulla per via della sua difficoltà ma anche del nostro grado di attenzione piuttosto basso, andammo tutti a casa. Io mi sbrigai a fare gli auguri a mio padre e dopo la doccia, iniziai ad avvertire i primi malessere lasciati da una giornata in cui mi ero completamente abbrustolito la pelle senza accorgermene. La sera pareggiammo l’andata delle semifinali di Coppa Italia con la Lazio in casa per 0-0 e poi presi sonno dopo un milione di tentativi.

Tre anni fa, de ‘sti tempi, era n’artra cosa.

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