Ottobre

Ho aperto il file di Word dei post di ottobre e mi sono reso conto che era ottobre. Ho sbagliato due volte la data del mese da mettere, ho scritto prima settembre, poi aprile, il primo per abitudine, il secondo replicando lo 04 del giorno.

Sì, è ottobre, forse è arrivato troppo in fretta il fresco, quando ti rimetti i calzini e lasci stare i fantasmini, quelli corti, quelli che sanno di estate e raccolgono fra i loro fili ancora un po’ di sabbia.

Ottobre, da quando sono arrivato a Roma non l’ho mai considerato un mese, ma sempre un tunnel, sapevo che mi avrebbe chiuso in una dimensione lavorativa lunga e faticosa prima di slegarmi all’improvviso, intento a chiudere la valigia e riprendere un altro volo intercontinentale. Sarà così ovviamente, lo aveva previsto e capiterà.

Faccio troppe cose nel frattempo, conosco persone, parlo con decine di tizi mai visti che chissà se mai rivedrò, stringo mani, scrivo pezzi, mi muovo come un automa su una specie di binario che gira attorno al luogo sacro per eccellenza. Intervisto, carico video, guardo, controllo, mi rivedo. Prendo la metro e la distanza da coprire viene quasi inghiottita, forse è l’unico momento in cui mi rilasso, e penso.

Ho capito una cosa importante ultimamente, non mi riesco più spiegare. Ho provato a dare una interpretazione a tutto questo ma la risposta esatta, come spesso capita, non ce l’ho. Non mi sento capito spesso, sempre di più e come non mai, forse perché non mi riesco a spiegare come vorrei. Appunto.

Non so perché, magari ho confusione in testa ma non è così, forse uso termini sbagliati, forse sono solamente molto ripetitivo e confondo le persone, probabilmente non dico tutto e dò per scontato degli aspetti, o semplicemente i miei interlocutori non mi capiscono fino e fondo e la colpa non posso nemmeno dargliela del tutto.

Ho capito di non saper tirare fuori dei concetti e questo mi sta allontanando, non sa da chi o da cosa ma ogni volta che non riesco ad “arrivare” ci rimango sempre un po’ male, credo sia la conseguenza di chi vive di parole, dette o scritte. Penso a ottobre e penso che è ancora il 2015, incredibile, impensabile, non può essere che tutto quello che è successo finora, questo anno lungo, intenso e ovviamente stancante, sia un unico anno.

Ma poi penso che è ottobre e per me ottobre è solo uno, per me è quello del 2012 e non mi stupisco se il mio primo giorno a Toronto nuovamente sarà il 28. Stranezze, coincidenze, tutto dentro per complicare ogni cosa, come sempre, come ogni volta stra-maledetta.

Mi sono chiesto cosa mi piacerebbe fare, non ho saputo rispondermi e probabilmente questo la dice lunga. Ci ho pensato ma niente, così. È così. Ieri poi ho tirato fuori una borsa della Lacoste dall’armadio e dentro ho ritrovato due fogli, una scaletta del programma.

Sta dentro la borsa dal 18 luglio del 2012, così recita la data. Mi è venuto in mente cosa vorrei fare a quel punto: salire in macchina alle 13.30 di un giorno qualunque d’estate e farmi un bel pezzo di Raccordo. Non guadagnare una lira, rimetterci i soldi della benzina ma vivere un profondo senso di ottimismo e leggerezza, con la rara e a me sconosciuta convinzione che le cose andranno bene.

Bene, certo, perché in 2, ogni tanto, è anche più facile.

Un mese

Non avevo una gran voglia di scrivere il post sul primo mese appena tagliato, non avevo nemmeno la giusta ispirazione, ma alle fine, mi sono fatto prendere dalla scadenza e dal fatto che più avanti un po’ me ne sarei pentito.

Insomma, un mese fa sbarcavo in questo pezzo di mondo e oggi mi ritrovo a pensare a tutto quello che è successo: al lavoro, alla redazione, alle tante persone che ho già conosciuto, al mio alloggio dal sapore transalpino, al freddo non troppo-freddo e alla neve che persiste sui lati delle strade.

Come sempre, la percezione del tempo è strana. Potrei essere arrivato qui anni fa, non mi stupirebbe se qualcuno se ne uscisse dicendomi: “Ma ti ricordi quando nel 2013 sei arrivato qui?” sì perché la concezione delle settimane è strana e mutevole. Le prime sono infinite, poi iniziano a prendere una velocità diversa. Domani ad esempio è nuovamente venerdì, e andando avanti il tempo correrà sempre più rapidamente.

Un mese significa anche 5 settimane di lavoro, le sensazioni iniziali stanno lasciando il passo a riflessioni diverse, più motivate, con maggiori elementi e dettagli. A metà marzo, il discorso sarà lo stesso, gli argomenti saranno ancor di più e così via, poi, ovviamente arriverà un momento in cui si potranno fare delle considerazioni più profonde e lunghe. Mi è capitato già di rispondere a domande sul futuro, su quello che sarà o potrebbe essere più avanti, dopo gli iniziali sei mesi. Sinceramente non lo so e nemmeno mi interessa. Certo, a volte ci penso pure io, ma tanto poi mi dò sempre la stessa risposta: andiamo avanti, pensiamo a macinare chilometri, poi vedremo, magari dopo Pasqua, quando inizierà il  mio girone di ritorno.

Si va avanti quindi, l’inizio poteva essere peggiore e più traumatico, invece è stato positivo ed è proprio lì che ho capito il valore del concetto di esperienza. Fosse stata la mia prima partenza sarebbe stata molto dura, essendo la terza e con una gavetta alle spalle, tutto è stato più semplice per quanto poi ogni esperienza sia diversa dalle altre. Il discorso però è la consapevolezza e la convinzione di farcela perché è già successo. Quello ti infonde serenità più di ogni altra cosa.

Come detto domani è venerdì e il week-end alle porte si preannuncia speciale poiché anche lunedì sarà festa, per via del Family Day, una specie di bank holiday all’inglese. E poi, comunque sia, mi piace questa cosa che si celebri la famiglia, anche se la mia è così lontana e quella in cui alloggio se ne andrà a sciare a Blue Mountain.

“Toro da sagra, toro botta sola,
toro solo andata da corrida
e, amico, che ti piaccia o no, è così
e lo zoo è qui”

(Lo so che hai capito, che stai lì e ridi…)