Fiuggi di notte, i ragazzi sono in giro

CKLFNe4WsAAZDaKLa regola base del fomento, la primissima proprio, dice che non bisogna mai contrastare l’onda ma seguirla e cavalcarla, al fomento non si può mai dire di no, non si deve. Seguendo questo teorema era impossibile dire: “No, scusa Alfrè, sono appena tornato a casa, è l’1.30, già ho viaggiato su un carro bestiame per tornare a casa da una cena, forse è meglio se a Fiuggi andiamo un’altra volta, dai”.

Sì, avrei potuto rispondere così, ma ho detto tutt’altro. Ho detto solo: “Andiamo”. Alle 2.34 eravamo in macchina, un’ora più tardi sbarcavamo a Fiuggi, alla ricerca del nostro idolo scappando dalla calura romana.

Questo è quello che è successo ieri notte, quando dopo aver ricevuto un inatteso messaggio dal ragazzo di Frascati ci siamo organizzati per andare da quello della Ciociaria, che poco dopo abbiamo scoperto non essere così conosciuto a differenza del suo simil-omonimo più celebre David Speranzi.

Al girdo “Ogni volta che c’è il Catto, a Fiuggi o in facoltà, anche se la mamma non lo sa, noi saremo sempre là” abbiamo salutato il casello per immetterci sulla Roma – Napoli, ironizzando ovviamente sulla direttrice che stavamo percorrendo per raggiungere Gallo Town.

Il nostro amico ci ha accolto con il pigiama estivo, rampante sulle scalette di casa prima di apririci la porta della sua abitiazione in attesa di spostarci verso il centro, direzione Piazza Spada dove abbiamo fatto in tempo a prendere l’ultima birra quando erano quasi le 4.

La passeggiata successiva ci ha condotti davanti l’hotel del nostro amico, prima di recarci al campo sportivo per una rapida “Tedesca” nella quale non ho dato il meglio di me, visto che un sinistraccio al volo ha fatto sì che il pallone volasse al terzo anello e finisse dentro il centro sportivo stesso. Dopo aver trovato un buco di cortesia, mi sono infilato dentro e ho ripreso il Super Santos del velocipede fiuggino, prima di mettere il punto all’attività pallonara e a andare alla Tamoil per la colazione.

Quando il buio era ormai definitivamente scomparso siamo ripartiti verso Roma, con un notevole sonno, ma altamente fieri della toccata e fuga ciociara, quelle cose che fra 40 anni ricorderemo, per l’immeditezza, l’esaltazione, e la capacità di tutti di sintonizzarsi sull’onda del fomento, quella che non deve mai essere affrontata con l’intenzione di abbatterla, ma solo di alimentarla.

Caro cane ti scrivo, così mi sfogo un po’…

Caro cane ti scrivo,

ho deciso di rivolgermi a te direttamente perché non ne posso più. Sì, mi hai rotto i coglioni e non uso altre espressioni o giri di parole. Non ce la faccio più a sopportarti, non tollero più il tuo modo puntuale di abbaiare dopo mezzanotte e mezza. Non se ne può più. Io non so quale sia il tuo problema, onestamente mi interessa anche poco, conosco invece il mio e te lo spiego molto chiaramente: dormo poco, fatico ad addormentarmi e mi sveglio a ogni rumore.

Bene, capirai di conseguenza quanto il tuo stridulo rumore sia fastidioso e assolutamente fuori luogo. Perché cane? Perché inizi ad abbaiare sempre alla stessa ora e rimbombi in questo quartiere ovviamente desolato dal periodo agostano? Cosa ti succede a quell’ora della notte? Spiegamelo. Torna il tuo padrone e tu lo accogli così per dargli il benvenuto? Impazzisci? Ti disturba il fatto che sia finito il programma in seconda serata di Italia Uno?

Io inizio a essere infastidito. Parecchio. Il problema però è molto più grande perché quando incominci ad abbaiare il tuo compare o nemico (non lo so) ti risponde e a quel punto inizia un dibattito, un botta e risposta interminabile che esaspera. Di cosa parlate? Io spero che litighiate e che l’altro ti minacci, a nome degli abitanti del quartiere, mi auguro che te le prometta ogni notte. Sarei molto più infastidito se il vostro dialogo a distanza fosse amichevole, magari sulle ultime manovre di mercato delle vostre squadre. Io però, caro cane, ti dò un suggerimento, anzi, un avvertimento. Stai in campana bello, perché alcuni tuoi predecessori hanno fatto una finaccia qui vicino. Il primo, un esemplare malefico, figlio del demonio, per anni ha imperversato e impaurito tutti.

Era chiuso sempre dentro un cortile adiacente alla strada e ha fatto prendere colpi a tutti. Chiunque passava davanti al cancello di casa sua (cosa oltretutto obbligatoria) rischiava la morte perché l’infame aggrediva, ringhiava ed abbaiava. Ho visto con i miei occhi persone spaventate e bambini piangere disperati, quasi terrorizzati, per la paura. Io lo detestavo con tutto me stesso, perché seppur abituato e consapevole che il simpaticone era lì pronto ad aspettarmi, ogni tanto ci cascavo e rischiavo il malore. Questo cane avrà attirato milioni di maledizioni e le romanissime “paralisi” per altro tutte giustificate. Io, un giorno, per il fastidio, mi avvicinai al cancello dopo che mi aveva portato a due centimetri da un coccolone e guardandolo dritto negli occhi gli dissi: “Sei un pezzo di merda. Sì, un pezzo di merda, capito? Merda!”.

Quando il destino se lo è portato via, abbiamo festeggiato questa liberazione, ringraziando Santa Rita e percorrendo le strade del quartiere con una processione festosa. Al suo vicino di casa, che aveva lo stesso vizio di spaventare tutti abbaiando e gettandosi addosso al cancello, è andata anche peggio visto che lo hanno ammazzato. Una polpetta avvelenata e lo hanno ritrovato a “panza all’aria” la mattina dopo. Un attentato, tutt’altro che giustificabile e bello, però, dopo qualche settimana anche io ho beneficiato di questa pace nel camminare serenamente per andare a prendere la macchina al parcheggio. Ecco, come vedi, ti ho raccontato due episodi, qui non si scherza e tu stai andando oltre, tormentando il sonno mio e quello di altri. Il caldo ci obbliga a tenere finestre aperte e serrande tirate su, siamo costretti a sentirti ancora meglio. Io te lo dico, fai attenzione e stai attento caro mio, hai già oltrepassato il limite consentito di pazienza.

Cane avvisato, mezzo salvato…

San Lorenzo

Solo qualche ora e poi sarà sera, diventerà buio e la notte di San Lorenzo entrerà nel vivo, tutti con il naso all’insù sotto il cielo a scrutare le stelle con la speranza di vedere una scia chiara, un alone o qualcosa del genere per poter esprimere il proprio desiderio, il sogno rintanato e custodito gelosamente che solo in momenti del genere può essere rispolverato. Gli esperti dicono che in realtà la maggior parte delle stelle cadenti si concentrino nei giorni successivi alla data tanto celebre ma la tradizione impone altre scelte, se si decide di guardare tutti insieme il cielo si fa la sera del 10 agosto. Per molti anni questa serata l’ho vissuta in Umbria con i miei genitori, questo periodo solitamente eravamo lì e nei boschi e nelle vallate dell’entroterra vedevamo spettacoli fantastici. Il buio dei paesini di campagna era lo scenario perfetto, poca luce e un cinema sopra di noi pronto ad illuminarsi con una scintilla all’improvviso. Mi ricordo che un anno andammo nei pressi dell’abbazia di Sassovivo, pic-nic serale e poi tutti con lo sguardo rivolto verso il cielo, si tiravano fuori dei teli e ci si sdraiava in attesa della stella cadente. Nel 2008 la notte di San Lorenzo l’ho trascorsa per la prima volta sotto un cielo straniero, ero a Liverpool di ritorno da Manchester e durante la giornata mi ero domandato diverse volte se anche oltremanica aspettavano quella data per scrutare le stelle. Quella sera mi fermai dietro al Albert Dock che pur essendo illuminato alle sue spalle aveva uno spazio decisamente scuro, mi fermai su una panchina e alzai lo sguardo per una mezz’ora, non vidi granché, il cielo non era pulito, delle nuvole ostruivano la vista ma la situazione fu comunque suggestiva. Due anni fa invece siamo andati con David, Alfredo ed alcuni amici di quest’ultimo all’interno di una villa di Frascati e qui ci siamo sdraiati in attesa di qualche stella cadente, era buio come non mai, a due passi dal centro abitato sembrava di essere in un posto fantastico, il panorama di Roma ai nostri piedi ed uno scenario difficile da dimenticare. Per circa 15 anni ho sempre espresso lo stesso desiderio, fin da quando ero piccolo ogni 10 agosto speravo di incrociare una stella per chiedere non so a chi di vedere l’Inter vincere il campionato, quando è successo nel 2007 per la prima volta dopo non so quanto tempo, mi sono ritrovato quasi spiazzato, così ho iniziato a puntare più in alto: per tre anni di fila ho espresso il desiderio di vincere la Coppa Campioni. In questo caso l’attesa è stata molto più breve rispetto al sogno precedente, dopo 3 anni si è avverato anche quello. Lo scorso anno dopo aver ottenuto l’ambito trofeo mi sono detto che a quel punto bisognava chiudere il discorso e così, con 4 mesi d’anticipo, ho iniziato a inseguire l’ultimo sogno, il tassello finale. Abu Dhabi era ancora lontana ma l’obiettivo era quello di essere presente negli Emirati per assistere al Mondale per Club e riportare a casa quella coppa. Dopo 120 giorni ero lì, e da qualche ora ero campione del mondo. Ricordo che mentre tornavo dallo stadio in taxi ho pensato alla notte di San Lorenzo e al fatto che anche l’ultimo desiderio lo avevo raggiunto e che la sera mi sarei addormentato tanto felice quanto privato di questa idea. Stasera starò a casa molto probabilmente, un’occhiata fuori la darò di sicuro anche se le luci del quartiere non saranno di grande aiuto ma uno sguardo verso il cielo ci sarà, mi gusterò il panorama senza nessuna richiesta, sarà bello anche così, di certo sarà una sensazione nuova e poi nella vita bisogna sapersi accontentare, non si può stare lì sempre a chiedere ma anzi, rendersi conto di essere fortunati e godersi una serata semplicemente diversa dalla altre.

La notte dei sogni impossibili

L’interpretazione dei sogni è una cosa che mi ha sempre molto incuriosito, sono affascinato da ciò che produce il cervello in momenti in cui noi siamo meno padroni delle nostre funzioni o dei pensieri che ci frullano in testa. La mia ultima notte è stata costellata da una serie di sogni assurdi, strani e a mio modo di vedere praticamente impossibili da spiegare. Devo dire che la giornata appena conclusa era stata sicuramente molto intensa dal punto di vista emotivo, soprattutto la mattina, ma nelle mie avventure oniriche non sono riuscito a collegare nulla a ciò che avevo vissuto durante il giorno. Il primo sogno è stato più un’immagine che una storia o una situazione, ero in una sorta di collegio di suore che in realtà era la mia residenza Erasmus, ero in un edificio grande, vecchio ma decisamente imponente nel centro città. Faceva freddo e il cielo era coperto, con delle nuvole grigie e cariche di pioggia, l’ambientazione era molto nordica, ma più britannica che scandinava. In questo ambiente c’ero io alle prese con delle Magnum ai piedi e stavo cercando di sistemare i lacci delle scarpe. La cosa che mi fa sorridere è che io non ho mai avuto queste scarpe nemmeno quando andavano di moda a cavallo del 2000. Ero preso dalla mia faccenda all’interno di un atrio in cui una suora dava udienza agli altri ragazzi Erasmus e il sogno è finito così. Terminata questa avventura ne è iniziata un’altra, eravamo io, Federico e Alessandro, dopo il tramonto con il cielo che si stava per oscurare in una sorta di bosco cittadino, un’ambientazione che poteva essere una via di mezzo fra il Casal Galvani e il Casal Quintiliani ma anche qualche angolo di Ponte Lanciani. Io e Federico eravamo seduti su una panchina sul lato di un campo incolto, mentre Alessandro era su un’altra panchina su un altro lato di questo campo. All’improvviso Alessandro viene verso di noi quasi di nascosto e mi passa un sorta di piantina dicendomi che Federico non doveva vederla, perché era la sua preferita e la stava facendo crescere con molta attenzione. Federico si accorge della piantina che ho appena ricevuto, si alza e inizia a rincorrere Alessandro colpevole di avermi passato la sua pianta preferita. Io rimango seduto con sta specie di fiore in mano mentre loro due si rincorrono in questo bosco a pochi metri da me interrogandomi sulla nuova passione di Federico e sul suo pollice verde nascosto. L’ultimo sogno che ho fatto è stato quello più lungo ed inspiegabile. Ero sulla metropolitana come quando tornavo dal liceo, sento tre ragazzi (due femmine e un maschio) che parlano vicino a me ed una delle due ragazze fa una battuta sull’Inter, sul fatto che non vinceva da un sacco di anni, io cerco di non risponderle, ma poi la guardo e le dico una serie di volgarità ricordandole che un anno fa abbiamo vinto tutto. Il gruppetto scende e sale una ragazza sui 17 anni bellissima con un vestito azzurro chiaro di raso, prende posto e inizia a parlare al cellulare sotto la metropolitana. Dopo pochi secondi inizia a conversare ad alta voce e sento che dice testuali parole “Sì! Io tifo per la Fortitudo e sono Testimone di Geova” a quel punto dentro di me un po’ sbalordito mi dico “Io anche tifo per la Virtus e credo in Cristo ma non lo dico così”. La metro si ferma, la ragazza riprende la conversazione su toni normali ed entra dalle porte Dan Peterson e non capisco perché, va bene che si parla di squadre di basket ma non vedo la ragione del coach in quel momento. Con un vestito blu scuro elegante e una cravatta rossa, il vecchio Dan mi si avvicina con il cellulare in mano e mi dice di chiamare un numero nella sua rubrica con scritto Siena. Faccio il numero ma non riusciamo a chiamare, lo comunico a Peterson che mi dice Well  ma non capisco se devo intendere la sua risposta come il suo classico intercalare o se va bene davvero. Si aprono le porte e scendo, Dan mi dice di rientrare, lascio la borsa sulla banchina, la porta si chiude e io riparto con lui mentre il mio bagaglio rimane lì alla stazione. Mi dispero, decido di scendere subito ma non ci riesco, alla fermata dopo non riesco a scendere nuovamente, arrivo a Quintiliani e vedo Christian che alla fine della scala mobile mi saluta e mi dice di cambiare lato per tornare indietro e prendere la valigia. Poco dopo vedo Silvia da lontano che mi saluta mentre sto risalendo per andare a prendere la metro dal lato inverso. Mi sveglio definitivamente, ho dormito ma ho sognato un sacco di cose, queste sono quelle che mi ricordo in modo nitido, ho riposato ma sono stanchissimo, come se avessi corso una maratona stanotte, avverto la fatica, ma la sveglia suona e la giornata sta per iniziare.

 

sogni, dormire, notte