Pasqua di quarantena

“La colomba è il dolce più sopravvalutato del mondo”. Questo tweet letto ieri casualmente, ha raccontato a mio avviso una verità in modo onesto, difficile da non condividere, e rimarrà l’highlight della Pasqua in quarantena.

Per quanto fosse l’ennesimo giorno uguale a tutti gli altri precedenti, ci siamo dati un tono, un pizzico di decoro, vestiti un pochino meglio, preparato la lasagna (la prima di sempre) e aperto un buon Lambrusco. Non abbiamo rinunciato a simboli pasquali come la corallina e le uova di cioccolato, nel mio caso specifico il gold bunny della Lindt, rigorosamente al cioccolato fondente.

Passata Pasqua, la Pasquetta si è voluta giustamente mantenere fedele alla storia e alla tradizione, con un cielo non più azzurro ma nuvole e velature, perché anche in quarantena è bene conservare le vecchie usanze.

Il lockdown intanto è stato esteso come tutti ci aspettavamo, ci rimarrà il dubbio riguardo il valore fondamentale delle cartolerie e dei negozi per bambini che apparentemente ricoprono un ruolo decisivo nel paese.

In Spagna invece da domani ripartiranno sul serio quasi tutte le attività e l’invidia non è poca, ma d’altra parte gli spagnoli sono davanti a noi da anni. Effettuato il sorpasso a inizio anni Novanta, non ci siamo mai più avvicinati a loro.

Un paese morente come il nostro, in terapia intensiva da più di due decenni, non so come possa sopravvivere a questo dramma, al netto di promesse, soldi, prestiti e UE più o meno generosa.

C’è da andare via quanto prima, appena possibile, questo è quello che penso da settimane:  obiettivamente mi sembra l’unica strada percorribile.

Aria di finale

A me sta cosa che nel giro di qualche giorno mi giocherò tutto mi esalta clamorosamente. Lo sento e capisco ancor di più quanto abbia bisogno di qualcosa di nuovo, semplicemente di diverso, e altrove.

Dentro o fuori, tutto in un colpo solo e va benissimo così, anzi è proprio questo che ha il suo fascino, quel sapore di finale.

Puntata secca sul colore ad una mano di roulette. Rosso o nero. Come direbbe il maestro Buffa, “alla slava”.

Paradossalmente, anche il rischio o la possibilità di dover ripartire da zero o proprio ricostruire qualcosa mi attira. Non credo sia una sciocca vena ottimistica ma c’è un mondo qui davanti ed è verissimo.

Allo stesso tempo so che devo prendermi cura di me stesso, e provare a garantirmi qualcosa di diverso che attualmente fa rima con stimolante. Qualunque cosa succederà, ci sarà da pensare e lavorare, ma questo creerà un nuovo entusiasmo, una strada nuova.

La verità è che la sfida, personale e professionale, qui, l’ho vinta e sento il bisogno di nuovi stimoli, di un nuovo challenge come adorano dire qua.

Il momento di scoprire le carte è arrivato, è quasi maggio, ossia il mese delle finali, è questa lo è indubbiamente.

Questa intanto è la puntata di venerdì scorso, quella su Pasqua.

Prima Pasqua…e dopo

13/04/17

Mentre Pasqua si avvicina e mi domando se riuscirò a mangiare l’agnello, così tanto per avere un po’ il piacere dell’abbacchio anche oltreoceano, arrivo ad un break che mi permette di raccogliere idee e energie.

Dormendo sempre meno, i 4 giorni a cavallo di Pasqua dovranno rigenerarmi un minimo. Eppure l’intralcio sarà il derby alle 6.30 di sabato mattina che mi obbligherà ad un’alzataccia, l’ennesima, e a vivere questa gara nel modo meno adatto.

Il derby però, ne seguirà un altro quello cestistico di Bologna che andrà in scena venerdì dopo pranzo. Saltai quello della Befana, recupererò questo, o almeno spero di riuscirci su Sky.

Si tornerà in pista quindi martedì 18 e da lì in poi sarà tutta una tirata fino al 20 maggio, sabato in cui mia madre arriverà qui. Nel mezzo mi giocherò tutto e via.

L’ultimo segmento invece, nel mio calendario mentale sarà quello dal 28 maggio, dopo la partenza di mia madre appunto, fino a metà luglio, fino alle fine.

Fra sonno e noia, ho fisicamente bisogno di riposare, il sonno è accentuato proprio da una noia montante e quindi la necessità di dormire è fondamentale.

Sarà una Pasqua in solitaria, la quarta fuori negli ultimi cinque anni, l’ultima l’ho passata con i gentilissimi Carlos e Alicia e tanto di lasagna, stavolta, non essendoci più loro passerà in cavalleria.

Speriamo di passarla bene, di riposare, che poi ci sarà di pedalare e pure tanto, per i prossimi 90 giorni.  

16/04/2017

Invece no, i derby sono andati male, per non dire malissimo, e Pasqua ha fatto schifo, come ovvia conseguenza.

Non la migliore Pasqua

Tutto è stato tranne che un piacevole break pasquale per ovvi motivi. Impossibile godersi giornate così quando la mattina del secondo giorno, mentre ti svegli e controlli il telefono, tutto viene letteralmente squassato da una notizia drammatica che avresti voluto leggere il più tardi possibile, fra tanti mesi e non il giorno del Good Friday, esattamente come un anno fa, quando il primo riposino pomeridiano canadese, dopo tre mesi di soggiorno, fu spazzato via dall’inizio del dramma consumatosi definitivamente pochi giorni fa.

Lo dicevo oggi a David, la vita è crudele per un motivo in fondo: una bella notizia, una grande notizia, ha dei margini di peggioramento, una notizia brutta, drammatica, è invece irrecuperabile. La potenza e il valore assoluto degli estremi è sproporzionato, e ingiustamente pende dalla parte sbagliata, per questo alla fine ti viene da dire che la vita sia ingiusta e maligna. Credo solo che la nascita di un figlio sia una notizia bella, bella in modo definitivo e senza appello. Tutto il resto ha troppi margini di manovra, di mutamento e quindi di deviarsi in qualcosa anche di negativo.

Essere lontani significa non esserci. Nel bene e nel male. Ma se nel primo caso l’emozione limpida e forte colmerà magari la tua assenza, nel secondo non c’è soluzione. Vorrei essere a Roma, ora, così come fra alcune settimane per Andrea, ma non posso. Essere lontani significa tanti sacrifici, privazioni pratiche ma anche emotive, così come il non poter condividere certi momenti con le persone a cui sei legato affettivamente.

Al mio fidato amico, stasera raccontavo e spiegavo un concetto che da giorni mi rimbalza in testa. Andandomene da qui so per certo, già da ora, che mi rimarrà un profondo senso di amaro in bocca. Di incompiuto, di “avrei voluto, ma non mi è stato possibile”. Mi manca tutta una sfera composta da tante cose diverse, non ho tutto quello che una persona della mia età, mediamente, dovrebbe avere, soprattutto se in esilio dall’altra parte del mondo e del tutto scollegato dal proprio universo, in particolare a livello affettivo. Non ho tutta quella parte relazionale e questo crea un evidente scompenso, perché il tutto si riduce a lavorare, e se le cose nel tuo ufficio magari non funzionano come dovrebbero o come vorresti, il quadro, inevitabilmente, prende un contorno profondamente scuro e negativo.

Mi sarebbe piaciuto godermi questo posto di più, avrei voluto colmare alcune lacune ma pur volendo non ho mai avuto la possibilità più di tanto, mi rimarrà temo questo rammarico, il fatto di non aver sperimentato fino in fondo, e come avrebbe meritato, una esperienza di tale portata.

Pur essendo piuttosto severo con me stesso, so che in questo caso non posso imputarmi più di tanto. Più hai in tasca e più puoi alleggerirti la vita e renderla meno pesante, più puoi spendere e più puoi divertirti. Non è una regola fissa, ma in contesti e situazioni del genere lo diventa. Mi dispiace che sia andata così ed è un peccato, lo so, perché sono consapevole che malgrado tutto, attenuanti e dati di fatto, il rimpianto mi rimarrà.

Tutta una parte emozionale, di divertimento e piacere, è stata totalmente annullata e se si somma a tutto il resto, di cui bisogna fare a meno, non è proprio facile. Sono sacrifici, è vero. Sarebbe bello sapere che verranno ripagati un giorno e io ho la netta sensazione, da tempo ormai, che così non sarà.

Dopo quasi mezzo litro di Jack Daniels e Cola penso di essere stato fin troppo chiaro nello scrivere un post così.

Viva il Catto, sempre.