L’odio retorico per il lunedì

Uni Alfredo BR: “Matte’, mi fai un bel post contro la retorica dell’odio sul lunedì? Una bella presa di posizione in favore del lunedì contro st’accozzaglia di gente che su internet non fa altro che insultà il lunedì, anche se poi non hanno una mazza da fare.”

L’invito di Alfredo a scrivere un bel post a favore del lunedì, ma soprattutto in forte opposizione al partito di coloro che odiano il primo giorno della settimana, non potevo rifiutarlo, e allora, come promesso al mio amico paulista, con il quale condivido l’idea di base, mi schiero al fianco del lunedì.

Ho vissuto fasi diverse nel mio rapporto con questo giorno, certo, la domenica sera quando mi facevo il bagno e in sottofondo sentivo i secondi tempi delle partite di basket, magari d’inverno, con i compiti finiti e il pensiero della campanella di scuola non è che lo amassi particolarmente, più che altro per il fatto di dovermi svegliare presto. Io per 19 anni mi sono svegliato alle 6.15, quando andava benissimo alle 6.30. Insomma, per un bambino non era il massimo, e questo un po’ mi mandava per traverso il lunedì. Crescendo il rapporto è lievemente cambiato, fino al 2006, quando sono diventato grande amico di questo giorno ai tempi dell’università. Un altro mondo si è aperto davanti a me, una qualità di vita insospettata fino a poco tempo prima. Più sonno, ma anche più entusiasmo e una voglia reale che iniziasse la settimana per andarmi a divertire intorno alla piazza con la stella, consapevole che qualche brivido non sarebbe mancato.

A me tendenzialmente il lunedì non dispiace, anzi, dopo un week-end in cui ci si è distratti dovrebbe essere il giorno migliore, quello più produttivo. Due giorni di pausa non ti rammolliscono e nemmeno ti spezzano il ritmo, insomma non si torna da 15 giorni di ferie, per cui il contributo dato il lunedì per forza di cose dovrebbe essere di alto livello. Molto ruota intorno a ciò che si fa, inevitabilmente, alla vita che si conduce, però, se si ha la fortuna di fare un qualcosa di gradevole e coinvolgente, il primo giorno della settimana non capisco perché debba essere così nero.

Nel mio essere fatto male, non ho mai avuto una predilezione per il venerdì, o “venerdrink” come qualcuno lo ha ribattezzato, e in parte mi infastidisce il sabato sera e l’obbligo del dover fare, uscire, organizzare, dell’affannarsi in qualcosa pur di non rimanere a casa e “sciupare” una serata così. Viviamo circondati da obblighi, figuriamoci se mi faccio incastrare anche da certe cose, dal “dover fare”, dal dover necessariamente uscire, per me, il sabato sta a posto così, anzi, così come viene.

E poi sì ci sono loro, i nemici del lunedì, gli oltranzisti, i lamentosi, quelli che lo spavento del varcare la porta dell’ufficio il giorno seguente al weekend li deprime, oppure non vedono l’ora di lagnarsi per il lavoro da sbrigare e le scadenze da rispettare. Insomma, per molti è così, per qualche esagerato/mitomane è quasi uno status-symbol.

A me infastidisce molto più il sette gennaio o il primo settembre, che sono nell’immaginario collettivo il lunedì formato XXL, ossia quel nuovo inizio che ti inquieta perché ti lasci alle spalle un periodo speciale e una pausa tendenzialmente lunga. Però, lunedì 2 marzo ad esempio, perché non lo dobbiamo sopportare a prescindere? Che poi oggigiorno (era un sacco di tempo che volevo usare questa espressione) di lunedì magari gioca la tua squadra e finisce che lo aspetti quasi con entusiasmo (è appena successo), male che va in seconda serata ti guardi Tiki Taka, un paio di scosciate della Satta e s’è fatto martedì.

C’è di peggio dai, coraggio.

Meno male

Non è stata una settimana esaltante e per fortuna è anche finita. Mettiamola così. Già l’inizio non era stato promettente: l’incazzatura di domenica non era stata un buon viatico, soprattutto se ci sommiamo la beffa di mercoledì. E poi, a livello lavorativo, ho fatto poco, non sono stato molto coinvolto se non in cose pratiche e talvolta un po’ lagnose.

È stata la settimana delle neve, tanta, fin troppa direi. Bello, caratteristico, affascinante, ma camminare sul ghiaccio e con gli scarponi che pattinano dopo un po’ non è il massimo. Certo, tutto questo è nulla, ma veramente nulla, se paragonato poi alla notizia di mercoledì riguardo la morte di Domenico Lista. Lo avevo conosciuto durante il mio primo stage, lui lavorava in redazione, in una piccola saletta con il suo gruppo di Meridiana Notizie. Preparato, tosto, a volte duro, di certo uno di quei giornalisti che poco dopo impari ad apprezzare per le conoscenze e la passione che non puoi non percepire. Alla fine del mio stage, mi disse di unirmi alla sua ciurma, mi minacciò dicendomi “Vieni con noi, ti faccio pedalare io…”, qualche settimana dopo infatti avrebbero anche cambiato location spostandosi a Viale Angelico. Se ne è andato a 44 anni e mi rimarrà quella tristezza improvvisa e potente che ti coglie di sorpresa, una mattina di inizio febbraio, mentre scorri il sito del Messaggero e ti imbatti in una notizia che ti spiazza maledettamente.

Il resto poi, quello che ci rimane e su cui ci lamentiamo sono cose infinitamente piccole, come la lentezza dei canadesi, il loro andare piano, l’avere quell’aria rilassata, spesso serena, che però, secondo me, a volta sfocia nel rincoglionimento. Camminano piano, sono lenti, vanno a una velocità nettamente inferiore alla nostra. Questo l’ho capito. Certo, io sono uno che vive in un posto caotico e incasinato ed è evidente come il mio isterismo e la mia smania non coincidano con il ritmo di coloro che mi circondano. Ho la frenesia di chi vive nello stress, nella metropoli, fra disorganizzazione e fretta, qui è davvero un’altra storia. Ogni giorno a qualcuno mi rivolgo dicendo “Quanto non te schieri” oppure cerco di invitarli a darsi una mossa con un sempre chiaro “Dai su, fomentati!”.

Non capisco perché io vado a passo svelto e gli altri passeggiano, perché io sguscio via in mezzo alla neve e mi divincolo con la rapidità di Oba Martins mentre alcuni sembrano impacciati, non comprendo perché tutti dicano che fa freddo tranne me e perché tutti si vestano da palombari e io no. Da quale mondo vengo? Magari le prossime settimane lo sveleranno.

Intanto è venerdì sera, e il week end è alle porte. Meno male.

Settimana 2

Un’altra settimana lavorativa finisce dritta in archivio e stasera mentre rincasavo pensavo a quanto avrei pagato il primo giorno appena arrivato a Toronto per ritrovarmi dove sono ora, con due settimane alle spalle e una serie di cose già metabolizzate e fissate in testa. Bene, l’adattamento prosegue e come è giusto che sia questa settimana è stata più impegnativa della precedente ma soprattutto maggiormente proiettata alle prime responsabilità.

Prosegue il mio inserimento nel mondo di Broadview, in pochi giorni ho praticamente pianificato la scaletta e il palinsesto fino al 2 febbraio e questo mi è stato possibile anche grazie alla pazienza e alla disponibilità di Jeroen, tecnico e uomo dei bottoni della TV. L’altro giorno gli dicevo in italiano (lui lo parla meglio di avendo vissuto 10 anni a Roma) che sono felice di aver conosciuto finalmente in vita mia un olandese con il cognome che inizia per “Van”, un tratto distintivo netto soprattutto se sei nato e cresciuto sotto l’ombra di Van Basten.

Ieri pomeriggio c’è stato invece il primo drink, la prima bevuta in compagnia proprio in onore di Jeroen che saluta tutti e si trasferisce a Montreal, nell’altra sede della televisione. Locale adiacente alla redazione, luci soffuse, tetto che distava almeno 5 metri dalla mia testa e 9,90 dollari per una Stella Artois, insomma, nulla di sorprendente. Sempre ieri invece, al mercato di Lansdowne, dove mi ero recato per procurarmi una specie di pranzo ho avuto uno scambio di battute con un signore anzianotto che aveva più dita sulle mani che denti in bocca. Mentre mi aggiravo intorno al suo stand, una specie di macelleria, cercando di capire cosa vendesse di pronto, mi ha chiesto cosa desiderassi, quando gli ho risposto che stavo provando a capire bene la situazione viste le mie allergie mi ha chiesto: “Are you allergic to the pussy?”, mentre se la rideva per la battutona, ha ottenuto in cambio una risposta tanto pronta quanto inattesa, fra patriottismo e machismo ho sfoderato un bel “I am Italian, and you know, Italians do it better…”. Evidentemente era un Paisà e ha iniziato a parlare in italiano cercandomi di rifilare a tutti i costi salse, spezie, mostarde, i classici pastrocchi americani. Alla fine, mi sono fatto un panino con un paio di etti di non so che di maiale, mi ha regalato una salsiccia e me ne sono tornato in redazione soddisfatto.

Questo week-end spero di fare un giro downtown, vicino il lago, insomma, vorrei vedere un pezzo vero di Toronto, se il meteo me lo concederà, dopo aver fatto colazione con Inter-Torino mi travestirò da turista e mi inoltrerò nei meandri della capitale economica del Canadà, con l’accento sulla a, come dicono i Paisà.

Messaggio della settimana

Alfredo: “Comunque io lo so che se sta a sognà il Gallo: i tagliolini al limone. È il tipico sogno da Gallo. Mezzo trattoria,  mezzo esotico…lo sogna tutte le notti”

Foto della settimana

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Io e Noel Gallagher ci vediamo ormai ogni tre anni: 2006, 2009, 2012 e ora 2015. Il fatto che suoni a Toronto mentre sono qui e un’occasione che non posso non cogliere. Anche perché l’ultima volta che ci siamo visti, 13 marzo 2012, sembra una vita fa: mi ero laureato per la seconda volta da due settimane, avevo appena compiuto 26 anni, l’Inter giocava in Champions e …vabbé, lasciamo stare va, è meglio, altrimenti poi mi intristisco troppo.

Una settimana da solo

 

Alla fine sono stato solo tutta la settimana. Dopo aver salutato Cristina sabato scorso ho trascorso il week end in attesa del mio nuovo flat-mate ma alla fine è successo qualcosa di piuttosto raro, ossia che nessuno è arrivato e io ho avuto casa solo per me. Domani però dovrebbe arrivare qualcun altro, ma dopo 7 giorni così mi pare una buona notizia. La settimana alla fine è stata scandita dal Dicey’s Garden martedì dopo l’incontro con Gianluca, da una serie di brividi, dal tempo invernale, dalle batoste delle spagnole in Europa, dall’hotel prenotato per domenica prossima e dall’organizzazione della gita di domani.

Alla fine andremo a Galway e poi da lì raggiungeremo Cliff of Moher, le famose e affascinanti scogliere della costa ovest irlandese. Sarà un lungo sabato visto che faremo tutto in giornata ma soprattutto considerando la distanza ed il fattore pullman che non accorcerà di certo i tempi.

Certamente non arrivo a questo appuntamento nelle migliori condizioni, ma dopo aver dormito 5 ore di media a notte in tutta la settimana sto iniziando a pagare dazio e questo sabato alle porte mi consegnerà a domenica non so in quali condizioni. Il paradosso è stato proprio questo: dal momento in cui mi sono ritrovato da solo ho fatto il triplo delle cose, “Lucignolo Bella Vita” con dei ritmi molto poco da studente professionista.

Nel frattempo la seconda settimana di scuola al nuovo livello è terminata con il consueto test del venerdì nel quale ho fatto 70/80 e i miei soliti due errori sciocchi, quelli che commetto come se per due minuti mi si spegnesse il cervello, ma ormai è un costante.

Da Ballymoss Road è tutto. Buon week-end.

 

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Sto arrivando…  – 8