Viaggiatori o turisti?

Ho sempre creduto in una distinzione, quella fra viaggiatori e turisti, una diversità che alla maggior parte delle persone sembrerà banale e di poco conto ma che per quanto mi riguarda è molto importante. Negli ultimi anni ho avuto la fortuna e la possibilità di viaggiare quasi sempre per piacere e mai per lavoro e quindi nella veste migliore per vivere appieno la vacanza o il breve soggiorno. In queste occasioni mi sono reso conto che ognuno di noi interpreta il viaggio a modo proprio, per me è sempre una fantastica avventura, un piacere infinto che mi avvolge dal momento in cui acquisto il biglietto e prenoto l’hotel, fino al giorno prima della partenza. Viaggiare è la sintesi estrema del concetto di libertà, viaggiare da soli è il culmine di questa idea. Nel 2008 ho vissuto questa esperienza e pochi mesi fa ad Abu Dhabi l’ho vissuta nuovamente e posso dire con certezza che è il formato più affascinante di vacanza: tu e il tuo viaggio, qualcosa di magico. È bello girare il mondo, scoprire nuovi posti e conoscere culture differenti, ogni luogo ha degli aspetti unici, ogni terra sa regalare un momento che ti rimarrà dentro a prescindere. Viaggiare con gli amici è divertente, l’aspetto goliardico e di spensieratezza si esalta come non mai, credo però che non si possa viaggiare con chiunque, il compagno di viaggio deve essere un amico, un personaggio con il quale c’è un certo tipo di rapporto, una stessa frequenza che rende la convivenza 24 ore su 24 fattibile. Sono uno che si sa adattare ma che non ama il gruppone da viaggio e nemmeno gli sconosciuti, se voglio andare da qualche parte lo voglio fare con chi dico io, con quelle persone con cui mi intendo al volo. Non sono un turista, non mi piace esserlo e cercherò di evitare questa etichetta fin quando potrò. Non adoro i viaggi organizzati, quelli in cui hai il pullman che ti preleva sotto la scaletta dell’aereo e ti porta dentro la camera del tuo super hotel, queste cose non mi entusiasmano. Non sarò nemmeno tipo da autostop però credo che ci sia una via di mezzo interessante, un modo di viaggiare che sappia regalare brividi. Non sono un turista anche perché non ho quella maledetta macchina fotografica sempre in mano pronta a scattare in continuazione, questa cosa mi ha sempre messo ansia. Preferisco guardare un tramonto con i miei occhi senza doverlo immortalare per forza, quando lo rivedrò sul pc non mi darà mai quell’emozione che posso magari provare chiudendo gli occhi, cercando di riassaporare quell’attimo. Non sono il turista rincoglionito che si sbaglia con i soldi, che parla con i gesti e  che va in giro solo per poterne parlare appena tornato a casa, quello che il giorno dopo va in palestra e si vanta della sua ultima metà e mette almeno 300 foto sul proprio profilo Facebook per farle vedere a tutti. Non appartengo a questa categoria, il viaggio è un’esperienza tua che puoi condividere con qualcuno che sta lì con te, i racconti successivi valgono quanto le parole, ovvero poco. Il viaggiatore ama l’idea del viaggio, la sua essenza e i suoi ricordi, vive questa esperienza in modo intimo perché sa che gli consegnerà  sicuramente qualcosa, un brivido scolpito nella mente e nel cuore.

 

Prossima tappa: Stoccolma 12-15 maggio.

On tour, again.

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             (Perché dopo Venezia, Verona, Atene e Madrid c’è ancora qualcosa …)

 

Edward e Paul

Edward e Paul hanno entrambi 17 anni, sono due ragazzi che vivono a pochi isolati l’uno dall’altro e sono cresciuti insieme, giocando e divertendosi come tutti i giovani della loro età. Frequentano la stessa scuola nel centro della città, ma oggi per loro, così come per tanti loro concittadini, è un giorno diverso dagli altri essendo 15 aprile e quindi, non soltanto un semplice venerdì che anticipa il week-end.

Si sveglieranno presto, poco prima delle 7 e dopo aver preparato frettolosamente lo zaino non dimenticheranno di prendere quella sciarpetta rossa di raso che hanno in un cassetto o nell’armadio. Dopo essersi preparati andranno insieme alla fermata del bus per recarsi a scuola, 5 ore di lezione, 4 materie e poi via, ma stavolta non verso casa bensì verso Queens Square al capolinea del 17, il bus che non li porterà indietro ma a Stanley Park. Lì scenderanno e si uniranno a tante altre persone, a migliaia di altre persone che come loro sentono il dovere morale di esserci anche stavolta perché 22 anni sono tanti e 96 morti non possono essere dimenticati. Entreranno, passeranno davanti alla statua di Bill Shankly all’ingresso e come sempre l’occhio cadrà su quella frase incisa sotto il piedistallo: “He made the people happy”, lui ha reso la gente felice. Poi saliranno le scale e si posizioneranno nella Kop, nella curva che li ospita ogni due settimane e insieme a tanti altri vivranno un pomeriggio diverso dal solito, un pomeriggio in cui ricorderanno chi ha perso la vita in modo assurdo e ancora non ha ricevuto giustizia. Pregheranno tutti insieme e canteranno l’inno alla fine, con la voce ed il trasporto di chi sente vicino persone che non ha mai visto e conosciuto, persone che sono morte schiacciate quando loro due dovevano ancora nascere ma che sentono dentro perché hanno in comune qualcosa che va al di là dello sport. Alla fine andranno via e torneranno a casa, con i compiti da fare e quel senso di appartenenza e tristezza che ti lascia un pomeriggio così.

Non esiste nessun Edward e nessun Paul o forse sì, magari ce ne sono tanti come loro ed oggi avranno fatto più o meno le stesse azioni e avranno vissuto la commozione nel ricordo della tragedia di Hillsborough, durante il memoriale di Anfield. Sono trascorsi ben 22 anni e la più grande ingiustizia della storia della Gran Bretagna ancora non è stata superata ne tanto meno chiarita, e per noi comuni mortali non ci sono tante alternative se non pregare e ricordare chi non c’è più.

 

Hillsborough, 15 aprile 1989

Justice for them, Jusitce for the 96

 

REST IN PEACE

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Assuefatti

Il problema è che ormai siamo assuefatti e lo siamo in modo del tutto inconsapevole. Siamo assuefatti da Berlusconi e dai suoi modi assurdi, scriteriati e talvolta insensati. Ieri mattina il Capo del Governo ha dato una dimostrazione lampante di quante stupidaggini racconti in giro da anni, dichiarando apertamente che aveva pagato Ruby affinché non si prostituisse. In questa frase ci sono un paio di verità pazzesche: la prima è che dopo mesi in cui i suoi legali cercavano di dimostrare come il premier fosse all’oscuro della professione di Ruby, lui ammetta il contrario, evidenziando il lavoro della ragazza o il mondo in cui orbitava. Sconfessando involontariamente i suoi difensori, è altrettanto palese come non regga la scusa che questa ragazza fosse la nipote di Mubarak, storiella alla quale Berlusconi si aggrappa quando nessuno può credere che una parente del leader egiziano si potesse ritrovare a fare la prostituta in Italia non avendo nessun’altra alternativa al mondo. Settantamila euro regalati ad una sconosciuta per aprire un centro estetico e per non farla prostituire, all’improvviso ci siamo trovati San Francesco al governo e non ce ne siamo nemmeno accorti. Berlusconi sa di prendere in giro gli italiani, altrimenti non governerebbe questo Paese, sa che siamo un popolo di deficienti per averlo eletto, se ne approfitta inevitabilmente, ma a volte deraglia. Centoquaranta milioni delle vecchie lire per un macchinario e per aprire un salone estetico alla nipote di Mubarak è una barzelletta clamorosa. Detto questo è stato inquietante il suo semi comizio fuori Palazzo Giustizia, nemmeno in quei Paesi disgraziati si vede il primo ministro che arringa la folla contro un potere dello Stato accusando la magistratura. È pazzesco vedere persone che manifestano per lui esprimendogli solidarietà, io spero che sia tutta gente pagata altrimenti siamo veramente ai titoli di coda. Quest’uomo carica la folla vomitando sui magistrati, la gente lo incensa e lui dice di essere l’uomo più imputato dell’universo, dichiarando che era appena uscito dalla 2565esima udienza della sua vita. Quando vedo queste immagini ho paura nel vero senso della parola, un timore che si ingigantisce quando noto su Canale 5 durante Mattino Cinque un certo Filippo Facci che fa una rassegna stampa da quattro lire e difende con una bacchetta in mano Berlusconi, criticando i titoli dei quotidiani. Bisogna temere il peggio quando un po’ per provocazione e un po’ sul serio, degli esponenti del nostro governo, dichiarano di voler uscire dall’Europa. Questa somma di cose, di uscite, di stronzate mi spaventano, siamo un Paese assuefatto che non si rende più conto della follia nella quale è precipitato, siamo uno Stato malandato che qualcuno sta cercando di distruggere e l’impressione che possa farcela non è così irreale.   

No al sabato

Ci sono diverse cose che non sopporto, alcune le odio, mentre altre ancora le detesto semplicemente, il sabato è un qualcosa che rientra perfettamente nell’ultima categoria appena elencata. La mia avversione nei confronti di questo giorno della settimana è datata e affonda le proprie radici negli anni novanta quando ero uno di quelli che il sabato mattina doveva andare a scuola anche alle elementari e che non conosceva il week-end lungo. Tralasciando il periodo del liceo, negli ultimi anni, ovvero quelli dell’università, è tornato prepotentemente sul podio delle cose che detesto con tutto me stesso. Del sabato odio tutto, questo giorno corrisponde a quello delle grandi pulizie a casa mia, pertanto non è sinonimo di riposo o di lunghe dormite. Alle 8.30 suona il citofono e poi iniziano a sbattere le porte di casa, finestre aperte e correnti gelide che possono avere risvolti mortali, l’aspirapolvere che inizia a rullare alla grande e trasforma il corridoio nella pista di decollo di Fiumicino, il rumore è talmente grosso che è perfino inutile ingaggiare un duello e provare a riposare. Casa è sottosopra, pavimenti bagnati, stanze inaccessibili, un macello insomma, questi fattori mi spingono solitamente ad andarmene quanto prima in palestra e tornare verso l’ora di pranzo, orario in cui una parvenza di normalità è finalmente tornata. Il sabato pomeriggio è inutile, per l’italiano medio è di fondo il momento della grande spesa, quella in cui non devi uscire con meno di 4 bustoni dal supermercato e con lo scontrino sotto i 100 euro. Per le coppie un po’ più giovani invece è consuetudine un giro panoramico in qualche mega centro commerciale in cui si perderà almeno mezz’ora per cercare il parcheggio, anche perché l’italiano medio e quindi il classico deficiente deve necessariamente parcheggiare vicino l’entrata o affianco all’ascensore, fare due passi a piedi è una soluzione nemmeno vagliata. Mi sta sulle palle il sabato anche perché poi deve avere un epilogo diverso da tutti gli altri giorni della settimana, il sabato sera si deve fare assolutamente qualcosa altrimenti è un fine settimana buttato. Bisogna fare, uscire, incontrarsi, ubriacarsi, ammazzarsi, altrimenti il giorno dopo, poco prima di pranzo su Facebook, non potrò scrivere che è stata una serata meravigliosa, non mi troverò taggato in qualche foto e quindi gli altri 789564783 amici che ho, penseranno che sono uno sfigato palloso che non si diverte dato che la notte prima alle 3 non stava in pista con il fottuto Mojito in mano ma a dormire. Non mi piacciono le partite al sabato, soprattutto quelle alle 18 come oggi, non mi piacciono i programmi da vecchi in tv che ci sono in prima serata, non mi piace niente. Sono contento che a fine mese inizierà il corso di Storia della Gran Bretagna alle 9 di sabato,  mi alzerò presto ed eviterò il caos a casa mia, inoltre potrò non considerare questo stramaledetto giorno della settimana del tutto inutile. Non mi piace, no, preferisco il lunedì mattina, la sveglia alle 7 che suona e il cielo piovoso che ti dà il buongiorno dopo che hai alzato la serranda ancora tutto assonnato.  

E stasera me ne sto a casa.

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