Le “Bonittas” e “Top of the Poz”

Belle storie di sport, momenti che riconciliano con la fatica e il sacrificio più puro, racconti che mettono in secondo piano i soldi, e non è un caso se queste parentesi abbiano brillato particolarmente in un week-end senza calcio, senza il mostro che trangugia tutti gli altri sport.

Le ragazze del volley e Gianmarco Pozzecco, due avventure che occupano le prime pagine e hanno riempito il fine settimana senza il pallone bianco che rotola ridando luce a sfere che tendenzialmente volano e passano il loro tempo in aria.

Credo che coinvolgente sia l’aggettivo per etichettare queste due storie, perché le ragazze di Bonitta hanno gradualmente attirato interesse e simpatia tenendo incollati alla tv molti italiani in un sabato sera ancora quasi estivo. Potere delle emozioni che uno sport come la pallavolo sa regalare, soprattutto se in palio c’è l’accesso alla finale e di fronte la Cina, un nome che spaventa già di suo. Eppure, il sogno non si è realizzato, ma mai come stavolta si può dire che l’avventura azzurra al mondiale sia stata comunque da applausi e che le ragazze abbiano avuto il merito di catalizzare attenzione e di uscire a testa altissima. Fra due anni a Rio, ce la giocheremo, e i margini di crescita che ha questo gruppo sono un’assicurazione relativa al tasso di competitività di una squadra destinata a stupire ancora.

Senza calcio, il secondo sport di squadra più seguito, ha goduto di una domenica di totale visibilità. Il campionato di basket è ricominciato, per la prima volta senza Siena, ma soprattutto senza le tre squadre che hanno vinto lo scudetto dal 2005 al 2013, un dato impressionante che evidenzia il dissesto e il disastro della pallacanestro italiana colpita inevitabilmente dalla crisi e da incaute gestioni societarie.

Il primo turno è stato caratterizzato ovviamente dal ritorno di Gianmarco Pozzecco nella sua Varese. Dodici anni dopo è tornato al PalaWhirlpool come allenatore calcando un parquet che lo ha consegnato all’immortalità dopo il successo del decimo scudetto con i biancorossi nel 1999. L’irriverente Poz è tornato in veste di Coach, ma non per questo con un atteggiamento diverso e meno goliardico. A mettere pepe a questo esordio ci ha pensato il calendario stabilendo subito un Varese – Cantù in partenza, un derby intriso di storia e rivalità. Pozzecco aveva promesso che si sarebbe rasato a zero in caso di vittoria e ieri ha dovuto pagare pegno dopo il successo dei suoi ragazzi. Coinvolgente, trascinante, unico veramente, si è ripreso il suo ruolo di idolo indiscusso a Varese e di personaggio massimo nella pallacanestro italiana. L’esultanza incontrollata e divertente a fine gara sotto la curva non può non strappare un sorriso. Uno di loro, dei tifosi e dei giocatori, con i quali ha creato già un’empatia favolosa, conseguenza del suo essere fuori dalle righe, eccessivo ed amabile, anticonvenzionale e per questo esclusivo. Empatia, capacità di coinvolgere, carisma da vendere, la sua diversità da giocatore è rimasta oggi da allenatore e non c’è da stupirsi se i suoi atleti si lanciano sul parquet per agguantare un pallone perso. Il Poz sa entrare nella testa con la sua spontaneità, i puristi avranno qualcosa da ridire, i bacchettoni anche, ma avere un allenatore che è una magica calamita e dice di “aver venduto il culo al Diavolo pur di rivincere uno scudetto a Varese”, non potrà mai essere un fattore negativo.

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