Gente da palestra (Parte II)

“Tablet”: basso, tozzo, muscoloso e venoso, canotta acetata di ordinanza, capello aggiustato e 40 ormai ad un passo. Ultimamente gira con il tablet sempre in mano, chatta in continuazione e la sensazione è che il cervello se lo stai bevendo a grandi passi. Fa un esercizio, sfodera subito il suo neo-amico elettronico da una discutibile borsetta a tracolla e scrive. Io lo vedo veramente male e mi trasmette una pena non quantificabile.

 

“Capoccione”: pelato, pizzetto curato, mezzo trainer ma atteggiamento insopportabile. Ha una condanna fisica: le spalle che gli scendono giù malgrado si pompi alla grande. Ha la sagoma di una A e per sua sfortuna nessuno potrà renderlo come vorrebbe. Chiacchierone.

 

“Lucertola”: vorrebbe essere una MILF, ma non le viene bene, almeno, essendosi rifatta pure l’alluce non attira moltissimo, o forse è sexy come un “attacca-calce”. A qualcuno piacerà, intanto lei si mostra con i suoi 35 anni, due figlie e lo smartphone rigorosamente in mano: è la donna della mattina. Peccato che da quella bocca (rifatta) esca una quantità di finta saggezza che farebbe inorridire chiunque, quelle che parlano di educazione e si innalzano a guru, schifando le nuove generazioni ma poi parcheggiano sempre il SUV negli spazi dedicati ai disabili. Principessa incontrastata.

Alessandro “Er Matto”: ragazzone con qualche problema, appassionato di calcio, possessore di un numero di maglie e tute di squadre indescrivibile. Pazzo veramente, personaggio dai ragionamenti bizzarri e talvolta privi di senso. Mi fa un po’ tenerezza ma spesso anche sorridere, ovviamente è l’unica persona con cui ho parlato in palestra in 4 anni. Fra matti ci si intende sempre. Idolo.

 

“Angioletto”: rock and roll, decisamente sovrappeso, capello bianco lungo, romanista nell’anima, veste sempre e solo di nero, quando gli vedi addosso un colore diverso è il giallorosso della Roma. Parla solo di quello, in maniera insopportabile, entra nello spogliatoio e comincia a provocare i laziali senza sosta, poi sbarca in sala pesi, sale sul tapis roulant e non smette più. Ripetitivo.

 

“Bisteccone”: ragazzone extra-large, pelato, muscolosissimo, alto e possente. Gira sempre con un marsupio della Nike legato intorno ai fianchi che lo rende molto Anni 90. Alza pesi vertiginosi, parla poco ed è caratterizzato da una serietà talvolta preoccupante.

 

Victor: senza ombra di dubbio il cliente della palestra più forte a livello fisico. Quando fa la panca piana lui finiscono tutti i pesi della palestra visto che mette dei carichi mostruosi. Romeno, spesso accompagnato dal suo amico connazionale, è la forza fatta persona, quella forza della natura, dell’operaio con i bicipiti di marmo e il petto d’acciaio. Prima o poi, andrà sotto la palestra, nel garage, e solleverà tutto l’edificio con le sue braccia.

 

“Il Cataldi”: faccia da ingegnere oppure da informatico. Moro, barbetta, predilige colori chiari e indossa calzini di spugna sempre bianchi. Non parla con nessuno, è più muto di me, andamento dinoccolato alla Catto, è l’everyman per antonomasia, sembra uscito da una morality play inglese di fine Cinquecento. Un Average Joe al 100%.

 

“Fabietto”: una volta era un mattatore, da qualche tempo ormai si è spento completamente. Si allena quasi sempre con il parrucchiere, Tablet e qualcun altro, ma in realtà ha perso lo smalto dei tempi migliori. Il fisico è sempre quello, non aumenta e non diminuisce, ma la sua fortuna è il volto da ragazzino paraculo anche a 35 anni.

 

“Er Mostro”: recentemente sono incappato in questo essere mitologico. Da tempo non mi capitava più di spaventarmi o provare ribrezzo nel vedere una persona. Non ho capito se fosse un maschio, una donna, un trans, un esperimento bio-chimico e genetico. Non lo so veramente. Sembrerebbe una donna dai capelli e dal seno rifatto, il fisico invece è piuttosto mascolino. Credo sia un ormone che cammina, un mix di steroidi e bombe di varia natura. L’ho vista/o tre volte e mi provoca un senso di disgusto generale, quasi incontrollabile. Proprio su di lui/lei, “Merolone” ha detto la cosà più volgare che ho sentito nel 2014.

 

“Califano”: sa di assomigliare al cantante e fa tutto il possibile per rimarcare questo aspetto. Occhialino a lenti azzurre, naso orrendo, sudorazione considerevole: ha fatto il tempo suo.

 

“L’autista”: fisico scolpito e tonico, capello lungo raccolto con una coda, autista dell’Atac ma personaggio estremamente losco. Un “traffichino” di primo livello, quando parla in codice nello spogliatoio si percepisce chiaramente come sia in mezzo a qualcosa di anomalo. Sempre presente, infaticabile, presenza fissa della mattina.

(FINE)