Chiudete le valigie, si va al Santo Spirito!

In fondo sono tornato per questo, per vivere la giornata di domani, per finire sotto i ferri e operarmi. Il motivo reale del mio ritorno in Italia era strettamente legato all’operazione e domattina cercheremo di risolvere questo problema con la speranza che il decorso non sia pieno di complicazioni visto che sabato 19 ci attende Reggio Emilia, Campovolo, il concertone e verosimilmente l’ultima carrellata di brividi, forse una delle più grandi a sancire la fine di una serie di cose, in primis dell’estate.

Dopo dieci anni mi opero, e onestamente firmerei per questo tipo di cadenza, ma soprattutto dopo una ventina di anni risolvo un problema che per troppo tempo mi sono portato dietro.

Non mi preoccupa l’intervento, mi preoccupa più che altro l’umore con cui mi sto recando al Santo Spirito. Un escalation di fastidio, di arrabbiature, di insofferenze e sbadate coincidenze, un tourbillon che mi ha risucchiato dentro così.

Penso spesso a come ricorderò questa parentesi romana, la sensazione è che in fondo non l’ho vissuta bene, ma non solo per colpa mia. Probabilmente qualcuno direbbe che non l’ho vissuta bene perché non vivo bene in generale, e magari ha anche ragione, lui, l’uomo che ha varcato di nuovo l’Atlantico prima che sia io a farlo ancora.

Ecco, questo pensiero ultimamente si è fatto più insistente, in fondo manca un mese e mezzo e questo significa veramente poco, poco tempo ancora. Oltre a problemi tecnici e logistici come ad esempio la casa, c’è in lontananza la prospettiva del freddo, della solitudine, di un inverno pieno (stavolta veramente in versione integrale) da vivere nel modo peggiore. E poi c’è dell’altro ma evito di infilarmi in gineprai vari, certo è che l’idea del ritorno, attualmente, non mi fa battere il cuore per l’emozione, l’unica certezza è che lavorerò molto meno rispetto a quanto fatto finora da qui.

Ho cambiato telefono intanto, esattamente due anni dopo, era settembre e avevo appena strappato la promessa di un colloquio per tornare in Irlanda. Andai un sabato pomeriggio da Saturn a Roma-Est e comprai un Samsung Advance S. Ieri ha terminato la sua corsa con un declino rapido e quasi imprevedibile. Ha raccontato poco in fondo, o meglio, dentro a quella memoria non ci sono troppe emozioni e pochi ricordi. Ha raccontato un settembre 2013, appena comprato, di grande entusiasmo ma poi, quel display ha visto più messaggi normali, cazzari e polemici che frasi da scolpire sulla memoria.

Questo chissà cosa vedrà e raccoglierà, a me fa un po’ pena, mi sembra un po’ Gasperini al suo arrivo a Milano, e non per quanto durerà poco (spero di no anche per le mie tasche) ma proprio perché ha l’aspetto del telefono che racconterà poco.

Mica è un Nokia 5800 per dire…

Sembra quasi la felicità, sembra quasi l’anima che va

il sogno che si mischia alla realtà

puoi scambiarla per tristezza ma è solo l’anima che sa

che anche il dolore servirà.