Vorrebbero e postano

È anche un po’ una scelta voluta e non solo obbligata, è il volere prendere comunque le distanze e non farsi risucchiare nel gruppone, difendere il vero senso della socialità e privilegiare il reale al virtuale.

Ecco, penso questo tutte le volte che sono in giro, in compagnia di altra gente e vedo persone piegate sui loro telefonini, a leggere, a scorrere display, a toccare schermi che gli illuminano la faccia per quanto ci si avvicinano in certi momenti.

Esci e la gente a un punto, in modo quasi inevitabile ed irreversibile, deve vedere il cellulare, anche se non ha ricevuto nessuno messaggio. Una “scrollatina” su Facebook, un rapido giro dei campi per controllare la situazione sui vari social e poi si ritorna forse alla normalità, a riprendere il filo interrotto del discorso precedente con dei normali essere umani davanti, evidentemente meno interessanti delle centinaia di persone virtuali catalogate sotto account e profili che invece popolano il web.

Proprio per questo senso di fastidio che provo ogni volta in cui assisto a queste scene, io continuo per scelta e reazione, ma anche per difesa e benessere, a stare alla larga da questa dimensione non-reale. Non uso Facebook, ho un account falso per dovere lavorativo, non ho Messenger sul telefono e tante altre stronzate. Ma soprattutto, elemento basilare, non ho internet sul telefono, non ha data, giga, chiamateli come volete. Per cui, quando sto in giro sono off-line da tutte queste realtà virtuali.

Devo comunicare con qualcuno? Lo chiamo o gli mando un sms (oltretutto gratuiti). Se qualcuno deve fare lo stesso con me, mi può facilmente contattare nella medesima maniera. Non è per essere bastian contrario a prescindere, o reazionario, ma è proprio che più si va avanti e più la gente da segni di palese rincoglionimento. Tavoli con persone ingobbite sugli smartphone, tutti insieme apparentemente, ma ciascuno per i fatti propri: una tristezza enorme, un termine limite a cui è arrivata la gente di oggi e le ultime due generazioni.

A me non interessa sapere quello che fanno gli altri, non me ne può fregà di meno. Se mi interessa, glielo chiedo. Non mi interessa stare a vedere le foto di chi ha trascorso il weekend fuori, i link, gli eventi, non mi va, la considero una perdita di tempo. So tutto, o quasi, delle persone a cui tengo, della massa invece non mi interesso. Motivo per cui non mi piace Facebook.

In questa parte di mondo credo che il legame con il mondo virtuale e la mano incatenata allo smartphone sia ancora leggermente superiore all’Italia, ed il paradosso sono i prezzi delle tariffe e dei piani mensili telefonici per internet e chiamate. In Canada non sotto i 45 dollari per chiamate, sms e un giga (1 GIGA), una roba fuori ogni logica di mercato. Anche per questo, mi rifiuto categoricamente di farmi prendere per il collo, e rimango con il mio piano basic, che non mi da praticamente nulla e va benissimo così. Se sto a casa e al lavoro c’è il wi-fi, se sto in giro invece c’è il mondo. Che bellezza.

Il mondo, le persone da guardare, scorci, strade, profili, gente (qualcuno c’è ancora) con cui parlare e scambiare idee. Fuori c’è tutto questo, pensate che fortuna, forse non ve ne siete accorti ma pare esserci ancora tutto questo e voi lo sprecate per vedere se uno ha messo un “mi piace” alla vostra foto in spiaggia banale come il risultato di un Juve-Udinese qualsiasi.

Pensate che siete diventati.

Li mortacci vostra che siete diventati…

 

E poi, lo sai, non c’è

Un senso a questo tempo che non dà

Il giusto peso a quello che viviamo

Ogni ricordo è più importante condividerlo

Che viverlo

Vorrei ma non posto