La mia estate – “Vedi Catto quanto è facile?”

Ci sono un altro paio di cose che devono essere menzionate per chiudere il discorso relativo a luglio. Non è solo il mese delle figure citate nel post precedente perché assume una particolare centralità anche grazie ad un altro paio di fatti. Il primo, apparentemente superficiale, è invece molto importante.

Sono sempre stato un grande camminatore, uno di quelli in grado di coprire distanze oggettivamente molto grandi anche in ambito cittadino. Passeggiare, anche da solo, mi è sempre piaciuto, penso di essere un buon compagno di viaggio pure per questa ragione: cammino, vado, non mi lamento e se posso a volte evito anche di prendere i mezzi, probabilmente perché sono abituato a pensare che non funzionino mai troppo bene.

Anche a Toronto, soprattutto da quando vivo in centro, mi muovo solo a piedi e la cosa mi piace tantissimo. Eppure, dopo una passeggiata che si rivela un po’ troppo lunga, ossia 4,8 km per raggiungere il “Ragazzo d Versailles” in spiaggia, decido di comprarmi la bicicletta. L’idea mi aveva accarezzato diverse volte grazie alla bella stagione e alle tante persone che qui si muovono pedalando, ma alla fine avevo sempre lasciato stare. La scarpinata di metà luglio però mi convince definitivamente che una bici, anche la più economica, potrebbe risolvermi qualche problema e facilitarmi un po’ di cose.

Accantono l’idea dell’usato e alla fine al classico mega-store con 112 dollari, tasse incluse, mi porto a casa una bella mountain bike che pecca soltanto per i suoi colori, ossia un po’ troppo rosso su una base praticamente tutta nera.

L’acquisto mi esalta oltremodo e mi riporta indietro negli anni, all’infanzia, e ai giri in bici per il quartiere. Inizio a perlustrare le vie con la ciclabile, ma soprattutto volo verso il lago con una facilità impressionante, stesso discorso per il Crocodile il venerdì o per tutti gli altri impegni, escluso il lavoro.

La spesa di fatto la ammortizzo subito, non prendo i mezzi nemmeno per sbaglio, ma soprattutto risparmio tempo, tanto tempo, e sono ovunque nel giro di 15-20 minuti.

Con la mia spalla iniziamo a dominare l’asfalto con le nostre due ruote, io torno invece a ingaggiare duelli in mezzo alla strada portando la bici con la stessa arroganza del classico conducente di un motorino nel traffico di Roma.

Sbraito, fischio, passo in mezzo alle macchine e mi piazzo sempre davanti a tutti in attesa del verde al semaforo. Mi sento a mio agio e intanto riscopro il piacere e la liberta della bicicletta anche grazie alle tante ciclabili che si snodano per tutto il centro, aspetto affiancato anche da una cultura stradale diversa e una particolare attenzione degli automobilisti verso il ciclista di turno.

Mentre questo acquisto fa decollare definitivamente l’estate come mai avrei pensato, riesco finalmente ad apprendere l’ultimo dettaglio che mi mancava nella ricostruzione della vicenda relativa alla mia “Compagna di banco” e alla sua love story.

Tornando da una partita, un martedì pomeriggio di luglio, proprio come avevamo fatto quella volta a fine aprile, quella famosa volta, le chiedo come era nata questa sua relazione. La pura realtà è che voglio togliermi questa curiosità e glielo chiedo.

La risposta è bizzarra, ma di fondo è anche l’unica plausibile nella stranezza del fatto. Le ricordo l’episodio di aprile e di come avevamo incontrato questo ragazzo, ma soprattutto il loro modo di salutarsi piuttosto freddo e non così sciolto. Lei allora mi confessa che il giorno dopo a quell’incontro lui le aveva scritto e da lì in poi avevano iniziato a parlare, fino al punto di vedersi per la prima volta per conoscendosi da un paio di anni.

Tutto inizia così e si sviluppa rapidamente con grande entusiasmo e reciproca attrazione. Capisco eventualmente la sua di lui verso lei, meno quella della mia “Compagna di banco” nei confronti del personaggio, ma questo è un classico.

Ci salutiamo, e mentre faccio il pezzo di strada mancante per andare a casa penso due cose. La prima è la seguente: “Vedi Catto quanto è facile? Cioè, due si conoscono, a volte sono usciti insieme in un gruppo più allargato, poi si incrociano per caso un martedì pomeriggio in mezzo alla strada, uno comincia a scriversi e poi è tutta una normale conseguenza. Una cosa semplicissima”.

La seconda invece è diversa e mi riporta al concetto di sliding door. Sì, perché se è vero che il 7 aprile io la invito, lei dice di no, entro in un baratro emotivo e tutto sta storia che sto scrivendo inizia lì, allo stesso tempo sono convinto che a un punto, poco dopo, qualcosa stava cambiando. Credo questo e ne sono abbastanza convinto ripensando anche a quella conversazione avvenuta pochi minuti del suo incontro all’incrocio.

Per un po’ mi domando cosa sarebbe potuto succedere se fossimo passati per la strada normale anziché deviare il percorso perché lei doveva comprarsi qualcosa per cena, un qualcosa che poi nemmeno trovò. Non lo so, forse niente, forse sì.

Oggi magari starei qui a scrivere una cosa diversa, o magari nulla, eppure io so bene che è meglio così, nel senso che lei un regalo enorme me lo ha già fatto, rifiutando un cazzo di bicchiere di vino e nemmeno lo sa.

Forse non lo saprà mai, io invece l’ho scoperto settimana dopo settimana nel corso dell’estate e ancora oggi sono pienamente consapevole che la storia ha preso la piega migliore anche se ad aprile, naturalmente, non ero dello stesso avviso.

Penso più o meno tutto questo mentre sono ormai a casa in attesa dell’ascensore e mi viene in mente una poesia di Rainer Maria Rilke. Precisamente questa qui…

 

 

Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande, che sono simili a
stanze chiuse a chiave e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa. Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano
giorno in cui avrai la risposta.

Una bellissima estate

 

Senza dubbio l’estate del 2013 sta procedendo a grandissimo passi verso il titolo di “Estate Peggiore di Sempre”. A memoria non ricordo un giugno-luglio (e presumo anche agosto) così vuoti, inutili, insensati, abulici, sbiaditi, scoloriti, banali, noiosi, tristi, poveri, ripetitivi, freddi, di basso profilo e inconsistenti. Potrei andare avanti con l’elenco ma mi fermo anche perché massacrare questa estate è gioco tanto facile quanto poco attraente.

Negli ultimi anni, partendo dal 2006 a oggi, ho sempre avuto da fare: maturità, esami, lavoro, insomma c’era qualcosa ad accompagnarmi e a rendere la bella stagione interessante.

Quest’anno invece nulla di tutto ciò. Niente impegni, niente lavoro, stage o esami. Niente vacanze, viaggi o roba del genere. Un deserto di brividi da spaventare anche l’essere più impavido del mondo. Credo che anche il record negativo delle giornate al mare dello scorso anno possa cadere facilmente. Finora ci sono stato solo una volta, la prossima settimana credo che ci tornerò sempre con Daniele ma poi ho la netta sensazione che possa calare rapidamente il sipario su Torvajanica o Ostia. Dodici mesi fa andai al mare 4 volte nel giro di un mese, 2 delle quali a settembre con mio padre, ed una a fine agosto ma fu terribile dal momento in cui non sentivo per un problema fastidiosissimo alle orecchie.

Nel frattempo prosegue il mio personale “NO Summer Tour 2013”, infatti la scorsa settimana ho incassato due NO da Roma, uno da Londra ed uno da Milano. Oggi invece il NO quotidiano è arrivato da Lugano e domani probabilmente ne arriveranno altri sempre dal Ticino.

Sto andando forte, sto facendo incetta di NO, quelle risposte che alimentano un fortissimo senso di entusiasmo e ti caricano tantissimo…

C’è poco da fare, c’è da aspettare e bisogna avere un’infinita dose di pazienza. Una scossa qui però tocca darla, e nel Belpaese ogni giorno che passa ti viene detto che non ci sono speranze, soprattutto se vuoi fare una determinata cosa: questo articolo vi dice qualcosa?

 

http://www.asca.it/news-Editoria__Agcom__nel_2012_perde_14_PERCENTO_ricavi__crolla_pubblicita__(-19_PERCENTO)-1295403-BRK.html

 

 

Tormentone

 

“Ha il posto fisso, lavora fuori, vive da solo, se lo sono conteso la ex e la sua attuale ragazza. Pure se non sa scrivere mica è un problema, che sarà mai, ma lui sì che ha capito tutto, altro che…mica è ‘n cojone come me…”

Il 14 luglio

esami, università, ricordi, luglioIl 14 luglio negli ultimi due anni è sempre stato giorno di esami, dell’ultima sfida della sessione estiva. In entrambi i casi è coinciso con battaglie epiche, per difficoltà ed importanza, quegli ostacoli che appena superati ti spediscono in vacanza con un sorriso beato e superbo. Due anni fa affrontai l’ultimo modulo di Letteratura Italiana, l’anno di quel folle ciclo in cui bisognava sostenere 4 esami di letteratura (tutti nella stessa sessione) con programmi insensati e sconnessi fra loro. Il 14 luglio fu la volta del modulo di Caputo, il professore Preside della Facoltà. Il tema era la critica letteraria, quella parte della letteratura che mi fa vomitare, non mi è mai piaciuta e continua a non interessarmi. Fu un esame enorme, 6 libri tra cui roba come Mimesis. Arrivai a quell’appuntamento esausto emotivamente, i due mesi precedenti mi avevano tolto ogni tipo di energia mentale: il maggio del Triplete, i quattro esami precedenti, il viaggio a Vienna a fine giugno, i mondiali, tutta sta roba prima di tale appuntamento mi aveva sfinito. Ricordo il caldo mostruoso di quel giorno, l’attesa interminabile (7 ore abbondanti), un minimo di preoccupazione non essendo del tutto padrone dell’esame. Alla fine la Nardi mi mise trenta, non tanto per il mio orale ma quanto per i voti dei moduli precedenti che la inchiodavano. Mi disse che non sapevo scrivere e che voleva più che altro “premiarmi”. Libero da questa morsa celebrai la fine di questa tortura con un aperitivo nella facoltà ormai desolata, con patatine e succo di frutta in compagnia di Noemi, Ida e Valentina, tutti superstiti, stanchi ma felici. La sera iniziarono le mie ferie, la mia “Ricerca della noia” perché in quel momento avevo bisogno di rompermi le palle dopo 80 giorni esagerati, anche se quel mese, in seguito, regalò un’altra pioggia di brividi che permisero al 2010 di diventare l’Anno con la A maiuscola. Con la stessa camicia blu decisi di sostenere l’esame di Linguistica l’anno dopo, ossia il 14 luglio 2011. Era il mio penultimo ostacolo, l’ultimo vero duello considerando che quello successivo sarebbe stato in Storia della Gran Bretagna il 2 settembre, una parata festosa sui Campi Elisi e nulla più. Studiai il possibile, sapevo un po’ di cose, tutto ciò che era fondamentale, avevo fatto due ottime tesine precedentemente che mi davano già un bonus importante e non ero minimamente preoccupato di come sarebbe andata. Essendo scritto ero leggermente scettico come sempre su questa modalità ma alla fine risposi a tutto tranne che ad una domanda: scrissi ogni cosa, facendo collegamenti anche un po’ forzati e andai un pochino fuori tema. Fu un altro trenta, non so quanto meritato ma ipotecò la media per ottenere la lode anche alla magistrale. Avevo sconfitto il mostro che alla triennale mi bocciò per la mia prima ed unica volta.

Fu una soddisfazione vera per quel motivo in particolare.