La bolgia dell’Ataturk

Questa mattina, mentre guardavo lo stradario, ho scoperto qualcosa di veramente paradossale, una coincidenza clamorosa. Dietro la redazione in cui ho iniziato a lavorare da lunedì c’è una piazza che si chiama Largo Ataturk. Probabilmente nessuno di voi riuscirà a trovare il senso di questa mia considerazione, io invece sono stato immediatamente attratto da questo nome. Per chi non conoscesse il tizio in questione posso dire che Mustafa Kemal Atatürk è stato un militare e politico turco, fondatore e primo presidente della Repubblica Turca (1923-1938) ed è considerato l’eroe nazionale turco. A tale personaggio è stato dedicato anche lo stadio principale di Istanbul, quello famoso in cui il Milan perse la finale di Champions del 2005 contro il Liverpool. In vantaggio di 3 gol alla fine del primo tempo, i rossoneri furono raggiunti nella ripresa nell’arco di sei minuti prima di capitolare definitivamente ai rigori. L’Ataturk nel corso degli anni, nel mio immaginario, ha iniziato a coincidere con la bolgia massima, l’inferno totale nel quale giocarsi qualcosa. In questi sette anni, tale metafora è stata utilizzato tantissime volte, soprattutto nei parallelismi fatti con Gabriele. Proprio ieri sera gli ho scritto un messaggio in cui dicevo testuali parole: “E’ come dover giocare un campionato, 38 partite, sempre in trasferta nell’inferno dell’Ataturk”. Questa frase riassumeva il contesto lavorativo nel quale sono appena sbarcato, la similitudine a mio avviso era estremamente azzeccata. Oggi ne ho avuto la conferma finale quando ho capito che lì, a due passi dalla redazione, c’è una piazza dedicata al grande eroe turco. La giornata è stata impreziosita anche da un altro aspetto, ho notato che dentro l’ufficio, su un palo che sostiene una tv, c’è arrotolata una sciarpa dell’Inter. Solo oggi pomeriggio ho capito il perché non me ne fossi accorto prima, essendo del gruppo Monelle (le ragazze della Curva Nord) è prevalentemente rosa con dei risvolti nerazzurri. Comunque sia, ho l’Ataturk alle mie spalle e una sciarpa dentro l’ufficio che non so a chi possa appartenere. I riferimenti non sono casuali e per me sono tutti dei segnali: il vessillo interista mi incita, ma l’Ataturk nelle vicinanze mi ricorda che non sarà semplice, o meglio, prima di una clamorosa vittoria ci sarà da lottare. Quelli del Liverpool lo sanno.

 

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