E poi, all’improvviso e clamorosamente, sbuca lui: “Fettina”!

 

È tardi, lo so, sono le 2.10, ma questo post lo dovevo scrivere subito, appena tornato a casa perché la magia di certi momenti non può attendere il giorno dopo, non può aspettare un’alba.

Ho da poco finito di scrivere l’articolo su Italia – Argentina, sono andato allo stadio questa sera, dovevo avere l’accredito, ma alla fine ho comprato il biglietto. Sarei andato comunque all’Olimpico, anche perché sognavo di vedere Messi dal vivo e poi perché l’Italia a Roma è qualcosa di rarissimo: 4 volte negli ultimi 16 anni. Per me era arrivato il momento di vedere gli Azzurri a casa mia visto che nelle altre occasioni per vari motivi non ero mai stato presente.

Sono andato in tribuna Tevere e nonostante il settore ho visto la partita in piedi, a cavalcioni sulla vetrata. Per me la transenna o la vetrata sono un punto di riferimento, è raro che io mi metta seduto, quando capita avviene solo durante la pausa fra un tempo all’altro.

Proprio a fine della prima frazione mi sono recato al bagno e mentre ero lì, davanti l’orinatoio (lo so che non è una bella scena, ma forse il bello è proprio è questo) ecco il brivido della serata, forse dell’estate, di certo del mese d’agosto: Fettina.

Sì, lui, l’inarrivabile Fettina, idolo e personaggio storico dell’università. Io ero lì intento a fare i miei bisogni, mi sono voltato sulla sinistra e ho visto un omino con una maglia rossa che usciva dal gabinetto e con lo sguardo rivolto al pavimento sventolava da solo il suo tricolore con poca convinzione. Era un po’ perso, ma era lui, impossibile da non riconoscere, unico nella sua essenza.

Non ho fatto in tempo a corrergli dietro perché non potevo arrestare la mia azione fisiologica ma il fomento e i brividi che mi ha regalato questo clamoroso incontro non sono facili da esprimere.

Cioè, al 14 d’agosto, nel bagno dell’Olimpico, sotto la Tevere, ho beccato Fettina, uno dei più grandi personaggi dell’università, uno che insieme a Cannone, Bartali e Pennichella ha scritto pagine memorabili.

Sbalordito dall’incontro e felice come non mi capitava da anni sono tornato nel mio posto e mi sono visto la ripresa ripensando al mio eroe. Mi sono fatto anche qualche risata perché affianco a me un goliardico ragazzone con i suoi amici ha preso in mano la situazione, e rispondendo ai tantissimi e chiassosissimi argentini che cantavano senza pause, ha deciso di rispondere in maniera molto originale. Il primo coro è stato “Un Vaticano, c’è solo un Vaticano”, subito dopo “Notti magiche, inseguendo un gol”, poi “Volare oh oh, cantare oh oh oh”, prima di un anacronistico ma simpaticissimo Avanti Savoia! nel momento di maggior forcing azzurro per riacciuffare la partita.

Ero così estasiato a fine partita che mi sono fermato davanti una bancarella e mi sono comprato una t-shirt dell’Italia che volevo da un sacco di tempo, quella con scritto dietro Che schiava di Roma Iddio la creò. L’ho presa nera con il tricolore davanti perché ho immaginato quale sarebbe stato il commento di Gabriele. Ho sorriso, ho pagato e sono andato a prendere il tram.