Tutta colpa di Andrea

 

La realtà è che la colpa è tutta di Andrea. Sì, in parte è anche mia perché mi lasciai dissuadere ma lui ha parecchie responsabilità. Passo a raccontare i fatti.

È maggio del 2005, mi sono operato da alcune settimane ed una sera esco con il mio fidato amico, viene a prendermi con il motorino e ci rechiamo dalle parti di Casal Bertone.

Dopo averlo salutato, gli annuncio che devo fargli un’importante confessione e lui passa tutto il tragitto a chiedermi di anticipargli il tema, io non rispondo e lui comincia a sparare di tutto.

Davanti la birra gli dico che voglio diventare prete e Mastrantoni non mi prende sul serio. Notando la mia fermezza e gli occhi che non lasciano trasparire un pretesto goliardico, inizia a chiedermi se è vero, ma soprattutto mi implora di smetterla e di dirgli che è tutto un gioco. Io vado avanti e gli spiego le mie ragioni, tra l’altro valide e fottutamente attuali a ripensarci bene.

“Insomma Andrè, io penso che sia la cosa giusta. Non ho sentito la chiamata di Dio o di chi per lui, però credo che sia la scelta migliore, o meglio, la mia strada”. Lui mi fa notare che non ho nemmeno fatto la cresima ma io glisso dicendo che è un dato. Riprendo dicendo che “Ho una forte spiritualità e che l’idea mi affascina, io voglio fare quello. Non me ne frega più di tanto di fare il giornalista, raggiungerei la pace dei sensi dedicandomi agli altri, donerei la mia vita a chi ne ha di bisogno, e poi, un po’ più cinicamente avrei un lavoro assicurato e non avrei più problemi con le donne. Tanto Andrè, io non mi sposo, e manco c’avrò una donna, per cui sti cazzi, mi faccio prete, mi mancherà solo non poter dire le parolacce. Quello sì, da morire”.

Paolantoni la prende malissimo. Mi guarda ogni 20 secondi con la speranza di vedermi ridere all’improvviso e chiudere lo scherzo, ormai un po’ troppo lungo. La serata finisce male, con insulti, un paio di bestemmie del mio interlocutore e minacce quasi di morte. È la notte in cui lui certifica la mia pazzia in carta bollata, avanzando l’ipotesi che durante l’operazione da poco subita il chirurgo possa avermi manomesso definitivamente e in maniera irreversibile il cervello. I giorni successivi, prima del suo diciottesimo compleanno, mi implora di cambiare idea, di fargli questo regalo, ma io resisto. In fondo credo effettivamente che sia la cosa opportuna.

Arriva l’estate, l’opera di convincimento Andreiana prosegue, riesce a farmi anche dei discorsi seri, alla fine, non so perché, gli prometto che ci penserò. Inizia il quinto anno di superiori, la maturità, e mi perdo nel dare retta a tutte le fesserie sulle università, anche se posso fare solo una cosa nella mia vita: Lettere. Mi iscrivo, Colasanti è contento, dentro di me serpeggia la sensazione che farmi prete era certamente meglio.

Otto anni dopo, davanti sempre ad una birra, gli ho detto che è tutta colpa sua. Dovevo fare quello, mi sono fatto fregare da lui, oggi invece sarei sistemato e felice. Altro che donne, il lavoro, la disoccupazione, l’estero e la crisi, lui mi ha sottratto alla dritta via, lui sarà in eterno il colpevole della mia infelicità e della mia frustrazione. Andrè, è tutta colpa tua, te l’ho detto, mi hai condotto in un mare di problemi.

Per una volta in vita mia ho ascoltato qualcun altro e ho fatto un danno irreparabile.

 

 

ricordi,amici,andrea

 

(Marzo 2001, in pullman di ritorno da Firenze e diretti a Chianciano. Si vede che Andrea ha appena detto una stronzata delle sue, si capisce dalla sua faccia e dal mio braccio…)