Cinque cose prima di Ferragosto

Mentre il calendario precipita rapido verso Ferragosto, devo fissare da qualche parte alcuni appunti.

  • Dopo tanto tempo, finalmente, siamo riusciti a deflorare anche lo Zoomarine di Torvaianica riproponendo più o meno una giornata simile a quella di inizio giugno a Valmontone. Peccato però che stavolta l’impareggiabile Gallo non abbia potuto partecipare alla giornata a bordo piscina, fra scivoli, attrazioni, pappagalli e delfini. Anche in questo caso eravamo circondati da napoletani, e ancora una volta non capisco il perché tutte le volte noi dobbiamo andare a Napoli quando avremmo dei parchi divertimento a portata di mano…Senza dubbio, l’attrazione più entusiasmante (almeno per me e Antonio), è stata quella degli scivoli sui gommoni da fare insieme, un qualcosa che abbiamo ripetuto 5 volte, 3 delle quali consecutivamente. Tutto bello, tanta gente, giornata calda, peccato solo per lo spettacolo dei delfini, considerando che sono degli animali che notoriamente io non riesco a sopportare, ma questa è una storia lunga…
  • Al campeggio ci siamo andati, la roulotte è stata sistemata, la veranda-tenda anche. Tornando da solo da Bolsena ho dovuto prendere il treno a Orvieto e nel cercare un posto sul vagone, ho voluto (come sempre) rimediarne uno vicino a qualche ragazza, semplicemente perché come afferma Fabio Volo in un suo libro, è meglio condividere l’aria con le donne che con gli uomini. La ragazza davanti a me era sola e leggeva un libro dal titolo criptico in una lingua misteriosa. A un punto, quando mancava ormai poco alla stazione, lei si è svegliata e le ho chiesto per curiosità di dove fosse per capire più che altro la lingua. Quando ha risposto Turchia, Istanbul, ovviamente è iniziata una conversazione interrotta solo dall’altoparlante che annunciava: “Siamo in arrivo alla stazione di Roma Tiburtina”, la mia fermata, ma non la sua. 
  • Come scritto già nell’ultimo post, sono tornato a giocare a basket con Vincenzo giorni fa e arrivati in parrocchia abbiamo dovuto condividere l’unico canestro con due bambini. Dopo qualche tiro di riscaldamento, i due nanerottoli ci hanno sfidato apertamente chiedendoci se volevamo fare un due contro due. Considerando che io aspettavo solo quello, nel senso che volevo una partitina al volo, al di là dell’età dei presenti, abbiamo accettato subito. Per quanto la sfida non fosse impossibile per età, esperienza e altezza (soprattutto altezza…), abbiamo vinto entrambe le partite, la seconda con uno scarto minimo anche perché abbiamo giocato a ritmi piuttosto bassi, ma quello che per me rimarrà il momento più importante del pomeriggio è il mio “movimento-zappa”. Sicuramente non tutti sanno di cosa sto parlando, pertanto lo spiego. Dicasi “movimento-zappa”, quello in cui parti in palleggio verso sinistra (nel lato meno atteso dal difensore) e ad un punto convergi tutto verso destra, spostando il pallone da sinistra a destra rigorosamente con la mano destra. Quel movimento (deve essere molto rapido) obbliga il braccio a fare una specie di uncino, una “zappa” appunto, e beffa l’avversario spalancandoti lo spazio verso il canestro sulla tua mano forte (quella con cui tiri abitualmente).Se non l’avete capito per bene, il video arriva in vostro soccorso, al minuto 4.10, correva l’anno 2000, Losanna, finale di Saporta: http://www.youtube.com/watch?v=pBQqQdq_yuw Io per anni ho cercato di imitare questo gesto perché era uno dei marchi di fabbrica di Danilovic, il fatto che mi sia venuto all’improvviso, quasi d’istinto, e che abbia portato anche ad un canestro mi ha riempito di gioia in un modo inspiegabile. Il suo essere automatico come gesto mi ha quasi emozionato. Ho voluto scrivere sta cosa perché fra anni sarò felice di rileggere queste righe e di ricordarmi che mi era venuto bene il “movimento-zappa”.
  • Per par condicio però, visto che di Catto ce n’è uno e tutti gli altri son nessuno, vi metto anche il link del blog di David Speranzi. Così, per pubblicità. davidspera9.myblog.it

Dialogo della settimana

 

Vincenzo: Pagherei per sapere cosa pensavo quando avevo l’età di questi ragazzini, o quando avevo 14 anni, tu te lo ricordi a che pensavi?

 

Matteo: Sì Vincè, esattamente alle stesse cazzate di oggi. Le stesse identiche.