Il Tour dei Balcani: Spalato

Roma di notte, è bellissima. Questo è il mio pensiero ricorrente mentre taglio in due la città, alle 4 di mattina, su un Cotral che da Tiburtina mi porta a Fiumicino. Arrivo con largo anticipo, il wi-fi ovviamente non c’è, mi mangio la mia crostatina del Mulino Bianco e aspetto. Al momento dell’imbarco vengo avvicinato da uno dei classici tipi che non tollero: “L’Apprensivo” il quale però vuole fare anche l’esperto. Chiede tre volte, e a tre persone diverse, se la fila sia per il volo di Spalato, guardo la ragazza e provo una smisurata compassione.

L’aeroporto croato mi regala un flash-back immediato, l’odore che emana l’ingresso principale è identico a quello delle pensioni e degli hotel a due stelle di Rimini. Sarà il mare, sarà il profumo dell’Adriatico, resta il fatto che le narici mi trasmettono un senso di casa. Impieghiamo quasi più con il pullman ad arrivare nel centro città che da Roma a Spalato e giunto al terminal dei bus, mi informo subito per l’indomani: compro il biglietto per Mostar e decido che questa mossa sarà quella che dovrò adottare anche in futuro. Percorro Riva, una delle due vie principali e mi imbatto in turisti, bancarelle, ufficio informazioni, mercatini ortofrutticoli gestiti da donne rigorosamente over 65, ma soprattutto mi piace fin dall’inizio l’atmosfera. Con la mappa in mano mi inoltro nel centro città a caccia di Plinarska, dopo mezz’ora in Croazia ho già capito che lo standard delle ragazze da queste parti è di un livello spropositato. Approfitto del mio status di viaggiatore e mi rivolgo ad una del posto che mi manda dritto all’hotel. Mi accoglie Frane, il proprietario, un ragazzo sulla trentina, dall’aspetto un po’ “sagnoccone” come direbbe David, ma particolarmente disponibile e cordiale. Mi riposo e poi mi avvio verso il centro per pranzo. Aspetto un’ora prima di mangiare una modesta grigliata mista, rientro in albergo e riparto verso il mare seguendo il suggerimento del fido Frane che mi indirizza in un posto tanto bello quanto poco popolato. Cammino dentro un parco naturale, percorro un sentiero e mi allungo su una spiaggia di lastroni di pietra, un tuffo, un altro ancora e poi torno indietro.

Mi piace Spalato e mi piacciono le donne di Spalato, me lo ripeto una ventina di volte in poco più di mezza giornata. Girando per il porto mi sembra di essere un po’ in Italia, in una delle tante cittadine della Puglia: i colori, i vicoli, il ritmo, si vede in maniera evidente che gli italiani da queste parti ci sono passati diverse volte e fin dai tempi lontani. Penso che in fondo è solo un pezzo di mare a dividerci, forse per loro è sufficiente questo per piantare ogni mezzo metro una pizzeria e una gelateria, magari il turista tedesco ci casca e apprezza il prodotto come se fosse nella nostra penisola. Lungo il molo l’odore è poco raccomandabile, un misto di pesce e uovo marcio dal quale mi allontano risalendo verso il palazzo di Diocleziano, vero punto nevralgico della città, patrimonio dell’Unesco e tappa della mia visita la mattina del secondo giorno. Salgo sul campanile, ammiro Spalato dall’alto, navi e traghetti, sotto la vita che si muove in costume, prima di un acquazzone violento e previsto che per mezz’ora abbondante mi tiene bloccato sotto un terrazzo. Il cielo si apre, guardo l’orologio e pranzo prima di ripartire verso il terminal dei bus. Carico la mia valigia, un attimo dopo però l’autista (che diventerà il nemico di giornata) mi salva la vita sbattendomi contro il pullman considerando che un suo collega alla guida di un altro mezzo per fare retromarcia rischia di uccidermi. Superato il momento di terrore, salgo al secondo piano di un bus della Eurolines, mi sento un po’ come i romeni dell’Anagnina, ma mi godo il panorama che si staglia davanti ai miei occhi e dopo un po’ provo invano a dormire…

(CONTINUA)

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