Il giorno della Restaurazione

Ero all’Hotel Mara di Ortona quando mio padre entrò in camera con la Gazzetta dello Sport appena comprata che titolava MancinInter. La sera prima era stata ufficializzata la trattativa dell’estate, Zaccheroni lasciava il posto al tecnico di Jesi chiudendo una lunga telenovela in cui la volontà di Moratti fu decisiva. Aveva voluto Mancini all’Inter diverse volte, ci andò vicinissimo nel novembre del 1996 ma poi il numero 10 doriano rimase a Genova. Chiusa la carriera da calciatore, l’ex presidente nerazzurro cercò di portarlo a Milano da allenatore e nel 2004 riuscì finalmente nel suo intento. Mi svegliai e l’occhio finì subito sul titolone della Gazzetta, iniziava il primo regno di Mancini, uno degli allenatori più longevi nella storia dell’Inter e anche uno dei più vincenti.

Quattro anni di successi, un crescendo iniziato con la coppa Italia al primo tentativo, un successo che spezzò un digiuno di 7 anni, quando il declino sembrava ormai terminale. Quella sera è uno dei ricordi più vivi e belli che ho. Un trofeo che aprì una nuova storia in un Meazza completamente in delirio. Il resto, poi, è storia. Calciopoli e quant’altro, gli scudetti di cartone, di plastica, di ottone, vinti senza avversari, le 17 vittorie di fila, la Supercoppa strappata alla Juve al Delle Alpi con una giocata di Veron (ma pure quella era di cartone o no?), record di vario tipo, il cardiopalma a Parma, Villareal, passando per l’Euroderby e la scazzottata di Valencia.

Torna Mancini e io sono contento, felice in un modo quasi esagerato. È la notizia del 2014 che ha suscitato in me l’esultanza maggiore: stamattina giravo per casa e fremevo per la gioia, dopo aver appreso il tutto da Twitter per due ore non sapevo cosa fare, ero talmente esaltato che ho iniziato a pedalare sulla cyclette come se fossi sullo Zoncolan.

Finalmente lo strazio mazzariano è terminato. Finito. Speriamo di resettarlo quanto prima anche nell’animo e negli atteggiamenti. Ora non ci sono alibi e scuse, i giocatori sanno che il parafulmine è saltato e quindi, i primi a finire sul banco degli imputati prossimamente saranno loro. Thohir ha spiazzato tutti, magicamente. Due mosse per ridare fiato e speranza, coraggio ed entusiasmo. Ha liberato l’Inter da un fardello (Mazzarri) lanciando un segnale forte e chiaro: Mancini è una scelta inequivocabile, vogliamo tornare a fare cose importanti quanto prima. Meno male, filippino mio. Avevamo temuto il peggio, una cancrena irreversibile, una situazione scomoda, in ostaggio di contratti e Fair Play Finanziario.

La depressione degli ultimi 15 mesi vive una scossa, potente e inattesa. Non mi stupirei se a breve San Siro diventasse nuovamente uno stadio gremito e con il pubblico pronto a caricare i giocatori. Volevamo un po’ di interismo, volevamo qualcuno che riaccendesse la fiamma delle emozioni ed è arrivato il personaggio più giusto, talmente perfetto che per varie ragioni nemmeno ci speravo.

Mancini, Carminati, Nuciari, Salsano, forse Adani, insomma ritornano tutti. Persone che hanno scritto la storia recente dell’Inter, persone a cui saremo grate in eterno. Tornare non è mai facile, ma ciò che uno ha vinto non si cancella al di là dei risultati che raccoglierà in futuro. Sono felice che questa squadra sia stata riconsegnata a chi ha l’Inter dentro, a chi l’ha saputa riportare in alto, aspettare il derby con la speranza di perderlo affinché Mazzarri venisse cacciato era un pensiero che mi stava togliendo il sonno.

È un po’ il giorno della Liberazione, ma anche della Restaurazione, e per me che sono un nostalgico è fantastico, visto che amo i ritorni sopra ogni cosa. Il nostro Roberto Mancini è tornato a casa, io sono passato al consorzio nel pomeriggio, all’improvviso siamo tornati al 2008.

Che cosa magnifica.

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Il frasario di mia nonna (Parte III)

Terza parte e molto probabilmente ultimo resoconto sul frasario colorito e particolare di mia nonna. Nelle precedenti due puntate ho riportato alcune delle sue tipiche espressioni gergali, fra romanesco e invenzione, genialità e anima verace. Dopo il post dello scorso 4 agosto voglio chiudere la lista con le ultime perle.

 

“Core de nonna, tu nun te sposa’ mai” – Crescendo, inevitabilmente, questa frase me la ripete più spesso e con maggior convinzione. È un suggerimento, un invito, un’esortazione, quasi un augurio che lei mi rivolge. Evidentemente il trend di coppie che saltano con grande facilità non le è indifferente, di conseguenza vede nel matrimonio qualcosa di negativo o rischioso. Per cui, a suo avviso, è meglio lasciar perdere, ovviamente il tutto è anticipato da quel “Core de nonna” classica espressione intramontabile.

 

“La vita è ‘na gran fregatura, ma una de quelle grosse” – Questa espressione a me fa molto ridere, ha quel suo senso di malinconia e amarezza che mi avvolge. Mi piace talmente tanto che sono io spesso a “provocarla”, sono io che pronuncio la frase, almeno la prima parte e lei annuisce con il capo e poi chiude tutto dicendo appunto: “Sì, ma una de quelle grosse”.

 

“C’ho un nipote che è ‘n diavolerio” – Il nipote in questione non sono io bensì il figlio di mio cugino di cui lei è bisnonna. Tralasciando il valore della frase (oltretutto vera) a me affascina questa evoluzione del termine diavolo. So che è un termine regionale il quale significa “scompiglio, trambusto” ma nel caso specifico penso sia una perfetta sintesi di “diavolo” e “diavolerio” inteso nel suo modo più letterale, visto che il bambino in questione genera trambusto e scompiglio in maniera puntuale.

 

“Sto cane c’ha le corna” – Torna il tema del diavolo e del demonio come simbolo di caos e problemi. Altra storica definizione utilizzata per animali ma non solo. Avere le corna significa essere dei mascalzoni, dei lazzaroni, non c’entra nulla l’aspetto del tradimento. Se il cane ha le corna, significa che la sta facendo impazzire con il suo comportamento.

 

“Nun li reggo, perché so’ ‘sagerati” – Frase ripetuta spesso, anche se la prima volta che l’ho sentita è stata dopo un suo periodo di vacanza a Fiuggi. Partì con il centro anziani e rimase particolarmente infastidita dal comportamento dei suoi coetanei durante i pasti, in particolare fu sconvolta da coloro che si avventavano sul buffet come se non ci fosse un domani…”Pare che nun hanno mai magnato…”

“Perché siamo felici di essere italiani”

Lo scorso anno parlando con Michael in redazione l’Italia era un tema frequente nei nostri discorsi extra lavorativi. Lui da amante del Belpaese e io da cittadino tricolore, ci imbarcavamo su conversazioni relative alla nostra cara e vecchia penisola. Spesso, la chiacchierata si chiudeva con una mia frase, un mix fra nostalgia e orgoglio mai sopito: “Michael, remember, life is too short not to be Italian…”

E la risposta puntuale era sempre: “You say right, Matteo…”

Questa estate la penna acuta, divertita e intensa di Severgnini ha stilato un elenco sui 100 buoni motivi per essere italiani. Difficile non poter condividere la lista, alcune frasi hanno un valore tanto poetico quanto reale. Io ne ho sottolineate alcune alcune, le mie 15 preferite. Lascio a voi lo stesso compito.

E’ inutile negarlo. Alcuni aspetti dell’Italia ci addolorano, alcune vicende ci imbarazzano: anche perché ne siamo, spesso, corresponsabili. Ogni giorno occupano le pagine dei giornali, che hanno il dovere di raccontarle. Altre cose, per fortuna, ci rendono orgogliosi. Eccone cento in ordine sparso. Non è una classifica ragionata: è un elenco del cuore.

 

Ecco perché, nonostante tutto, siamo felici di essere italiani.

1.    Perché siamo intelligenti, quando non diventiamo astuti.
2.    Perché siamo intuitivi, se non cadiamo nella superficialità.
3.    Perché siamo immediati, quando non diventiamo impulsivi.
4.    Perché siamo imprevedibili, se non diventiamo inaffidabili.
5.    Perché siamo geniali. Nessuno è altrettanto bravo a trasformare una crisi in una festa.
6.    Perché siamo gentili e capaci di bei gesti (poi abbiamo difficoltà a trasformarli in buoni comportanti).
7.    Perché abbiamo gusto. Sappiamo istintivamente cos’è bello.
8.    Perché, talvolta, anteponiamo l’estetica all’etica. E’ sbagliato, ma resta comunque uno spettacolo.
9.    Perché siamo interessanti. Turisti, uomini d’affari, Angela Merkel: con noi non ci si annoia.
10.   Perché nel mondo ti guardano. In Italia ti vedono.
11.   Perché la campagna è un’educazione sentimentale (nord).
12.   Perché la vita è un saliscendi (centro).
13.   Perché il mondo è un’idea a colori (sud).
14.   Perché le città sono attraversate dalla storia e dalla gente.
15.   Perché Milano è la nostra America, la terra delle opportunità.
16.   Perché Trieste è il sud del nord, il nord del sud, l’est dell’ovest e l’ovest dell’est
17.   Perché Venezia fa credere a ogni turista d’essere un poeta.
18.   Perché Genova sorride, mostrando i denti al mare.
19.   Perché Firenze e Torino si sono svegliate.
20.   Perché Napoli e Bari si danno le spalle, ma si rispettano.
21.   Perché il caldo in Calabria è profumato.
22.   Perché in Sicilia la linea più breve tra due punti è un arabesco (grazie, Ennio Flaiano).
23.   Perché la Sardegna ha un gran cuore e una gran pazienza.
24.   Perché il traghetto verso Olbia è un viaggio al termine della notte.
25.   Perché, come negli Usa, esiste un nord e un sud. Cercate Rossella O’Hara a Matera. Magari si chiama Samantha, ma c’è.
26.   Perché il cielo di Lombardia, certi giorni, è più azzurro della maglia della Nazionale.
27.   Perché Lucia Mondella è più sexy di una modella (ieri, ora e sempre).
28.   Perché abbiamo la testa in Europa, la pancia al vento e i piedi a mollo nel mare.
29.   Perché d’estate fa più caldo e d’inverno fa più freddo. Così possiamo rinfrescarci, riscaldarci e lamentarci.
30.   Perché le mattine hanno sapore di mare (Gino Paoli), il pomeriggio è azzurro (Celentano) e poi è una notte in Italia (Ivano Fossati).
31.   Perché abbiamo i tigli nei giardini, gli abeti sui monti e i papaveri nei campi.
32.   Perché le Alpi, a un certo punto, si spogliano della neve e si lasciano guardare.
33.   Perché i vip hanno le loro tane (dove sgomitano coi ricchi russi) e tutto il resto è libero.
34.   Perché arriva il momento in cui spengiamo i motori e i risentimenti.
35.   Perché il calcio è un gioco (ogni tanto).
36.   Perché tutti hanno giocato a calcio.
37.   Perché i gusti del gelato sfiorano la metafisica (puffo, amarissimo, basilico).
38.   Perché nei treni corre la vita (sui regionali, piuttosto lentamente).
39.   Perché negli aeroporti all’alba sembriamo una nazione ordinata.
40.   Perché non tutti gli spettacoli all’aperto sono spettacolari, ma sono tutti all’aperto.
41.   Perché nelle feste balliamo anche senza essere sbronzi.
42.   Perché negli alberghi capiscono subito chi sei, e se lo ricordano.
43.   Perché nei ristoranti lavorano uomini e donne, non robot.
44.   Perché abbiamo il mare, le montagne, le colline, la pianura, città poetiche, isole profumate, fiumi vivaci e grandi laghi. Certo, mancano il Gran Canyon e la Grande Muraglia. Ma ci stiamo organizzando.
45.   Perché gli italiani hanno saputo dipingere, scolpire, raccontare, cantare, recitare, arredare e vestire la vita.
46.    Perché abbiamo scoperto l’America per caso.
47.    Perché l’antica Roma era potente e la nuova Roma può essere divertente.
48.    Perché a Milano c’è la Scala del calcio, e anche l’altra.
49.    Perché abbiamo il “Corriere della Sera”, che segna il tempo di una vicenda che va avanti.
50.    Perché le famiglie sono alberghi e ristoranti, banche e assicurazioni, asili e ospizi (e resistono anche al Family Day).
51.    Perché gli americani si mettono in analisi, noi ci sediamo a cena con i figli.
52.    Perché a tavola mettiamo pane, amore e fantasia.
53.    Perché abbiamo insegnato a mangiare al mondo. Be’, forse non a tutti: ma ai francesi, agli inglesi e agli americani certamente sì.
54.    Perché abbiamo cappuccinizzato il pianeta, e in Italia un caffè non si nega a  nessuno.
55.    Perché abbiamo inventato la pizza, la Vespa, la Fiat 500, l’Olivetti Lettera 22 e la giacca da donna. Quando teniamo le cose semplici, non ci batte nessuno.
56.    Perché molti ci criticano, ma tutti ci copiano.
57.    Perché le chiese di campagna sono meglio di certi difensori della fede
58.    Perché l’Argentina è l’Italia alla seconda potenza e ci ha mandato un grande Papa e alcuni ottimi centravanti.
59.    Perché abbiamo il capo di governo più giovane d’Europa, e chissà cosa combina.
60.    Perché abbiamo il Presidente più anziano, e sappiamo quanto ha fatto.
61.    Perché ogni tanto rovesciamo la bandiera (rosso a sinistra?!), ma le vogliamo bene.
62.    Perché scriviamo leggi così complicate che talvolta ci dimentichiamo di rispettarle.
63.   Perché siamo troppo indulgenti con imbroglioni e farabutti, ma li riconosciamo subito.
64.    Perché siamo autocritici, se non diventiamo autolesionisti.
65.    Perché abbiamo la Grande Bellezza che vince l’Oscar e la piccola bontà che fa girare il mondo.
66.    Perché abbiamo il servizio sanitario nazionale, la scuola pubblica e i carabinieri.
67.    Perché medici, infermieri, insegnanti e poliziotti lavorano molto per poco.
68.    Perché c’è sempre qualcuno che prova a incoraggiare qualcun altro.
69.   Perché la donna è mobile e l’uomo pure; i ragazzi, non parliamone. Viva lo smartphone!
70.    Perché accendiamo l’aria condizionata solo quand’è necessario.
71.    Perché sappiamo pensare con le mani.
72.    Perché i campi non hanno mai l’aria annoiata.
73.    Perché dove le valli si aprono nella pianura qualcuno ha aperto una fabbrica che dà lavoro.
74.    Perché intorno a Bologna e a Modena costruiamo macchine precise e romantiche.
75.    Perché il Veneto è il nostro Texas.
76.   Perché a Memphis ci copiano il caffè e la pizza, ma noi a Melfi gli facciamo le Jeep.
77.    Perché all’università di Pavia i ragazzi studiano sotto le magnolie e il glicine.
78.    Perché in ogni laboratorio del mondo ci sono un computer, una pianta verde e un italiano (prima o poi restituitecelo, però).
79.   Perché certi paesotti lungo le strade provinciali sono così brutti da diventar simpatici.
80.    Perché camminare nelle città di notte produce un rumore interessante.
81.    Perché le piazze sono salotti e sale d’attesa, mercati e assemblee, passerelle e palestre.
82.    Perché abbiamo vecchie case bisognose di amore e manutenzione.
83.    Perché, se vedete qualcuno con le mani in mano, c’è una spiegazione. Se le sta fregando e pensa: bene, adesso che si fa?
84.     Perché diciamo “criticità”, ma in fondo non siamo tanto critici.
85.    Perché parliamo in inglese, soprattutto quando parliamo italiano (è più trendy, baby)
86.    Perché amiamo confondere chi ci giudica.
87.    Perché sappiamo che quei giudici, talvolta, hanno ragione.
88.    Perché siamo attirati dalle eccezioni, ma ogni tanto ricordiamo anche le regole.
89.    Perché siamo resilienti, non ancora rassegnati.
90.   Perché siamo convinti che nulla sia veramente impossibile (Berlusconi monogamo?!).
91.    Perché tutti sono rivali di tutti, ma in fondo ci sopportiamo.
92.    Perché governare noi è come condurre un branco di gatti (ma i gatti hanno più personalità delle pecore, diciamolo).
93.    Perché le strade offrono un campionario di facce. Difficile sentirsi diversi, quando di uguale non c’è nessuno.
94.    Perché abbiamo il senso dell’umorismo. E ridiamo di chi non ne ha.
95.    Perché nulla è stabile, se escludiamo il provvisorio.
96.    Perché ogni tanto ci cadono le braccia, ma poi le tiriamo su.
97.    Perché siamo quello che gli altri vorrebbero essere, almeno talvolta. E non osano.
98.    Perché le donne italiane lo sanno
99.    Perché l’Italia è piena di ragazze e ragazzi italiani, e adesso tocca a loro
100.  Perché sorridiamo, nonostante tutto.

 

Jukebox

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“Duomo ma com’è sta deriva poetica sul blog? Il Drastico è diventato azionista di maggioranza del dominio?”

Alcuni giorni fa Alfredo mi ha contattato per chiudere lumi sul blog e di fondo sulla fiacchezza di questi giorni, oltre alla scelta di mettere poesie più che post scritti di mio pugno. La risposta è stata tanto onesta quanto semplice: non so che dire, sono a corto di idee, non devo scrivere per forza e ho letto alcune poesie che volevo pubblicare avendo ciascuna di loro un senso. Spiegato il mio punto di vista ho rilanciato chiedendo a lui e David di proporre qualcosa, e così, entrambi, si sono prodigati in suggerimenti su ciò che avrebbero voluto leggere, trasformando il blog nel loro personale jukebox. Il Catto mi avrebbe messo ulteriormente nei pasticci con la sua proposta, Alfredo invece, con la sua proverbiale fantasia, mi ha fornito una traccia divertente: “Sarebbe interessante sapere la tua su tutti quegli esperimenti di merendine un po’ dubbi: la Fanta all’uva, il Kinder Merendero, la merendina del Pan di Stelle, il Tronky al pistacchio…Me piacerebbe sape’ che ne pensa un integralista come te. Ce deve esse almeno uno che t’ha convinto”.

SVOLGIMENTO

L’argomento mi intriga e cercherò di fare del mio meglio anche se come ha anticipato Alfredo stesso io sono un integralista convinto su certe cose, un conservatore della prima ora, e come se non bastasse un allergico nato, un allergico vero. Attenzione, non un intollerante, ma un allergico che significa: non sono un tifosotto, ma un ultrà che va allo stadio sempre e fa anche a botte.

Spiegati questi due concetti fondamentali cerco di esprimere la mia opinione prendendo in considerazione alcuni esempi. La Fanta all’uva mi faceva schifo. Letteralmente cagare. Parto subito leggero ma ho il dovere di non essere politicamente corretto e allora mi esprimo comodamente. Già non amavo la Fanta Lemon, figuriamoci questa specie di vino finto, zuccherato, gassato, da festa alle 4 di pomeriggio. L’ho assaggiata a un compleanno e mezzo bicchiere fu sufficiente per bannarla dal mio menù. Penso sempre a come la prenderebbe un vecchio nonno, uno di quelli cresciuti nella vigna, dinnanzi al nipote che entusiasta gli offre un bel sorso di Fanta all’uva…

Il Kinder Merendero che dire? Be qui si entra in un mondo a me piuttosto ignoto. In un campo minato in cui potrei morire solo dopo aver scartato lo snack in questione. Tuttavia io sono fan dell’ovetto Kinder per la sua storia, il suo blasone e ciò che ha rappresentato, d’altra parte come già dichiarato sono un conservatore intransigente. Il Merendero per me, distaccato osservatore, fu una trovata pessima. In fondo, d’estate, scegli altra roba, vai sul gelato vero o altre merendine, l’ovetto Kinder non è il top considerata la temperatura ma le sue declinazioni non meritano nemmeno troppa attenzione. La merendina dei Pan di Stelle invece non la disdegno. Non c’entra nulla con i famosi biscotti, tranne le stelline in cima, ma ha una sua identità interessante. Morbida, gustosa, non troppo grande, mi piace e l’ho mangiata diverse volte anche se poi, dopo un po’, stanca, proprio come il succo alla mela verde (cit.).

Il Tronky non ho mai potuto provarlo, troppo pericoloso per me. La sua evoluzione al pistacchio mi avrebbe ucciso in meno dieci secondi. Considerando questi due aspetti per me potrebbero toglierlo dal mondo e non me ne accorgerei nemmeno, ma per partito preso lo boccio senza dubbio.

Tornando alle bevande non ho mai amato la Pelmosoda, per me esistono o la Lemonsoda o l’Oransoda, il resto non lo contemplo. Ho impiegato anni ad accettare la Goleador Fruit essendo un fan sfegatato di quella classica (ovviamente) alla liquirizia, quella che per me ancora oggi non costa 10 centesimi ma 150 Lire, meno della metà di un pacchetto di figurine Panini nel 1996-97, sulla Goleador gusto Cola direi che non è il caso nemmeno di spendere una riga, giusto no?.

Riguardo le merendine, apro una breve parentesi per la Fiesta al caffè. Mai assaggiata, la reputo francamente un’offesa alla Fiesta stessa che rimane molto probabilmente la merendina per antonomasia. Affiancarle qualcosa o aggiornarla non mi pare rispettoso da un punto di vista umano.

Ho provato per curiosità (solo per quello) il Gatorade alla pesca ma non ne rimasi rapito, poco dopo sparì, per me anche in questo caso la formazione rimane quella base: gusto limone o arancia, strappo alla regola per quello arancia rossa, e poi da quando non lo vendono più nella bottiglia di vetro da mezzo litro non è più buono allo stesso modo.

Ho amato il KitKat quando mi ha regalato la versione Dark: andare al bar dell’università e comprarmelo nel primo pomeriggio era un gesto quasi abituale, ricordo però anche il risentimento quando lo portarono da 1 Euro a 1,10. Lo mangiavo ed ero pronto a ripartire verso altri brividi entusiasmanti mentre David addentava il suo Snickers.

Ultimamente sto apprezzando il Buondì “Total Dark”, buono, non troppo pesante e davvero sfizioso. Tifo apertamente per il vecchio Tegolino, ultimo baluardo a non evolversi in mostri rari, mi stanno antipatici i Flauti in ogni loro versione e i Saccottini. Disprezzo i Trancini, mentre Nastrine e Kinder Brioss a mio avviso hanno fatto il tempo loro.

Mi dispiace per voi, ma io ho sempre preferito il salato, la pizza e il panino con il salame, un po’ per necessità, un po’ perché sono immortali, mai vintage e sempre incredibilmente buoni e salutari.