Da Eglinton a Queen station

Eglinton_TTC_train_arrivingSolitamente tutto inizia quando mi chiudo la porta dell’appartamento di Rosewell Avenue alle mie spalle e l’orologio segna le 8,25. Mi faccio subito una bella salita, supero il primo incrocio, e poi svolto a destra su Yonge Street, una mezza discesa e in poco più di dieci minuti raggiungo il centro commerciale di Yonge-Eglinton dove prendo la metropolitana.

Nel lasso di tempo in cui percorro questo tragitto, generalmente penso sempre alle solite cose: il tempo, a che giorno sia e quindi cosa mi mangerò in ufficio visto che ho i pasti stabiliti, capisco definitivamente quanto faccia freddo, a volte lascio qualche messaggio vocale su Whatsapp sempre con un discreto fiatone, e poi inizio a pensare a tutto il resto.

La subway delle 8:37 è la mia, mossa tattica per fare entrare gli altri prima di me, e poi mi infilo per ultimo per potermi appoggiare alle porte che dalla fermata successiva si apriranno sempre sull’altro lato, lasciandomi così beato in quel ritaglio di vagone.

Da Eglinton a Davisville penso a Mancini, alla prossima partita, a perché le cose non vanno, sono mesi che non trovo una risposta convincente a questo interrogativo angosciante.

Da Davisville a St. Clair penso a David, un Catto è per sempre si sa, e se penso a lui finisco per riflettere su quale stronzata potrò scrivere sulla chat congiunta con Alfredo. Sapete, partire bene, con la giusta frescaccia, dà un ritmo completamente diverso alla mattinata.

Da St. Clair a Summerhill non posso dire a chi penso.

Da Summerhill a Rosedale ripenso a Mancini e a quello che si può inventare questo pover’uomo, all’inutilità di Ranocchia, alla mediocrità di Juan Jesus, alla discontinuità fastidiosa di Guarin, al non temperamento da slavo di Kovacic e alla caviglia di Palacio che pare essere tornata a posto.

Da Rosedale a Bloor ho il pensiero random, dipende, vario un po’, anche perché le cose più importanti già le ho pensate, se poi vedo che arrivati a Bloor non sono passate le 8,47 capisco che sto in perfetto orario con la tabella di marcia.

Da Bloor a Wellesley mi faccio due conti e mi appunto mentalmente la lista della spesa che dovrò fare la sera al ritorno da Metro. Quando sento però l’altoparlante dire “Wellesley, Wellesley Station”, penso ogni mattina la stessa cosa e sogno di sentire dire, “Wellesley (che in realtà è pronunciato come Wesley), Wellesley Sneijder” e penso a quanto ci farebbe comodo ancora uno così.

Da Wellesley a College è tutta una tirata, un po’ Policlinico-Castro Pretorio, o Cinecittà-Subaugusta, mi studio la situazione e magari comincio a guadagnare terreno e posizioni per non rimanere intrappolato nella calca.

Da College a Dundas ripasso la classifica, il calendario, mi faccio una serie di calcoli e mi illudo che un piazzamento europeo sia ancora alla portata.

Da Dundas a Queen capisco che siamo arrivati, controllo l’orologio, sono pronto, è ora di andare e di cominciare un’altra giornata. Prima però esco dalla stazione, mi catapulto fuori dall’Eaton Centre, passo un paio di incroci, guardo la chiesa alla mia sinistra, vedo dai vetri canadesoni che bevono dai loro bicchieroni ogni tipo di liquido caldo, svolto sulla destra, mi infilo in uno dei tanti cunicoli al chiuso di questa città, mi disinfetto le mani al sanitazing point, esco, rientro, passo il badge e sono dentro.

Ora si comincia sul serio, sono le 9,00: ben arrivato in redazione.

Qualcosa sta cambiando

tu sai che è inevitabile

ma è fresco questo vento

che si sta alzando.

E io ti salverò!

Il giorno delle verità Negrita