Solo quello

Mi prendo un po’ di tempo e decido di fare il giro largo. Cammino, senza una reale destinazione ma con una metà vaga, il lago. Vado per Jarvis Street, sempre dritto, solo semafori e nient’altro, non svolto mai, se non alla fine. Il lungo rettilineo mi culla e mi trascina nei pensieri, ormai è così, vado più piano, senza fretta, non serve più. Manca poco, non è un discorso di tempo e giorni, manca poco alla fine di tutto questo. Quanto, è un dettaglio, conti buoni per il calendario.

Sono stati mesi lunghi all’inizio, rapidi successivamente, senza memoria ultimamente. Frazioni di secondo in cui potrei racchiudere giornate intere se non settimane, incredibile se ci penso, ma in fondo è stato così. Sto per tornare, chissà se è giusto, in fondo con questi interrogativi ti ci devi confrontare, e solo il tempo, come sempre, saprà rispondere.

Magari è stata una mossa azzeccata, forse no. So che un mese in più qui non sarebbe stato male, lo dico da maggio, lo confermo ancora oggi. Ma certe scelte vanno pianificate per tempo e tenendo conto di tanti dettagli.

Non me lo dico, ma in fondo so che va bene così. E per così, intendo tutto, come è andata. L’inizio, l’adattamento, le difficoltà, la lontananza, il distacco, e il sentirsi spesso fuori, non da casa, ma un po’ da tutto. Eppure, la consapevolezza di potercela fare non mi è mai mancata, non ho mai avuto l’idea o la sensazione di aver sbagliato.

Senza dubbio si possono dividere in due blocchi questi mesi, in modo quasi perfetto: i primi tre e quelli dopo Pasqua. C’è stato un momento in cui ho smesso di contare il numero delle settimane, lì è cambiato qualcosa. Non penso fosse un segnale che significava essermi abituato, credo semplicemente che ho iniziato a viaggiare più leggero e quindi più rapido, dettagli che hanno alzato anche il mio livello. E più la cosa si faceva difficile e coinvolgente, con le responsabilità che aumentavano, e più salivo di livello. Colpo su colpo.

I primi tre mesi sono stati una cosa, i restanti tre un’altra. Frase banale, osservazione che andrebbe approfondita, ma tutti i post precedenti in fondo la spiegano. Il mio girone di andata è stato a fari spenti, quello di ritorno è stato invece una costante crescita, un successo dopo l’altro ed una presa di coscienza totale. Un passo alla volta, una rimonta personale su tutto. E anche il passaggio a vuoto di metà maggio, chiamiamolo così, è stato fondamentale, decisivo. È stato il passo indietro necessario per prendere le forze per lo slancio finale. Per chiudere in crescendo, e provare magari a fare il colpaccio. A vincere lo “scudetto”. Perché sì, a un punto, ci ho anche sperato, perché è giusto così, è opportuno a volte farsi prendere anche da certi entusiasmi, oggettivamente forse troppo grandi.

Non si può nemmeno tirare il freno sempre e spegnere gli animi come un pompiere, certe onde vanno cavalcate e con un pizzico di fortuna, avrei veramente potuto portare a casa l’insperato.

Non è successo, la rimonta si è interrotta sul più bello, ma nulla toglie il valore a questi ultimi due mesi e mezzo. Era difficile, ma quello che conta, stavolta, e lo dico veramente, è stato il percorso, l’aver comunque messo dei punti fissi, aver ottenuto una consapevolezza diversa.

So da dove ripartire, e quella che doveva essere un’esperienza in parte fine a se stessa è diventata un punto di partenza. Doveva essere una transizione, lo è stata, ma poi è diventata molto altro. E da qui si ricomincerà. Troppo è stato seminato, molte cose importanti sono state piantate con cura e pazienza e per forza daranno presto dei risultati. È solo questione di tempo, questa è la certezza. Solo quello. Perché quando tornerà il freddo e l’estate sarà un ricordo, quando bisognerà mettersi il cappotto e lamentarsi del tempo, starò nuovamente qua, sarà un’altra pagina, un’altra avventura. C’è da sistemare qualcosa ancora, ma la base c’è, si lavorerà sui dettagli, con una padronanza diversa e con gli obiettivi chiari.

Finisco con il rimpianto di qualcosa che fino a settimane fa era impensabile e questo è in realtà il successo, non è uno scudetto morale, è proprio così. Posso andare a prendere gli applausi e l’incitamento di una curva immaginaria che canta e grida: “Vinceremo, vinceremo, vinceremo il tricolor!”, so che non è un semplice incoraggiamento e nemmeno una frase fatta, ma una promessa. Un patto.

Ci sono altre pagine da scrivere e altri traguardi da conquistare, è solo questione di tempo.

Solo quello.

Sono arrivato al lago, intanto.

“Women are made to be loved, not understood.” 

Oscar Wilde

Solo quelloultima modifica: 2015-07-05T03:12:01+02:00da matteociofi
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