Non vi posso spiegare certe cose io

A me i cappelli non stanno bene, di ogni tipo, ho la testa piccola, la faccia lunga, non fanno per me e lo so, di conseguenza evito di indossare roba del genere e penso a questo ogni volta che vedo qualcuno con qualcosa di platealmente sbagliato. In particolare quelli con gli occhialoni. Sì, quelli grossi, con la montatura nera, quelli trendy, da nerd, ma che sono brutti, ed essendo brutti come oggetto in se stesso, stanno male a chiunque, senza nessuna eccezione al mondo e questo mi stupisce sempre, facendomi pensare che siano davvero orrendi.

È una battaglia mia personale, ognuno è libero di fare quello che vuole ma poi esistono limiti, un confine che non si può varcare, ma la moda a quanto pare governa e quindi finisce lì, anche in Italia, dove lo stile vince sempre sulla moda, dove il bello è bello, e il soggettivo spesso ha abdicato all’oggettivo, al gusto, al concetto più profondo di bellezza. Be, tutto questo era per dire quello che penso con questo preciso ordine quando vedo gente mal combinata, vestiti in modo terribile, ma da questa parte di mondo è una battaglia fin troppo persa, anche se io mi accanisco con quelli che vogliono essere fashion e fanno ridere, con quelli che pensano di essere stilosi, o quelli che prendono noi italiani come esempio e poi fanno scempi da arresto.

Siamo diversi e c’è poco da fare, esistono campi culturali, e modi di pensare che non sempre si possono allineare. Certi divari rimangono e malgrado la globalizzazione, Facebook, Whatsapp, lo streaming e Youtube, e quello che volete, esistono punti di contatto e visioni vicine e lontane. È in parte meraviglioso vedere come alcuni aspetti vadano poi di pari passo, come si creino gruppi, “clan”, ma non perché ci sia cattiveria o incomprensioni, ma proprio perché esistono fatti antropologici che non puoi cancellare. E allora c’è poco da capire se ho fraternizzato con portoghesi, francesi, e una italo-argentina, semplicemente perché il sangue che ti scorre dentro somiglia a quello loro, tendi a vedere la vita con gli stessi occhi e per questo ti invitano a mangiare la pasta la domenica a pranzo alle 13.30, un orario molto mediterraneo, molto sud europeo e sei contento. Così porti il Cinzano perché sei italiano, e fra un rosso e un bianco passi poi nella corsia dei vermut e ti esalti alla vista dell’etichetta rosso blu del Cinzano. Che bello. E lo prendi, perché sei in fondo un ragazzo di borgata anni ‘70, da bar con il bancone di alluminio. Vallo a spiegare a questi qua. Per tutte queste ragioni, a volte non puoi essere capito, figuriamoci apprezzato, ma è normale e giusto, nel senso che dopo tanto tempo non è più un aspetto che mi sorprende ma con il quale convivo pacificamente. Di certo so che a me piacciono le persone a cui scorre il sangue nelle vene, ma il sangue quello vero, a me piace la gente come noi.

Da quando sono in giro, storicamente fraternizzo sempre con gli stessi popoli, spagnoli in primis, sud europei in generale, con l’aggiunta degli slavi ma su questo non ho spiegazioni plausibili, o almeno non me le sono mai riuscite a dare. Credo di avere un qualcosa di simile a loro, di genetico credo, o semplicemente il “demonio pieno di rabbia” come mi ha scritto qualcuno qualche giorno fa, oltre alla pazzia imprevista tipica dei balcanici.

Tuttavia adesso la preoccupazione più grande sono gli Europei e come vederli. Il fuso orario gioca contro, il blocco di livesx.tv è un dramma di dimensioni apocalittiche perché mi toglie la chance di vedere qualcosa in replica come se fosse in diretta. Se penso alla copertura che avrei potuto avere con Sky in Italia, se penso alle 41 partite su 64 viste ai mondiali e alla fame che mi aspetta invece ora, mi deprimo in un secondo. In compenso ci sarà quel tifo diverso, quel sentirsi parte di una comunità, il tifare Italia ma non nel proprio paese, la classica reazione dell’espatriato, vissuta casualmente e in modo ben diverso, in una camera d’albergo di Vienna nel giugno 2010, quando salutavamo mestamente il Sud Africa.

“Salgono su certi treni, loro malgrado. Solo per paura che la vita li lasci a piedi”. Ho letto questo tweet giorni fa e suonava in maniere perfetta con quello a cui ho dovuto assistere ultimamente, in modo del tutto casuale. Gente che entra in storie senza senso, con quella paura di rimanere appunto a piedi che a me fa venire i brividi e non perché ormai sono abituato all’opposto, ma proprio perché non capisco come la gente non capisca, e non è un gioco di parole, ne tanto meno una sciocca ripetizione del verbo capire. Alla fine penso questo, credo che la gente si annoi e a un punto senta di dover fare qualcosa. Una relazione è la cosa apparentemente più sensata, più facile, quella che riempie maggiormente il tempo. Sono sempre convinto che sia un discorso di paura, di timori, in particolar modo se il tempo continua ad andare. E allora va bene un po’ tutto, abbassi sempre più l’asticella e qualcosa viene fuori, a me questo mette paura, mi spaventa vedere gente fare cose così. Terribile. Ma tant’è e quindi it is okay, peggio per voi, non posso essere io a insegnarvi a stare al mondo, che poi non è tanto un giudicare, è tanto per fare delle considerazioni, alla fine, onestamente sono anche affari vostri, che cazzo me ne frega a me? Nulla. Eppure non mi capacito del perché la gente sia schiava di certe paure. Un mistero.

Martedì abbiamo perso nuovamente al torneo di calcetto, su tre gol ne ho fatto uno (anche bello, al volo), ne ho propiziato un altro da corner, perché le persone ancora non ha capito come si tirano gli angoli a calcetto, e un altro me lo hanno annullato senza un motivo chiaro, un fallo di confusione mentre io, alla Hernan Crespo, l’avevo già messa dentro. Il punto è che il livello di un partita di questo tipo lo capisci subito da una cosa: da quante persone giocano con la testa bassa o alta. Io appartengo alla seconda categoria semplicemente perché così si gioca a calcio, a qualunque livello. Se tu prendi il pallone e per portarlo avanti lo devi guardare, non vedi la porta, non vedi i tuoi compagni e soprattutto non vedi me che con un dito, o un braccio, ti detto il passaggio, lo spazio, dove sto andando, dove devi darmi il pallone e qui finisco. Se invece tieni la testa su, vedi tutto e ogni cosa sarà più facile, il gioco di squadra ne beneficerà e ci si diverte anche un pochino di più. Poi però, penso che anche a questi mica posso spiegare io come si fa, e mi viene in mente quella cosa che fa tanto ridere ad Alfredo: vorrei giocare con un altro me in squadra.

Confermo e sottoscrivo.

Non vi posso spiegare certe cose ioultima modifica: 2016-06-09T23:02:33+02:00da matteociofi
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