Un ragazzo di periferia. Ovunque.

Non ho mai avuto complessi, ma se devo trovarne uno per forza, il primo che mi viene in mente è il fatto di essere un ragazzo di borgata, ma non inteso come borgataro, tutt’altro, nessuno potrebbe sostenere questa tesi, ma il fatto di vivere proprio in periferia, lontano dal centro, mal collegato con i mezzi e in un quartiere della cintura romana.

Per anni questa condizione l’ho vissuta a metà, crescere sostanzialmente a casa di mia nonna mi faceva sentire meno periferico: la Stazione Tiburtina sullo sfondo, l’omonima via a 500 metri e tre metropolitane intorno mi trasmettevano un senso di centralità diverso. Certo, scendere a Quintiliani, la fermata metro meno usata e più nascosta fra le fratte di quel che resta della campagna romana, mi respingeva a distanze siderali dal centro, però era un qualcosa che mi scuciva un po’ la veste di ragazzo di borgata.

Tralasciando il valore a volte romanzato del nascere in zone difficili e disagiate, quando andavo alle elementari un po’ mi vergognavo di dire il mio quartiere, alle medie uguale, diverso invece era il discorso alle superiori. Crescendo infatti cambiano le percezioni e la stupidità aumenta, per cui dire che venivi da una zona malfamata accresceva la tua posizione. All’università invece, dire che vivevo a 4 km dalla facoltà era un piacere che ostentavo, per sottolineare la mia fortuna di questa vicinanza alla faccia dei paesani, dei burini e di chi doveva fare decine di chilometri.

Dentro di me però, fin da quando ero bambino ho sempre desiderato vivere in centro. Non nel centro storico, ma in zona molto più dentro la città. Se per raggiungere piazza di Spagna con i mezzi impiego un’ora abbondante (con la macchina nemmeno me lo pongo il problema), vorrei sperimentare il gusto di metterci la metà del tempo, di girare in qualche zona più storica della città, di vivere Roma diversamente, in modo privilegiato.

Sono uno di quelli che vivrebbe a Trastevere, senza dubbio, magari non proprio su piazza Trilussa per il caos e la movida, ma vivrei in tante altre zone, la mia preferita rimane quella intorno Castro Pretorio. Lì ho trascorso gli anni del liceo e un appartamento a Via Montebello, Via Goito o anche Via Alessandria, l’ho sempre sognato. A due passi da Piazza Indipendenza, vicino Termini, con la Nomentana che ti scorre affianco. Il fatto di essere mal collegato con i mezzi è sempre stata una croce, per cui, per me, avere bus e metro a portata di mano e vivere vicino a luoghi nevralgici è un aspetto che vale sopra ogni cosa.

L’etichetta di periferico e di ragazzo di borgata me la sono portata appresso anche nelle altre città in cui ho vissuto. A Dublino ero l’italiano di Stillorgan, poi quando sono tornato mi sono diviso fra Crumlin e Ballaly. A Toronto quando aggiorno il meteo e mi risulta York come località mi infastidisco mortalmente. Forse, anche per questo, non vedo l’ora di traslocare nell’alloggio in centro che dovrebbe essermi consegnato nel giro di un mesetto. Giorni fa guardavo la mappa e sognavo. Poter andare in redazione a piedi senza usare la metro, girare il centro di Toronto comodamente, andare a vedere il concerto di maggio con una semplice passeggiata, un lusso che mi pare impossibile.

Fra un po’ quindi coronerò anche questa fantasia, quella di essere per una volta in vita mia un cittadino del centro, immerso nel cuore pulsante del posto in cui vive, e pazienza se intorno a me avrò grattacieli, Starbuck e McDonbald’s e non monumenti o pizzerie a taglio.

Lo scorso 2 marzo

Nell’ultimo post ho raccontato la vigilia della magistrale sfruttando la ricorrenza e il calendario, a questo punto però devo fare altrettanto con il 2 marzo, praticamente un anno dopo quella giornata di festa e celebrazioni.

Non ho mai pensato che fosse una coincidenza, non ho mai creduto che esattamente un anno dopo aver brindato con la tesi in mano il fatto di essere in procinto di chiudere due valigie e imbarcarmi per l’Irlanda fosse una fatalità. Non confido molto nelle coincidenze, non credo molto alla casualità, penso che alcune vicende non capitino per caso, c’è sempre un motivo e un filo rosso che unisce tutto. Forse, è veramente tutto scritto. Questo è quello che pensavo mentre infilavo le ultime cose in valigia prima di lanciarmi in una nuova avventura, prima di partire per così tanto tempo, lontano da casa, a studiare e a sperimentare una nuova parte di vita.

Era il 2 marzo dello scorso anno quando arrivavo a Dublino, nel primo pomeriggio di un sabato ancora abbastanza invernale tanto in Italia quanto in Irlanda. Il senso dell’ignoto, il gusto della curiosità, la certezza che il momento era arrivato: questi furono i tre pensieri a farmi compagnia in quel viaggio, così come nei giorni precedenti alla partenza. Ricordo l’Aircoach all’uscita dal terminal e la piacevole scoperta che avrei potuto raggiungere il residence comodamente, senza dover sborsare cifre folli per un taxi. Il pullman mi traghettò verso Sandyford, riconobbi l’edifico da lontano e con i miei due trolley svoltai per Ballymoss Road.

Sbrigate le pratiche salii al quinto piano, stanza numero 115 e scoprii che le persone della ESL, l’agenzia a cui mi ero rivolto per organizzare il soggiorno, non erano state così precise e dettagliate nel descrivere la sistemazione. Cinque minuti più tardi mi resi conto che avrei dovuto condividere un appartamento vero e proprio solo con una ragazza, la mia flatmate, Cristina, spagnola di Maiorca.

Un po’ di imbarazzo, qualche battuta e poi presi coscienza del posto, della situazione e di tutto il resto. Occupai la mia camera, quella con tanto di bagno interno e iniziai a disfare le valigie. Frastornato, silenzioso e consapevole che avrei avuto qualche disagio iniziale, andai a fare spesa e a comprare il necessario da Dunnes verso le sei proprio con la mia coinquilina. Cenai con due hamburger e un po’ di insalata, poi Giulia, una delle nostre vicine di casa, ci invitò da lei per trascorrere la serata insieme. Qui incontrai Franca, ticinese di Ascona e un altro ragazzo svizzero di Neuchatel. Andai a letto un po’ stranito, tante sensazioni insieme, una dimensione nuova e la voglia di scoprire subito tutto. Stava iniziando un’avventura fantastica, complicata inizialmente, ma nella quale mi calai piano piano prendendo poi pieno controllo di tutto, della scuola, della città, dei miei pensieri.

È trascorso già un anno da quella partenza, da quella prima partenza per essere precisi, e sì, perché quella sera non sapevo che Dublino mi avrebbe accolto nuovamente più avanti, non avrei mai immaginato che in quella valigia stavo infilando tutto il mio 2013 e un sacco di belle emozioni. Chiusi i bagagli speranzoso ma non avrei mai scommesso che sarebbero potute accadere così tante cose, imprevisti, brividi clamorosi ed affascinanti.

Se ripenso al 2013, mi viene in mente quel sabato e quella partenza, tutto è iniziato lì e non cambierei nulla, rifarei tutto, senza pentimenti. In quelle valigie strapiene c’erano 30 kg di vestiti ma ancora molto spazio, quello che sarebbe servito per i quintali di brividi che avrei vissuto per i restanti dieci mesi, quelli successivi al volo Ryanair da Ciampino diretto a Dublino delle 10.40 del 2/3/2013.

 

Our love was on the wing

We had dreams and songs to sing

It’s so lonely round the fields of Athenry.

Sì, viaggiare…

Il 2013 è stato certamente un anno internazionale. Non tanto per i viaggi ma prevalentemente per la doppia esperienza irlandese. Cinque mesi a Dublino separati solo da un’estate, 21 settimane fuori casa, all’estero, per la prima volta. Questo rende l’anno appena archiviato senza dubbio speciale, dodici mesi che però hanno assunto i contorni del viaggiatore a tutto tondo, al di là di Dublino. Belfast, Liverpool, la Svizzera, Cracovia e Istanbul marchiano a fuoco il 2013 come un lungo periodo di spostamenti, viaggi, emozioni, volti e profumi nuovi. Una cinquina importante che si mette sul livello del 2010, quando Atene, Vienna, Montecarlo, Madrid, Abu Dhabi e Dubai impreziosirono quell’annus mirabilis.

Belfast è stato il week end in solitaria: neve, freddo, mi sono perso, mille avventure in soltanto 40 ore e se il tassista non si fosse messo una mano sulla coscienza forse sarei morto assiderato lungo St Peter Street. Liverpool è stato il ritorno a casa, tanto voluto quanto agognato: 48 ore di alto fomento, con il brivido di salire sull’AirCoach con Mersey Paradise in sottofondo ed il viaggio sull’aereo con almeno 100 tifosi irlandesi del Liverpool che si stavano recando ad Anfield per il derby. Un ritorno sì, ma un bagno di sensazioni uniche. Il tour svizzero è stato il colpo a sorpresa di fine estate. Bello, piacevole, ma soprattutto in compagnia e con una guida di grande livello. Non avrei mai pensato che quello sarebbe stato il primo di tre viaggi con Giorgia ma alla fine il destino è stato così benevolo da regalarmi altre due tappe insieme a lei. Cracovia è stata la prima, una sorpresa in una deliziosa cittadina dell’Est, l’occasione per recarmi anche ad Auschwitz e Birkenau. Una grande esperienza, un altro paese da marcare sulla mia mappa personale. Istanbul è stato il botto finale, un altro regalo. Un desiderio che Giorgia mi ha permesso di esaudire, una città che galleggia fra due mondi e due continenti, sei giorni fra moschee, kebab e mercati. Tante cose e tutte decisamente belle.

Giorni fa ho scritto che per il 2014 mi auguro di non dover rifare le valigie. È ovvio che sia una provocazione, nel senso che dietro a questa affermazione si nasconde intanto una speranza: trovare lavoro veramente. Qualora dovesse accadere il tempo per muoversi e viaggiare diminuirebbe notevolmente, quando lavori infatti hai una maggior possibilità economica ma viene meno all’improvviso la disponibilità di tempo. Hai qualche soldo ma non puoi partire quando vuoi.

Spero quindi di essere limitato nei viaggi magari da questo aspetto, non ho attualmente grande fantasia di ripartire, per nessun tipo di viaggio, ma credo sia una logica conseguenza di un lungo peregrinare nell’ultimo periodo. Sono convinto però che nel giro di qualche mese quella voglia di prendere un volo e andare altrove anche per qualche giorno tornerà. Come già scritto, sarei contento di farlo con David, Lisbona è la meta prescelta da tempo.

È stato bello fare il “nomade di lusso” in questo 2013, mi sono divertito, ho scoperto nuovi posti e vissuto decine di esperienze, per questo (e non solo) come ho scritto in precedenza, l’anno alle spalle rimarrà nella mia mente e nel mio cuore.