4 agosto 2017

Ora che abbiamo anche la data siamo tutti più sereni, contenti e soprattutto concentrati sull’obiettivo, sul giorno, su quando si consumerà questo Brivido di dimensioni inumane.

Dal quartiere generale di Antonio&LaBionda, quando in questa parte di mondo era l’ora di pranzo, è giunta la notizia che attendevamo, il dettaglio per far partire il vero count-down. Mancava la data, ora c’è anche quella, e quindi venerdì 4 agosto 2017 saremo di matrimonio per celebrare i nostri amici in questo passo che già all’idea esalta e mi esalta.

Troppi elementi confluiscono in questo momento storico, e ovviamente so bene che sarà un qualcosa di grande. Essere il testimone capita poche volte nella vita, al massimo un paio, essere il testimone della sposa è una responsabilità e un onore notevole.

Vedere due amici veri sposarsi, e quando dico veri intendo che il rapporto di amicizia è profondo e duraturo con entrambi allo stesso livello, sai bene che tutto questo insieme di aspetti non ricapiterà più, e di certo il coinvolgimento non potrà mai essere così elevato in altre occasioni. Avere l’altro testimone che oltretutto è l’Eroe Sacro rende questo momento come impareggiabile.

È una roba grossa, troppo grossa e densa di molteplici significati che non sono nemmeno in grado di sviscerare uno per uno, sono tutti insieme in un vulcano che lentamente inizierà a surriscaldarsi in attesa di questo giorno, già segnato nel calendario e fissato nella memoria.

La nomina di testimone della sposa l’ho ricevuta lo scorso settembre, mentre ero a casa a Roma dopo l’operazione. Vennero a trovarmi un pomeriggio insieme e sganciarono la doppia bomba, o il doppio brivido, ci siamo capiti insomma. Io testimone, ma della sposa, colpo a sorpresa, di grande classe, a effetto. Da fuoriclasse.

Mesi fa, in una lunga email che toccava diversi punti, raccontai alla Bionda il valore di questo ruolo per me, che esce dal classico incarico di seguire la sposa, soprattutto quando non sei una donna. Lei sa la profondità di questo gesto, gliel’ho voluto spiegare e forse per tutte queste motivazioni rintraccio in questa storia un sapore davvero unico.

Visto che sono un perfezionista, come direbbe Alfredo, ho tutto il desiderio, l’interesse e la volontà di essere presente e condividere con loro e con lei questo cammino verso un viaggio ancor più lungo. Già so bene che a un punto l’esaltazione mia personale mi porterà a essere una figura quasi ingombrante, e la prospettiva mi fa sorridere.

Manca poco più di un anno, ma pagherei per essere almeno al 20 luglio 2017, per cominciare a percepire quel fomento, perché così sarà. Il mio più grande augurio è di poter essere lì, insomma che la vita, la carriera, il lavoro, quello che è, mi facciano stare a Roma con loro presto e come si deve, perché è un percorso che vorrei gustarmi, con il piacere dell’attesa che cresce e del tempo che corre via sempre più rapido.

Per me sarà l’evento, la cosa più grande dei prossimi 12 mesi senza ombra di dubbio, immagino già però la sera di quella giornata, quando con l’altro testimone ci guarderemo in faccia e diremo: “È finita pure questa…” e seriamente potremmo prendere in considerazione atti estremi per l’effetto rinculo che ci sarà al termine di un qualcosa di tanto esaltante.

Eppure, in tutto questo rincorrersi di emozioni c’è una coincidenza clamorosa. Sì perché chissà come avrei risposto se venerdì 4 agosto 1995, mentre ero al matrimonio di mio zio, mi avessero detto che esattamente 22 anni dopo sarei stato lo stesso giorno testimone di due bambini a me coetanei e sconosciuti. Non so cosa avrei detto, ricordo il caldo però di quel pomeriggio, l’afa di Roma, il matrimonio al Campidoglio, il mio vestito di lino beige e la camicia a maniche corte celeste. Ricordo io e mio padre che camminiamo lungo i Fori e il prezzo assurdo per una bottiglietta d’acqua ad un camion bar, una cifra che spinse mio padre a dirmi: “Te porto dal Nasone”.

Quel giorno imparai che a Roma le fontanelle si chiamano così per il loro becco a forma di naso che sputa acqua. Ricordo la cena alla “Cavola d’Oro”, mia cugina di Genova in fissa con i Take That e altri piccoli dettagli.

Quello però era il 4 agosto 1995, adesso bisogna incamminarsi verso il prossimo, quello del 2017, per suggellare questo amore e questa coppia, che forse sancirà veramente la puntata finale della Cerchia, come il matrimonio di Donna e David, la coppia storica a Beverly Hills 90210.

Prepariamoci, saranno brividi. Mai come stavolta.

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 PERRY GARTH SPELLING AUSTIN GREEN ZIERING PRICE

Catto non ti fa strane idee su sta foto guardando i testimoni. A me Kelly Taylor a sinistra è sempre piaciuta, ma non sarò mai bello e dannato come Dylan Mackay, uguale per te. Nel senso che non pensare che trovi la mezza asiatica come Steve Sanders…a Catto!

Quasi tutto uguale. Quasi.

Dopo la Pasqua uguale al 2012, per dare un ulteriore tocco di nostalgia o quello che è, ieri la macchina del tempo mi ha riportato indietro nuovamente, sempre a due anni fa, in maniera però incredibile. Ancora una volta un matrimonio in Umbria, ancora una volta una cugina, ma soprattutto stessa chiesa, stesso orario e stesso ristorante. La sensazione: “Ma a me questa situazione pare familiare…” è stata più forte che mai. Tutto uguale, troppo uguale per non sentirsi catapultati a ritroso di un paio di anni. Anche il periodo, in fondo, corrispondeva: ultima domenica di agosto nel 2012, prima di settembre stavolta, per spezzare questa sovrapposizione ho deciso di vestirmi in maniera del tutto diversa e alle 20:45 non sono sparito con SkyGo per vedere la partita visto che il campionato (fortunatamente) era fermo.

La tentazione di fare paragoni, parallelismi e cose del genere era troppo forte, forse inevitabile, ma proprio perché la trappola era così bene in vista mi sono concentrato su altro. Mi sono goduto la cerimonia e mi sono messo l’anima in pace: ho mangiato, bevuto, parlato un po’ con tutti, mi sono fatto due risate e la serata è trascorsa beatamente. Due anni fa il rientro a Roma avvenne subito dopo le celebrazioni, tornammo a notte fonda, il giorno dopo mi si chiusero definitivamente le orecchie e passai tre giorni terribili, fra labirintite, giramenti di testa e una sensazione di fastidio mai vissuta prima. Questo anno almeno non ho problemi del genere, il futuro è nebuloso come in quei giorni, certo, a quei tempi avevo in compenso un paio di punti fermi importanti, oggi non è così. Due anni fa mi aspettava un settembre con il doppio viaggio insieme a mio padre, prima Parigi e poi Budapest, stavolta invece sono rientrato da poco e fra 20 giorni mi attende la Bulgaria con David. Aspetti che ritornano, momenti che si sovrappongono, fatalità che sbucano dal nulla come Radio Onda Libera che stamattina ha trasmesso all’improvviso “Ma che discorsi” di Daniele Silvestri, canzone di quei giorni.

Due anni fa, poche ore prima di quel matrimonio, vidi per l’ultima volta mio cugino camminare. Quaranta giorni dopo, mentre vedevo Neftchi Baku-Inter, mia madre mi disse che aveva avuto un incidente a lavoro ed era grave. Ieri ero vicino a lui, io su una sedia e lui su una sedia a rotelle.

A volte la vita è anche sta merda qua.

Mission Impossible

Domenica prossima devo andare ad un matrimonio ad Assisi, si sposa una mia cugina e quindi saremo in Umbria da sabato sera fino a lunedì mattina. Fatta questa obbligatoria premessa, arrivo al dunque. Domenica prossima, dicevo. Sì domenica 26, quella in cui ci sarà la prima giornata di campionato e noi saremo in campo la sera a Pescara alle ore 20.45. Il matrimonio si celebrerà alle 17, subito dopo ci recheremo in uno splendido castello medievale per cenare. La concomitanza dei due eventi, o meglio, il fatto che qualcuno abbia deciso di sposarsi la domenica della prima di campionato è un’idea che mi tormenta da settimane.

Sapevo che non ci sarebbero stati colpi di scena: essendo impegnati in Uefa il giovedì, avremmo giocato per forza di domenica, sapevo che il colpo di fortuna di un eventuale anticipo non era percorribile e quindi sto pensando da tempo a come cavarmela.

Sto seguendo il concetto “Non pensare al problema, pensa alla soluzione” e il progetto per evitare la catastrofica possibilità di saltare la prima di campionato è il seguente: mi porterò dietro il computer e Sky Go mi dovrà venire in aiuto. Il fatto è capire se l’hotel-ristorante-castello ha la linea wi-fi, questo aspetto è determinante, sul sito non dice nulla, lunedì li chiamerò direttamente.

Se dovesse esserci la linea, il problema potrebbe essere del tutto risolto. A quel punto, o piazzo il computer sul tavolo e mangio guardando la partita, oppure non mangio e mi sposto in qualche angolo da solo, in disparte. Nessuno della famiglia mi dirà “Che fai? Dove vai?”, tutto sanno, tutti capiranno, al massimo faranno una faccia tipo “E che voi fa? È così…” ma con l’espressione di rassegnazione e di abitudine, come quando qualcuno mi offre un gelato e rispondo che non posso perché sono allergico al latte. Io non ci faccio più caso, gli altri sì.

I miei genitori non baderanno all’idea che io andrò in giro con un portatile per il ristorante in cerca di linea mentre uno zio a caso inizierà a gridare “Bacio, bacio!”. La colpa di tutto sto casino è di chi si sposa la domenica della prima di campionato, a me una cosa del genere non capiterà mai.

Dopo quasi tre mesi di astinenza hanno intenzione di farmi saltare l’esordio in campionato dei ragazzi, roba da matti. È clamoroso pensare che si riproporrà la storia dello scorso anno: saltò il primo turno per sciopero, e la seconda non la vidi perché ero in aereo che sorvolavo la Mongolia. Quest’anno non capiterà, non voglio pensare nemmeno alla radiolina perché solo l’idea mi fa stare male. Non c’è cosa al mondo che mi metta più ansia di seguire una partita dell’Inter alla radio. L’ultima volta avvenne nel dicembre del 2001, saltò la corrente  a casa, avevo la febbre e il secondo tempo di Piacenza – Inter fui costretto a sentirlo via radio. L’episodio precedente risale al 1999, era settembre e c’era il battesimo di mia cugina. Dentro la chiesa ero tra le prime file con un auricolare infilato sotto la manica della camicia, quando passammo in vantaggio al Delle Alpi con colpo di testa di Vieri, non riuscii a trattenere la gioia ed esultai, mia nonna mi fulminò con la sguardo ma oramai ero in visibilio e non mi rendevo conto della situazione.

Domenica corro un rischio, non piccolo, ma la tecnologia, il wireless, il pc, Sky go, un po’ di culo dovrebbero aiutarmi. Non ho pensato mai all’ipotesi di non vedere questa partita. Dopo compleanni, battesimi, lauree, Pasqua, viaggi, domenica 26 avrò l’ennesima mission impossible: vedere l’Inter malgrado tutto e tutti.  

Il Matrimonio

Tornando da Genova mi interrogavo sul matrimonio, non tanto su quello di mia cugina ma in maniera più ampia, più concettuale.  È stata una bella cerimonia sicuramente: molto rapida la predica del prete che mi ha visto protagonista avendo recitato un salmo sul podio, buono e non troppo lento il pranzo, il posto invece non mi entusiasmato troppo. Gli sposi, emozionati e tesi, si sono sciolti solo dopo l’aperitivo, e mentre mia cugina puliva il pavimento con il suo velo lunghissimo, io mi gustavo quelle scena tipiche di un matrimonio. Gente che si rivede dopo tempo e occupa un paio di ore a parlare di amici in comune e di lavoro, bambini impazienti, le persone anziane ferme sulle sedie come fossero finte ma che si scatenano quando arriva il cameriere con il vassoio a servire. Il tempo non è stato molto bello, cielo grigio e coperto, mai uno spiraglio di sole, poco vento ed una temperatura che ci ha permesso di mantenere il nodo della cravatta stretto fino alla fine. Non ci sarà stata la luce adatta per le foto degli sposi ma il meteo in questo modo non ci ha straziati. Sono stato naturalmente molto contento di aver rivisto mio cugino, lontani per 13 anni di fila, nel giro di 5 mesi ci siamo visti due volte. Durante il pranzo c’è stato spazio per una figuraccia di un cameriere al quale sono caduti almeno 10 piatti di mano mentre tornava in cucina. Al malcapitato è successo tutto ciò al centro del salone, in un momento di silenzio: la più grande figuraccia del mondo. Ero talmente imbarazzato per lui che sarei corso ad abbracciarlo e a dargli una mano. Poco dopo sono partite un paio di canzoni di Ligabue, Vasco Rossi, Amy Winehouse e Doria olè, l’inno della Samp di cui è tifosissima mia cugina. Verso le 6 abbiamo ripreso le auto e ci siamo diretti in Piemonte, con destinazione Ovada (AL). Il giorno dopo sono ripartito per Roma con mio zio, e durante il viaggio ripensavo al matrimonio del giorno prima. Sono un tipo tradizionalista, ma negli ultimi anni ho leggermente cambiato la mia opinione sul matrimonio. Ci credo sempre meno, credo nei sentimenti ma non più in questo passo come consacrazione o lucchetto ideale. Ormai si separano tutti, sembra una moda e a me non piace questo trend, anzi, mi intristisce. In maniera cinica ragionavo sulla convivenza fuori dal matrimonio, mi pare ad oggi la cosa più sensata, risparmi una decina abbondante di mila euro, eviti cerimonie, e soprattutto puoi continuare ad amare chi è al tuo fianco tranquillamente, l’altare  non certifica nulla, se ti sposi, oggi, non sei più innamorato del tuo partner. Nel 2012 questo è il quadro, auguro a mia cugina tutto il bene del mondo ed il futuro più roseo, se lo merita, tanto lei quanto lo sposo, il quale tifa Milan, ma per una volta facciamo finta di nulla.