Facebook? No grazie

Osannato e incensato, criticato ed osteggiato, il mondo di Facebook sta diventando sempre più parte integrante e mezzo di comunicazione della vita dei giovani. Lo scorso anno, a fine marzo, anche io dopo iniziali e molteplici resistenze, decisi di iscrivermi. In realtà, questa mia mossa, aveva uno scopo ben preciso: PF, e seguendo le indicazioni di Gabriele a quel tempo negli States, entrai nel celebre social network. Dopo aver “incontrato” vecchi amici e sfumato il classico entusiasmo della novità, questa dimensione mi ha iniziato a scocciare. A distanza di qualche settimana dal mio sbarco su Facebook, scrissi proprio un post (12.05.2009) in cui spiegavo il mio dissenso o comunque i lati negativi di questo strumento. A metà marzo, dopo nemmeno un anno di militanza, mi sono cancellato, anche se effettivamente (e questo è ingiusto) non ci si toglie praticamente mai, perché qualche traccia dei nostri dati rimane sempre. Ho disattivato l’account perché non vedevo più l’utilità di stare su FB, ma soprattutto, ha iniziato a infastidirmi il modo con cui viene utilizzato da parte di molte persone. Coloro che scrivono in continuazione ciò che fanno o pensano, mettono in piazza i loro affari, riempiono la home page di stronzate, hanno iniziato a darmi fastidio. La domanda che mi sono posto, e alla quale ho trovato immediatamente una risposta è stata: “Ma se a me non frega nulla di quello che dicono o fanno ‘ste persone, perché sono “costretto” a saperlo?”. Considerando che a me non interessa veramente, in pochi giorni, ho eliminato il mio profilo da Facebook, per tornarci solo all’indomani della vittoria in CoppaCampioni, per prendere in giro le decine di gufi che ancora rosicavano, mantenendo fede a una promessa che avevo fatto. Questa mia nuova apparizione, è durata poco più di due giorni, dopodiché, ho disattivato tutto nuovamente, anche se prima ho cancellato tutte le foto che avevo e ho tolto ulteriori informazioni personali. Non sento minimamente la mancanza di questa dimensione parallela, che ti fa credere di avere mille contatti e centinaia di amici. È un buon mezzo per comunicare rapidamente con qualcuno, o per rintracciare persone che in qualche modo abbiamo perso di vista, ma nel 90% dei casi, si trasforma anche in perdita di tempo, ed in situazioni estreme, in uno strumento alienante. In una società sempre più standardizzata, non mi sento a mio agio all’interno dell’emblema dell’omologazione.

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