Waiting for the Bobby (Aspettando la Guardia)

Vivo l’università in un modo ben diverso rispetto ai miei amici e questo è dovuto dal fatto che oltre a studiare lavoro anche all’interno della facoltà. Questo doppio impegno mi piace anche perché con il tempo mi ha permesso di conoscere tante persone, scoprire storie e personaggi di Tor Vergata e di sentirmi inevitabilmente dentro al 100% nel micromondo di Via Columbia 1. Ieri è stata una giornata emblematica: ho lavorato la mattina in ufficio dalle 9.30 alle 13.30, sono tornato a casa, ho fatto dei giri, sono andato in palestra e dopo cena sono tornato in facoltà per lavorare nuovamente dovendo seguire un evento. Ho dato il cambio al mio collega e così dalle 21 fino a mezzanotte abbondante sono stato all’università, ma anziché raccontare la serata è opportuno fare un piccolo passo indietro e tornare alla mattina. Come sempre, terminato il mio turno in ufficio, ho il compito di dover riconsegnare le chiavi della stanza alla guardiania dove ho l’obbligo di firmare la restituzione delle chiavi. Ieri però è avvenuto un fatto che succede spesso: l’assenza della guardia a cui ridare le chiavi, ma la situazione stavolta ha preso ben presto dei contorni surreali. Giunto difronte la guardiania ho notato con un filo di amarezza che non c’era nessuno ed erano le 13.30, sono andato così a fare dei giri e sono tornato alle 14 e non c’era ancora traccia della guardia fin quando è comparsa anche la prof.ssa di Filologia Romanza con le sue chiavi in mano che doveva consegnare. Dopo aver capito che ci trovavamo a condividere lo stesso beffardo destino ci siamo interrogati su cosa fare, ma le soluzioni alternative erano drammaticamente impraticabili. Non c’era il foglio con il numero a cui rivolgersi in caso di assenza della guardia, la biblioteca era chiusa così come l’ufficio di Presidenza che alle 13 chiude tutto. Imprigionati dentro l’androne dell’edificio B con le chiavi in mano eravamo quindi in preda al fastidio e all’impossibilità di trovare una soluzione. Pochi minuti dopo è arrivato un terzo professore nelle nostre stesse condizioni, chiavi in mano ed incapace di risolvere l’intrigo dopo avergli spiegato la situazione. È arrivata anche la prof.ssa di Letteratura Inglese che doveva prendere le chiavi per aprire l’aula e andare a fare lezione, 5 minuti più tardi sono giunti altre due persone. Alle 14.15 eravamo 6 persone in attesa della guardia che continuava a non tornare e a non dare segni di vita. Nel malumore che iniziava giustamente a crescere, io ero 45 minuti che attendevo, ho cercato di sdrammatizzare rivolgendomi al professore  dicendo: “Ormai è una situazione surreale” mentre alle Prof.ssa di Letteratura Inglese con la quale avevo sostenuto l’esame a febbraio sulle opere di Beckett ho detto: “Ci troviamo in una situazione beckettiana, prima con la professoressa ero qui da solo e sembravamo i protagonisti di Waiting for Godot”. Dopo una paio di risate, considerando che la mia battuta aveva riscosso successo, me ne sono uscito per conto mio dicendo: “Dopo Waiting for Godot ecco la versione di Waiting for the Bobby[1] e ho iniziato a ridere da solo in disparte come uno scemo. All’improvviso (ore 14.35) il professore ha ricevuto una telefonata da un uomo al quale ha chiesto il numero del rettorato, fortunatamente il suo interlocutore lo sapeva e gliel’ha dato, così siamo riusciti a metterci in contatto con la centrale della sicurezza la quale ha provveduto a contattare la maledettisima guardia. Dopo qualche secondo questa è sbucata dal bagno all’interno della guardiania con la faccia stralunata, sorpreso nel vedere tante persone lì. Quando ha detto: “Ero dentro a mangiare” è scoppiato il putiferio. Il professore voleva ucciderlo a mani nude, io gli ho detto di riattaccare subito il foglio con il numero del rettorato, le professoresse commentavano amareggiate. Alla fine, l’uomo che dovrebbe provvedere alla nostra sicurezza, ha cercato di inscenare un pietoso scarica barile, ha allontanato ogni responsabilità, non ha chiesto scusa a nessuno e si è rimesso al suo posto di lavoro. Nel frattempo io avevo perso un’ora, fuori pioveva e mentre mi dirigevo verso la macchina mi sono posto dei quesiti: Perché la guardia mangia al cesso? Perché per mangiare ha impiegato un’ora? Stava forse facendo il pranzo di Natale? Perché nel suo cervello malato non ha avuto lo scrupolo di uscire magari ogni 10 minuti fuori per vedere se c’era qualcuno che avevo bisogno di chiavi o doveva riconsegnare quest’ultime? Chi cazzo paga sta gente per fare tutt’altro?.

Non lo so.

università, lavoro




[1] Bobby: termine gergale con accezione negativa per i poliziotti usato nell’inglese popolare.