Quelli che mi fanno ridere

Faccio sempre molta fatica a spiegare il mio tipo di comicità preferita, di fondo mi rendo conto che sia un ragionamento piuttosto trasversale e per cui complicato da poter catalogare. Rido poco ma non perché sono triste, qualcuno lo penserà pure, ma in realtà sono poche quelle cose che mi divertono, ma quando succede entro in un tunnel dal quale faccio fatica ad uscire in tempi brevi, mi fisso sulle cose come i ragazzini di 8 anni da Toys.

Ad esempio, da qualche giorno rido da solo e a intervalli regolari per una roba stupidissima che a me toglie il respiro quando la sento o ci penso. Sì, io sono uno di quelli che ride da solo spessissimo, perché all’improvviso mi torna in mente qualcosa senza un motivo particolare. Come dicevo, l’ultima frase che mi rallegra sistematicamente l’ha pronunciata David, anzi, a dire il vero, me l’ha scritta qualche giorno fa. Ogni cinque minuti ci ripenso e rido. Mi fa talmente tanto ridere, e ammetto di essere esageratamente stupido per tutto ciò, che gli ho chiesto di registrare un messaggio audio da inviarmi su Whatsapp in modo da poterla ascoltare a ripetizione. Non si può dire il contenuto e nemmeno si può spiegare, a me fa ridere perché ha un valore e immagino tutta una serie di cose, alla maggior parte delle persone susciterebbe fastidio e saremmo additati come elementi beceri e di cattivo gusto.

Mi fa ridere Alfredo quando dice certe cose, con una fantasia e una serietà da uomo di spettacolo consumato, soprattutto quando se ne esce all’improvviso con delle frasi inattese. Mi fa ridere Antonio, quando invece emette sentenze. Oggi ad esempio, discutendo su un personaggio rivedibile in palestra, mi guarda e dice: “Penso di non aver mai visto in vita mia una donna così brutta” un giudizio netto, esagerato, drastico ma talmente gonfiato che mi fa ridere ancora adesso.

Se penso invece al mondo dello spettacolo, trovo difficoltà nell’indicare attori o personaggi che seguo con divertimento e piacere. Mi piace Enrico Brignano, in particolare per la sua capacità di imitare ogni dialetto. Apprezzo Maurizio Battista (Alfredo invece è infastidito da questo comico perché a suo avviso dice troppe parolacce) e la sua verve popolare, così come i monologhi sulla vita di coppia e la quotidianità, inarrivabile il pezzo sulle diversità di una famiglia di una ragazza di Roma Nord e quella di un ragazzo di Roma Sud.

Parlando di cinema invece, il mio preferito rimane Carlo Verdone per la sua simpatia innata, la straordinaria mimica, e quella comicità venata sempre da un pizzico malinconico. Ho visto tutti i suoi film, alcuni sono magnifici, quello che mi stupisce ogni volta è la sua infinita capacità di saper osservare e riprodurre vizi, virtù, frenesie e ansie dei nostri tempi. Da piccolo ridevo tanto per Fantozzi, per le scenette buffe e prevedibili dei suoi film, crescendo e guardandolo con occhi diversi, ne ho apprezzato l’abilità nel ritrarre in maniera caricaturale ed esagerata l’Italia degli anni Ottanta. Tuttora considero Paolo Villaggio l’ultimo poeta di questa nazione, l’ultimo ad aver descritto con ironia le maschere di fine novecento.

Da italiano medio quale sono, ho visto negli anni quasi tutti i cine-panettoni, un paio al cinema, tutti gli altri a casa, su Sky, perché pagare per vedere le solite cose non mi pare opportuno. Li ho visti ma non mi fanno ridere, mi strappano magari un sorriso su un paio di battute e nulla più. Scontati e prevedibili sono ormai veramente fuori luogo.

Sono cresciuto con Ciao Belli su Radio Deejay e la simpatia di Digei Angelo è indubbia, si annida nei suoi testi e nei tormentoni del programma, così come nelle imitazioni divenute dei veri cult negli anni. Se parlo di divertimento non posso non citare il mio Massimuzzo Bagnato, comico unico nel suo genere, con quel non-sense che molti non apprezzano ma a che a me fa impazzire. L’ho visto a teatro lo scorso anno, a un punto ho rischiato di cadere dalla sedia.

Non ho mai visto Colorado e nemmeno Zelig, sono programmi con comici che non mi attirano, una sera vidi Zelig e ho riso mezza volta. Non mi piace Made in Sud, tutta la roba di Comedy Central, la volgarità gratuita, non mi piace la maggior parte di quello che al giorno d’oggi, pare faccia molto ridere agli altri.

Le mie storie mondiali (Parte 1)

Da otto settimane, ogni sabato, Sky ci sta accompagnando per mano verso il grande appuntamento dei Mondiali con le storie raccontate da Federico Buffa per quello che è indubbiamente il programma più bello dell’anno. Attorno alle vicende sportive di una coppa del mondo del passato, vengono snocciolati racconti con una serie di spunti che vagano dalla letteratura, alla musica, passando per il cinema. Il calcio diventa pretesto e ossatura della puntata, la capacità aneddotica di Buffa e la sua proverbiale sapienza condita da infinità abilità lessicale, rendono il tutto semplicemente magnifico. Ripercorrendo queste storie e questi mondiali, molti dei quali non ho potuto vivere di persona per ovvi motivi anagrafici, mi sono fatto comunque trascinare in questo vortice e non posso esimermi dal raccontare un po’ le mie storie mondiali, soprattutto ora che mancano 13 giorni a Brasile 2014.

 

Ho due flash di Italia ’90: uno al mare al Torvajanica, la tv accesa con noi intorno al tavolo ed un altro relativo alla finale per il terzo posto giocata a Bari. Quella partita la guardammo a Roma, in veranda. Finestre aperte e urla da fuori. Il mondiale in casa, quello che mi avrebbe travolto del tutto ho avuto la sfortuna di viverlo così, due istantanee e il rimpianto di non essere nato dieci anni prima.

 

La mia prima vera coppa del mondo è quella del 1994 negli USA, sette anni e la prima elementare appena terminata, di quei 30 giorni ricordo tutto, veramente, come se avessero giocato ieri sera. Eravamo al mare sempre a Torvajanica, ricordo l’esordio e la gara contro la Norvegia viste sul mega schermo allo stabilimento “Da Gigi”, a un passo dalla spiaggia, io e mio papà. Contro il Messico tornammo a casa prima giocando di pomeriggio, erano venuti Zio Vincenzo e Zia Margherita. Con tanto di sabbia ancora sotto i piedi mi avvitai al divano per vivere la gara che valeva il passaggio agli ottavi. Ecco, gli ottavi appunto, credo sia la partita delle partite. Se penso alla sofferenza penso a quell’Italia – Nigeria, è stata la gara dell’angoscia della mia infanzia, come Italia – Olanda nel 2000 è stata la partita dell’ansia dell’adolescenza e Barcellona – Inter della mia giovinezza. La guardammo da mia nonna, anche Alessandro rimase lì dopo aver giocato in cortile nelle ore di attesa. Fu proprio lui a dirmi che gli africani erano passati in vantaggio mentre stavo recandomi al bagno. Ho ancora la piena sensazione della sofferenza, della fatica, e poi quel gol di Baggio a risollevarci quando era già finita. Miracolo, magia, non lo so, direi più che altro liberazione. Noi bambini scendemmo di sotto a festeggiare, fu lo stesso quando il Divin Codino la risolse dal dischetto. Impazzimmo letteralmente, e pensare che era solo l’inizio. Con la Spagna la vidi sul lettone dei miei, serrande giù per ripararci dal caldo, ventilatore accesso e remake in parte dei patimenti vissuti pochi giorni prima, ma poi, ancora lui, l’idolo per antonomasia, quello che veniva chiamato da Pizzul per nome (sento ancora nelle mie orecchie quel crescente “Roberto, Roberto, Roberto, sì!”) all’ultimo respiro, di nuovo, ci porta in semifinale. Andammo da zio Remo per la sfida con la Bulgaria, sempre con Baggio protagonista e finale in tasca. Ricordo il finestrino della nostra Regata tirato giù, Via Casilina per tornare da Frascati e io che tengo forte la bandiera fuori, accarezzata dal vento. Ovviamente, anche la finale, la vedemmo da zio Remo, la scaramanzia è tutto in certi casi, un obbligo morale da rispettare, un vincolo che dodici anni dopo mi avrebbe riportato a casa Falcone dopo la sfida vinta contro la Germania. Della partita di Pasadena ricordo la paura e il timore di finire ai rigori, una sofferenza in più, dopo un mondiale di agonia. A me, dopo 20 anni, fa ancora male ripensare a quella serata. Di certo quello è stato il primo grande shock della mia vita, ma un dramma sportivo del genere, per un bambino di sette anni, ha un peso enorme. Ho impiegato anni a riprendermi, solo il 2006 ha di fatto cancellato in parte quella personale tragedia, resta il fatto che da quel giorno ho iniziato a detestare il Brasile con tutto me stesso. Non tanto la nazione, i giocatori, ma coloro che nel momento in cui io piangevo stavano festeggiando. Crudeltà dello sport, il fascino della competizione. Il sale di ogni duello.

Ancora oggi che ho 27 anni non sopporto l’idea del Brasile. Per carità, nulla contro nessuno, anzi, il destino ha voluto che nella mia famiglia arrivassero anche due brasiliane a cui vogliamo ovviamente bene, però, però non lo so. Difendo ancora quel bimbo a cui hanno fatto del male, una specie di torto, e se sogno di vincere un mondiale sogno di batterli, e se esce l’Italia tifo contro di loro, per me il Brasile è come il Milan, la Roma e la Juventus messe insieme. Per me USA ’94 è la beffa dopo la cavalcata, la favola spezzata da undici uomini vestiti in giallo, l’eroe con il codino che sbaglia nel momento decisivo rovinando il copione perfetto…

(CONTINUA)

BAGGIO

La scelta degli italiani

Ha vinto Renzi, ha perso Grillo. In questa discutibile ma ormai totale sovrapposizione e identificazione fra persona e partito, il risultato di ieri è chiaro, non sono necessarie interpretazioni e per una volta ci sono vincitori e sconfitti.

Gli italiani sono un popolo magnifico, ma soprattutto sanno sorprendere sempre. L’attitudine di svegliarsi all’ultimo è una nostra prerogativa storica, così come l’incapacità di imparare da certe lezioni. Solo all’ultima disperata chiamata, con l’acqua oltre la gola, cominciamo a fare sul serio. Il voto compatto verso Renzi mi piace leggerlo come una risposta forte quando era veramente indispensabile per questo malconcio paese. Serviva una scelta precisa, occorreva schierarsi e decretare qualcosa per diverse ragioni: dalla stabilità fino alla coerenza, passando per i mille significati che si celano dietro al voto dell’elettorato.

E mentre francesi e inglesi mescolano pericolosamente le carte politiche, gli italiani danno una dimostrazione inattesa: tardi, spesso fuori orario, ma quando serve arriviamo sempre. Delle tante considerazioni che si possono fare quella che ruba l’occhio è relativa a Grillo. I discorsi carichi di fantasia e utopie, le dialettica condita da offese e volgarità, la rabbia e le proteste del leader 5 stelle non hanno convinto gli italiani, anzi, rispetto a 15 mesi fa c’è un lieve ma imprevisto calo di consensi. Non ha vinto e non ha nemmeno sfiorato il successo, il Movimento grillino ha perso nel modo peggiore e pare evidente come Renzi abbia strappato letteralmente qualche elettore al comico genovese, un colpo durissimo.

Renzi ha vissuto questi cinque mesi con la spada di Damocle sulla testa per il suo sbarco a Palazzo Chigi, in molti auspicavano una figuraccia alle Europee per rinfacciargli il suo non essere un primo ministro legittimo, le urne hanno spazzato via anche questo fantasma, la verifica è stata superata a pieni voti.

Berlusconi ha ottenuto un risultato che era facile da attendere, per la prima volta si è presentato non per vincere ma per evitare di sprofondare del tutto, a dimostrazione di come la sua traiettoria politica sia ormai in fase crepuscolare. Salvini ha esultato per il suo 6.2 % che lo porta in quarta posizione, deludente Alfano, Tsipras conquista 3 seggi, catastrofe invece per Scelta Europea.

E ora? La potente iniezione di fiducia dell’elettorato obbliga Renzi a dare risposte e a completare il programma di riforme prioritarie, ora più che mai deve saper sfruttare questa onda lunga anche se la fisionomia del parlamento rimane quella dell’altro ieri, al di là di questa tornata di votazioni, e quindi sarà da capire come andrà avanti l’alleanza con un NCD che esce male dalle urne.

La gente crede in questo PD, Renzi piace e Grillo ha visto la sua ascesa bloccarsi prepotentemente. Il centro-sinistra ha stravinto andando oltre ogni rosea aspettativa, un successo che a me non sorprende del tutto perché ho sempre creduto in Renzi, nella sua leadership e nel suo modo di comunicare. Dopo giacche marroni e volti cupi, parole già sentite e segretari senza carisma, serviva un personaggio del genere. Dopo Prodi, Veltroni, Bersani, Letta, politici fiacchi e trapassati era necessario un cambio drastico. Renzi era l’ultima ancora e ora avrà il compito più arduo, quello di non deludere perché gli italiani, nel frattempo, hanno scelto. Tardi, quasi in extremis, ma lo hanno fatto.

Calcio Fiorentino match

Antipatici

In fondo ho anche 27 anni e penso quindi di avere ormai un’età tale per essere libero veramente di fare certe scelte. In modo particolare credo di avere quell’esperienza per selezionare e decidere, ma soprattutto per stare con chi voglio, parlare con chi mi fa piacere, confrontarmi con gente che stimo e evitare tutte quelle persone con cui non mi interessa stare, dialogare o chiacchierare anche di cose futili. A un punto arrivi a quello stadio in cui il tempo a disposizione magari è più ridotto del passato, bisogna quindi ottimizzare e io voto apertamente per la qualità. Faccio come mi pare, vado dove voglio, trascorro il tempo che ho con chi desidero e accendo il telefono quando dico io. Magnifico.

Questo processo nel frattempo ha determinato di conseguenza anche tutte quelle categorie che non sopporto davvero, che non tollero e avendo ormai riconosciuto esattamente questi personaggi opto per il resto. Tante sono le categorie che detesto e facendo un rapido excursus posso dire che mi stanno antipatici quelli che non hanno mai tempo per fare niente, quelli che sembra che lavorano solo loro e quelli che hanno sempre lo smartphone fra le mani. Chi parla per sentito dire, chi non sa e parla uguale, chi continua a non sapere e persevera nel non documentarsi. Chi si lamenta, chi insiste, chi mi chiama troppo, chi mi scrive a ripetizione (David è esentato), chi mi contatta per i favori, chi mi ripete le cose 1000 volte come se fossi uno in preda ad un Alzheimer galoppante quando invece mi ricordo tutto. Chi ignora la storia, chi non la studia, chi è nostalgico di epoche in cui stavamo evidentemente e oggettivamente peggio, chi parla troppo e non ascolta mai.

Non sopporto più quelli che commentano gli articoli stupidamente, chi strumentalizza sempre tutto, chi porta avanti considerazioni palesemente fuori luogo e chi non sa fare i paragoni. Chi dorme più di me, chi si addormenta subito, chi potrebbe mangiarsi tutto e invece diventa vegano per essere cool o trendy, ecco andatevene affanculo, dovreste campare come me, ve lo meritereste.

Non tollero chi non tollera nulla a prescindere, chi sbaglia sistematicamente i verbi e la consecutio temporum: si dice: “Se DOVESSI scegliere, FAREI così”…non “Se DOVREI scegliere” porca puttana! Non sopporto chi parla a sproposito, chi polemizza in continuazione, chi non si lava e emana pessimi odori, soprattutto d’estate, soprattutto sotto la metro, magari nell’ora di punta. Basta anche per quelli con cui devo parlare di calcio, a me non piace, lo sapete, non mi diverte. Ne parlo con piacere con 2-3 persone al mondo, non mi fate parlare di pallone, mi annoio veramente, vi sembrerà paradossale ma è dannatamente così. Finiamola con quelli che fischiano l’Inno e tifano per un’altra nazionale ai mondali, non sopporto il populismo, il perbenismo, il qualunquismo e inevitabilmente il Movimento di quel comico lì che sta facendo di tutto ciò un aberrante manifesto. Non sopporto gli integralisti, i dogmatici, gli estremisti, gli anti-democratici, quelli che parlano indottrinati e anche se gli fai una domanda diversa hanno sempre la solita risposta pure se non è inerente. Non tollero quelle che sono lì in attesa plateale che io parli, mentre quella sabato sul treno di ritorno dalla Toscana ha cominciato a parlarmi troppo tardi, a Ostiense. Non sopporto più i ripetitivi, i petulanti, gli ignoranti, chi vuole essere simpatico per forza e non ci riesce mai, chi non parla in inglese (è una cosa stupida ma la volevo dire), chi mi racconta sempre le stesse cose, chi arriva in ritardo, chi non mantiene gli impegni, chi ha sempre una nuova e stupida fissazione, chi va in giro senza orologio al polso, chi ti chiede “E vabbé ma con Lettere che volevi fare scusa…” Fottetevi.

Faccio fatica a rapportarmi con chi vuole convincermi per forza, con chi parla male, con chi sa tutto e non ammette mai di sbagliare, con i moralisti-ipocriti, gli omologati, i lavativi, i superficiali, gli irrispettosi e i prepotenti, con chi non si schiera mai. Mi fanno innervosire i maleducati, quelli che perdono la pazienza per ogni cosa dopo dieci secondi e soprattutto quelli che si rivolgono a chiunque dando del tu: vecchi, sconosciuti, lavoratori, agenti, tutti, per loro sono tutti amici, tutti vicini di casa: terribile. Perfetto, io con tutte queste persone non ci sto bene, peccato che a volte sono obbligato a dividerci l’aria, ma appena sono il padrone plenipotenziario della situazione: scappo e evito loro come la peste del 1630.

 

Il vantaggio di essere onesti è che non hai bisogno di ricordare ciò che hai detto.